Asparagi

Asparagi

 

tipologie di asparagi

Famiglia: Liliaceae

Genere: Asparagus

Specie: Asparagus officinalis L.

 

Storia degli asparagi

Gli asparagi (Asparagus officinalis) sono ortaggi la cui origine è collocata nell’est del bacino del Mediterraneo e nell’Asia Minore.

 

Attualmente a livello mondiale i maggiori produttori sono Cina, Perù, Messico, Stati Uniti e Sudafrica, in Europa Spagna, Francia, Germania e Italia, che presenta le maggiori rese unitarie.

 

Nel Mediterraneo si prediligono gli asparagi verdi, mentre nell’Europa del Nord e nel Veneto dominano i turioni bianchi; il turione è la parte commestibile della pianta.

 

Tipologie di asparagi

Sul territorio italiano esistono diversi Riconoscimenti IGP (Indicazione Geografica Protetta) o DOP (Denominazione di Origine Protetta).

 

I Riconoscimenti IGP

L’”Asparago Bianco di Cimadolmo IGP” presenta dei turioni totalmente bianchi, interi, di aspetto e odore freschi, sani, puliti e praticamente esenti da ammaccature.

Possiede un odore e un sapore particolarmente delicati, è tenero e privo di fibrosità.

La zona di produzione è formata dal territorio di 11 Comuni situati lungo il corso del fiume Piave, in Provincia di Treviso.

 

L’”Asparago di Cantello IGP” ha ottenuto il Riconoscimento UE con Regolamento 26/01/2016 e presenta turioni bianchi, con eventuale punta leggermente rosata, dall’altezza massima di 22 cm.

L’odore è intenso ma delicato nel complesso. Il sapore è dolce, con un lievissimo retrogusto amaro, con aroma di asparago che può variare da medio a deciso.

L’Asparago di Cantello IGP, a differenza di quello di altre zone, se molto fresco può essere utilizzato anche crudo, perché manca quel retrogusto amaro, tipico degli altri asparagi.

La coltivazione dell’Asparago di Cantello IGP ricade nel territorio del comune di Cantello, in provincia di Varese, nella regione Lombardia.

 

L’“Asparago di Badoere IGP” presenta dei turioni di colore bianco-rosato o verde intenso.

Il sapore è dolce e aromatico. Questi asparagi devono essere ben formati, dritti, con apice serrato, interi e non devono essere vuoti, spaccati, pelati o spezzati.

La zona di produzione e di confezionamento comprende delle zone delle province di Padova, Treviso e Venezia.

 

L’“Asparago Verde di Altedo IGP”, che ha ottenuto il Riconoscimento con il Regolamento CE n. 492 del 18.03.2003 (GUCE L. 73 del 19.03.2003), deve essere prodotto esclusivamente nell’ambito delle zone della Provincia di Bologna e di Ferrara.

 

I Riconoscimenti DOP

L’”Asparago Bianco di Bassano DOP” presenta dei turioni di colore bianco-rosato.

Questi inoltre devono essere ben formati, dritti, interi, con apice serrato e non devono essere vuoti, né spaccati, né pelati, né spezzati. Inoltre sono di bassa fibrosità e teneri, in quanto non sono ammessi turioni con principi di lignificazione.

La zona di produzione e di confezionamento ricade nella provincia di Vicenza nei territori dei comuni di Bassano del Grappa, Cartigliano, Cassola, Mussolente, Pove del Grappa, Romano D’Ezzelino, Rosa’, Rossano Veneto, Tezze sul Brenta e Marostica.

 

Proprietà nutrizionali degli asparagi

tabella con i valori nutrizionali degli asparagi

Valori nutrizionali degli asparagi

Gli asparagi sono noti per le loro proprietà diuretiche, attribuibili al loro contenuto in acqua che supera il 90% ed all’effetto di un aminoacido abbondantemente contenuto nell’asparago, l’asparagina.

È proprio questo aminoacido a conferire all’ortaggio il suo particolare odore pungente, ma non è il responsabile dell’altro odore caratteristico che si avverte in bagno dopo un pasto a base di asparagi.

I responsabili sono da definirsi i composti contenenti zolfo che si formano nel nostro organismo.

 

A livello di macro nutrienti, i grassi sono quasi del tutto assenti, mentre buona è la concentrazione di fibra, ferro e vitamina C.

 

Benefici degli asparagi

Per quanto riguarda le molecole, gli asparagi ne contengono due particolarmente importanti: la quercetina, con potenziali effetti di protezione sul sistema cardiovascolare e di interazione con alcuni geni della longevità, e il glutatione, composto che il nostro organismo utilizza per neutralizzare i radicali liberi.

 

La porzione consigliata è di 200 grammi, che corrisponde a ½ piatto.

