Il frumento è il cereale più diffuso nel mondo con oltre 224 milioni di ettari coltivati. I principali produttori a livello mondiale sono Cina e Canada, mentre i paesi dell’Unione Europea, tra cui prevale la Francia, hanno una produzione complessiva pari al 15% del totale. L’elevata produzione di frumento è dovuta al fatto che costituisce una risorsa primaria per l’alimentazione umana, avendo un’elevata capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali, inoltre è facile da conservare e trasportare e permette di produrre svariati alimenti a partire dagli sfarinati da esso ottenuti.
Il frumento è una pianta a medie esigenze idriche, teme fortemente, specie nei periodi freddi, il ristagno d’acqua nel terreno, i forti venti ed i temporali primaverili che provocano allettamento. La produzione italiana di frumento tenero (copre solo in parte il fabbisogno nazionale 55%) ed è concentrata prevalentemente al Centro-Nord, le regioni a maggiore produzione sono: Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto. Il frumento tenero si adatta soprattutto ai terreni ben dotati, di medio impasto ed argillosi, mentre dà produzioni scadenti in suoli sabbiosi, poveri e a caratteristiche acide. Le varietà a semina autunnale coltivate in Italia sopportano bene i freddi invernali e richiedono man mano temperature crescenti. In fase di maturazione il frumento si avvantaggia di un clima caldo e poco piovoso.
Le alte temperature non sono favorevoli al frumento: non soddisfano le esigenze di vernalizzazione di certe varietà, aumentando i pericoli di attacchi parassitari e possono causare condizioni di carenza idrica, promuovendo l’evaporazione dell’acqua, che porta a un blocco dell’accumulo di sostanze di riserva nella cariosside.
L’acqua, dopo la temperatura, è il fattore più importante ai fini della distribuzione geografica e della produttività della coltura del frumento. La siccità alla semina può essere un grave ostacolo per il germogliamento delle piante, mentre durante la fase di accestimento i consumi d’acqua sono limitati. In questo periodo sono da temere gli eccessi di pioggia che creano uno strato asfittico nel terreno.
L’infiorescenza del frumento è una pannocchia spiciforme, comunemente detta spiga, costituita da un asse principale, o rachide, formato da corti internodi che possono essere resistenti alla disarticolazione (frumenti “nudi”) o disarticolarsi con facilità (frumenti “vestiti”). Su ogni nodo del rachide è inserita una spighetta, e con mediamente 20-25 spighette per spiga. Ogni spighetta è racchiusa da due glume all’interno delle quali troviamo da 3 a 8 fiori, ciascuno racchiuso e protetto da due glumelle, o glumette, disuguali. Nel frumento le glumelle si staccano dalle cariossidi al momento della trebbiatura.
La cariosside è un frutto uniseminato, contenente cioè un solo seme, di forma allungata e sezione trasversale da rotondeggiante a sub-triangolare. È costituita dall’embrione o germe (2-4% in peso), dall’endosperma (87-89%) e dagli involucri o tegumenti (8-10%). All’interno degli involucri, pericarpo e tegumento seminale, che costituiscono la crusca, sono presenti l’endosperma che occupa la maggior parte del volume e l’embrione. Quest’ultimo non ha alcuna importanza dal punto di vista tecnologico-alimentare in quanto va a costituire un sottoprodotto della fase di macinazione, ma ha un ruolo fondamentale dal punto di vista riproduttivo in quanto in esso sono contenuti gli organi principali del futuro individuo.
L’endosperma è formato da uno strato aleuronico esterno e da un parenchima interno che è costituito da cellule ricche di amido e più povere di sostanze proteiche man mano che si procede verso l’interno della cariosside. La consistenza e l’aspetto dell’endosperma sono di fondamentale importanza per la qualità del prodotto e il suo impiego. In base alla varietà e alle caratteristiche dell’ambiente di coltura, l’endosperma può apparire ambraceo, corneo, vitreo ovvero farinoso, bianco o tenero.
L’industria molitoria opera in modo da separare quanto più possibile l’endosperma dalle restanti parti della cariosside e può essere quindi definita come un’industria di estrazione e purificazione. Il processo molitorio può essere distinto in quattro fasi: prepulitura ed immagazzinamento del grano; prima e seconda pulitura e condizionamento; macinazione vera e propria e immagazzinamento, confezionamento.
Il processo di macinazione è rappresentato da una serie di operazioni fisiche che attraverso prepulitura, stoccaggio, puliture, rotture, vagliature e rimacine, consente di separare, sotto forma di sfarinati, l’endosperma dalle parti corticali della cariosside del frumento.
Il grano viene sottoposto ad un trattamento di pre-pulitura mediante aspirazione e vagliatura e successivamente, viene immesso in strutture per lo stoccaggio. La conservazione dei cereali non è di facile attuazione: le cariossidi sono costituite da tessuti che respirano, ovvero assorbono ossigeno dall’ambiente ed emettono umidità e calore. Per evitare l’attacco di parassiti e lo sviluppo di muffe (con eventuale conseguente formazione di micotossine) nei silos adibiti allo stoccaggio si devono mantenere una temperatura fresca e un basso grado di umidità, oltre a razionali pratiche igieniche.
Il processo di macinazione è inoltre preceduto da un’ulteriore operazione di pulitura e umidificazione (condizionamento) effettuata con l’aggiunta di opportune quantità di acqua potabile. Quest’operazione ha la funzione di facilitare la separazione dell’endosperma dalle restanti parti della cariosside e consente il mantenimento, costante e controllato, dell’umidità e della temperatura durante il processo di macinazione.
La macinazione vera e propria consiste in una serie di operazioni:
- di rottura (mediante il passaggio in rulli rigati) che consentono la separazione della mandorla farinosa dalla parte corticale della cariosside senza polverizzare la crusca;
- di svestimento, effettuate con rulli finemente rigati o lisci, che permettono di rimuovere le particelle di crusca aderenti ai piccoli frammenti di endosperma;
- di rimacina, che consentono una macinazione ripetitiva, durante la quale la mandorla farinosa viene ulteriormente ridotta di dimensioni, mentre le parti corticali, con la loro struttura fibrosa, oppongono maggiore resistenza all’azione meccanica dei rulli macinanti.
La cariosside viene così trasformata in farine e cruscami attraverso una serie di passaggi di macinazione parziale, ognuno dei quali non si può considerare a sé stante, in quanto perfeziona i prodotti del passaggio precedente e condiziona quelli dei passaggi successivi.
Dalla macinazione si separano quindi tre parti della cariosside, l’endosperma amilifero da cui si ricava la farina, l’embrione o germe ricco di grasso da cui si ricava l’olio e la crusca ricca in fibra e proteine.