 

Una porzione di asparagi crudi copre più della metà del fabbisogno giornaliero di vitamina K e quasi tutto il fabbisogno di acido folico facendo riferimento alla popolazione adulta.

 

L’assunzione giornaliera raccomandata (RDA, Recommended Daily Allowance) di vitamina K per la popolazione adulta è di 140 µg (sia per gli uomini che per le donne); per i folati invece è di 400 µg (sia per gli uomini che per le donne).

 

Interazioni degli asparagi

Gli asparagi potrebbero interferire con l’azione dei farmaci diuretici.

 

Produzione e tecnologia degli asparagi

Caratteri botanici dell’asparago

L’asparago è una pianta erbacea perenne.

Presenta un apparato radicale costituito da due tipi di radici: principali, disposte a raggiera sulla “corona” che possono raggiungere notevoli profondità e fungono da organo di riserva, e secondarie, fibrose e più sottili, sono presenti lungo le radici principali e specialmente nella parte terminale e hanno funzione di assorbimento.

I fiori sono posti in posizione ascellare, solitari, piccoli, giallo-verdastri.

 

L’asparago è una pianta dioica, ovvero una specie che ha individui maschili e femminili, e l’impollinazione avviene ad opera di insetti.
La pianta maschile è più vigorosa, precoce e produttiva rispetto a quella femminile, ma produce turioni più sottili.

 

Il germoglio, che è la parte commestibile della pianta, si chiama turione ed è di taglie differenti.

Il turione inizia ad accrescersi e a svilupparsi alla fine dell’inverno.

Quando non è ancora spuntato dal terreno è bianco, tozzo, con l’apice tondeggiante; una volta fuoriuscito diventa sempre più rosato fino a diventare violaceo e infine verde per effetto della fotosintesi.

La forma è allungata, più o meno spessa, e si ha la presenza di alcune foglioline caratterizzate dalla forma a scaglie.

 

Coltivazione degli asparagi

La coltivazione dell’asparago è costituita da diverse fasi:

 

  1. i primi due anni l’allevamento, caratterizzato da un forte sviluppo vegetativo;
  2. il terzo e quarto anno la produttività crescente, che corrisponde ai primi due anni di raccolta;
  3. dal quarto al dodicesimo anno la produttività stabile;
  4. ed infine dal dodicesimo al ventesimo anno la produttività decrescente.

 

L’asparago quindi, per la sua permanenza nel terreno per più anni, non può essere inserito in una normale rotazione agraria, ma deve essere coltivato fuori rotazione.

 

La preparazione del terreno viene effettuata in autunno o, al massimo, nell’inverno precedente l’impianto dell’asparagiaia arando ad una profondità di circa 60 cm.

Successivamente si effettua l’impianto creando fosse parallele profonde 20-30 cm e larghe 50-70 cm, alternate a strisce della larghezza di 1-2 m dove viene accumulato il terreno rimosso.

 

L’impianto dell’asparagiaia può essere effettuato mediante:

 

  • semina diretta, metodo poco utilizzato in Italia,
  • con zampe di uno o due anni che possono essere messe a dimora sia in autunno sia all’inizio della primavera,
  • oppure mediante plantule in cubetto dell’età di 60-70 giorni, tecnica sempre più utilizzata in cui dopo 12-18 giorni si ha la germinazione e dopo circa 2 mesi le piantine sono pronte per essere trapiantate in pieno campo.

 

La semina si esegue a marzo, raramente in giugno, in un terreno sciolto e sabbioso.

Si predispongono solchi tracciati ad una distanza di 30-35 cm e profondità di 3-4 cm che, dopo la semina, vengono coperti in modo da formare una “costa” esposta al sole. In questo modo si facilita il riscaldamento del terreno, stimolando la germinazione del seme.

 

Durante la coltivazione vengono utilizzate delle tecniche di forzatura.

La più importante è la pacciamatura con film plastici che, riscaldano gli strati superficiali del terreno, favorisce una produzione anticipata.

La pacciamatura con film nero è utile anche per l‘imbiancamento dei turioni.

 

Inoltre, soprattutto finito il periodo di raccolta, vengono eseguite una serie di cure colturali quali diserbo chimico o meccanico, irrigazioni e concimazioni azotate (distribuite in tutto il periodo estivo) che hanno lo scopo di stimolare la ripresa vegetativa.

 

Produzione dei turioni

La produzione di turioni varia moltissimo da regione a regione (da 30 a 140 q.li/ha) in funzione di vari fattori tra cui la varietà, il tipo di turione, ecc.

 

La raccolta dei turioni è scalare, praticata giornalmente o a giorni alterni.

Si esegue manualmente con un coltello a sgorbia appena il turione è emerso per 10-12 cm o, nel caso dell’asparago bianco, appena spunta dalla baulatura. Se si effettua la raccolta meccanica si utilizzano macchine agevolatrici, alcune anche adatte per la raccolta integrale.

 

Nella raccolta integrale i turioni vengono tagliati ad una certa profondità, sollevati e convogliati su nastri trasportatori ed infine scaricati in appositi contenitori.

Il prodotto raccolto con questi macchinari è destinato soprattutto all’industria conserviera in quanto i turioni non si presentano con una forma ottimale.

 

Dopo la raccolta, i turioni vengono selezionati, dividendoli in scarto, e commerciabili.

Quelli commerciabili a sua volta vengono suddivisi in classi in funzione della lunghezza, del calibro e della presentazione.

In seguito vengono legati in mazzi cilindrici uniformi, del peso di 1-2 kg, e di 20 cm di lunghezza e poi lavati.

Nella grande produzione la selezione viene effettuata con degli appositi macchinari selezionatori.

 

Il prodotto deperisce molto rapidamente e pertanto si ricorre sempre più spesso all’idrorefrigerazione, immergendo i turioni in acqua a 0,5-1°C.

Questa tecnica è indispensabile per poter abbassare in fretta la temperatura aumentando così la conservabilità del prodotto.

 

Il prodotto può essere destinato sia al consumo fresco che all’industria surgelato oppure inscatolato e cotto a vapore.

 

Stagionalità degli asparagi

In Italia gli asparagi sono di stagione da marzo a giugno.

 

Preparazione e Conservazione degli asparagi

Al momento dell’acquisto vi consigliamo asparagi che siano solidi al tatto e di colore verde chiaro, con le punte serrate.

Le punte dal color verde scuro o con un tocco di viola sono sinonimo di qualità, mentre se sono ingiallite o secche, l’asparago non è fresco.

In generale vi consigliamo di evitare quelli avvizziti, macchiati o rovinati, ma se vi servono solo per una zuppa allora potete anche acquistarli.

 

È importante adottare degli accorgimenti in cucina per beneficiare di ciò che apportano gli asparagi.

Anzitutto, devono essere conservati in frigorifero per un massimo di tre giorni, oppure possono essere congelati e successivamente cotti senza bisogno di scongelamento.

 

Per limitare la perdita di nutrienti è sufficiente sbollentarli per meno di 5 minuti in poco liquido e, per massimizzare l’assorbimento di vitamina K e quercetina, servirli sempre con una sostanza grassa prediligendo l’olio extravergine di oliva.

 

Le nostre proposte di ricette con gli asparagi



Mozzarella

Mozzarella

 

La mozzarella è un formaggio fresco a pasta filata, molle prodotto con l’utilizzo del latte di bufala; se invece viene prodotto con il latte di vacca si parla di fior di latte.

Il nome fa riferimento alla modalità di lavorazione, la cosiddetta “mozzatura” (dal verbo “mozzare”), con cui si intende un’operazione praticata ancora oggi in molti caseifici che consiste nel taglio manuale della pasta filata con indice e pollice.

Le origini di questo formaggio in Italia sono legate alla presenza dei bufali sul territorio; attorno all’XI secolo, con l’impaludamento delle pianure costiere del basso versante tirrenico (del Volturno e del Sele), si sono create caratteristiche ambientali più adatte all’allevamento del bufalo.

La mozzarella si riconosce per la sua consistenza elastica, si presenta con una superficie esterna liscia di colore bianco e lucido ed è caratterizzata dalla presenza di una lacrima di siero, la cosiddetta “occhiatura”, che indica la corretta applicazione del procedimento.

 

In commercio si trovano prodotti con riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta) e STG (Specialità Tradizionale Garantita).

La “Mozzarella di Gioia del Colle” DOP ha ottenuto il Riconoscimento UE nel 2020. La zona di produzione, di trasformazione del latte e confezionamento comprende il territorio di alcuni comuni della provincia di Bari, di Taranto e parte del comune di Matera in Basilicata. Si presenta in tre diverse forme (sferoidale, di nodo e di treccia) e il peso può variare dai 50 ai 1.000 grammi a seconda della forma e delle dimensioni. Ha una superficie liscia o lievemente fibrosa, lucente, di colore bianco, con eventuali sfumature stagionali di colore paglierino. Al taglio la pasta, che deve avere consistenza elastica ed essere priva di difetti, presenta una leggera fuoriuscita di siero di colore bianco. Il sapore e le note odorose sono di latte/yogurt bianco con eventuali sfumature di burro.

 

La “Mozzarella di Bufala Campana” DOP ha ottenuto il Riconoscimento del marchio il 12 giugno 1996 per effetto del Reg. CE 1107/96 ed è prodotta esclusivamente con latte di bufala intero fresco. La zona di produzione comprende alcune province della Campania (Caserta, Salerno, Napoli e Benevento) e del Lazio (Latina, Frosinone e Roma). Si presenta sotto diverse forme (tondeggiante, bocconcini, trecce, perline, ciliegie, nodini) e ha un peso variabile tra 20 e 800 grammi a seconda della forma. Ha una crosta sottilissima dotata di una superficie liscia di colore bianco porcellanato. La pasta ha una struttura leggermente elastica nelle prime otto-dieci ore dalla produzione che tende a divenire più fondente.

 

La Mozzarella STG ha ottenuto il riconoscimento S.T.G. (Specialità Tradizionale Garantita) dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in con decreto del 28 giugno 2001.

Per la sua produzione viene impiegato latte vaccino e caglio bovino liquido; si presenta sotto diverse forme (sferoidale o a treccia) e il peso può variare da 125grammi -per la forma a treccia- a 250 grammi. Ha una superficie con consistenza tenera, superficie liscia e lucente, omogenea, di color bianco latte con possibile presenza di distacchi ma non di occhiatura. La pasta ha una struttura fibrosa, a foglie sovrapposte, che al taglio e per leggera compressione rilascia liquido lattiginoso; la consistenza è morbida e leggermente elastica. Il sapore e l’odore sono caratteristici, delicati, di latte lievemente acidulo.

 

La mozzarella viene commercializzata immersa in liquido di governo costituito da acqua, eventualmente acidulata e salata, e viene conservata ad una temperatura compresa tra 0 e 4°C.



San Pietro

San Pietro

 

Famiglia: Zeidae

Genere: Zeus

Specie: Zeus faber

 

Il San Pietro è un pesce di acqua salata conosciuto anche come pesce di san Pietro o pesce sampietro.

È un animale solitario che predilige fondali sabbiosi e che spesso è presente anche al livello costiero. Si trova nelle acque temperate e tropicali dell’Oceano Indiano, dell’Oceano Pacifico, dell’Oceano Atlantico orientale, dalla Norvegia al Sud Africa, del Mar Mediterraneo e del Mar Nero. In Italia, è diffuso in particolare nell’Adriatico. Spesso, e non è raro catturarlo in acque basse.

La caratteristica che lo rende unico è la presenza di una macchia scura sulle squame a sfondo chiaro posizionata centralmente sui fianchi, la cui particolarità ha dato spunto a molteplici leggende. La leggenda narra infatti che San Pietro in persona avrebbe catturato questo pesce imprimendogli così l’impronta del pollice e dell’indice.

In commercio si trova fresco o congelato.



Semi di girasole

Semi di girasole

 

Famiglia: Asteraceae

Genere: Helianthus

Specie: Helianthus annuus L.

 

Il girasole (Helianthus annuus L.) è una pianta di origine americana, secondo alcuni studiosi peruviana, secondo altri messicana che si diffuse in Europa solamente agli inizi del 1500.

A livello mondiale oggi è largamente coltivata, si trova infatti al secondo posto, dopo la soia, tra le piante produttrici di olio. In Italia è presente soprattutto nell’Italia centrale.

Le varietà coltivate sono diverse e sono suddivise in due gruppi: uno idoneo per la produzione di semi e per foraggio, comprendente piante monocefaloiche e con acheni grandi, e uno per la produzione di fiori ornamentali, caratterizzato da piante ramificate e policefale.

Quelli che comunemente vengono definiti semi di girasole sono, in realtà, i frutti secchi, detti acheni. Ogni achenio è costituito da un guscio duro esterno e da una mandorla interna, chiamata impropriamente “seme” e le attuali varietà selezionate danno acheni contenenti anche più del 45% di olio.

Per olio di girasole si intende un grasso vegetale ottenuto dalla spremitura dei semi di girasole.



Semi di chia

Semi di chia

 

Famiglia: Lamiaceae

Genere: Salvia

Specie: Salvia hispanica L.

 

La chia è una pianta originaria del Guatemala e del Messico centrale e meridionale; ad oggi viene coltivata in Messico, Bolivia, Argentina, Ecuador, Nicaragua, Guatemala e Australia.

La pianta appartiene alla famiglia delle Lamiaceae, di cui fanno parte molte piante aromatiche come menta, origano, rosmarino, timo e salvia, con cui condivide la capacità aromatica.

Della chia si consumano i semi interi o la farina, ottenuta dagli stessi semi, e entrambi trovano un largo impiego in cucina.



Miglio

Miglio

 

Famiglia: Gramineae o Poaceae

Genere: Panicum

Specie: Panicum miliaceum

 

Il miglio (Panicum miliaceum L.) è il cereale più antico nella storia dell’alimentazione umana anche se rientra nel raggruppamento dei cereali minori. È originario del Nord Africa e tutt’oggi la maggior parte della produzione mondiale proviene da Asia e Nordafrica.

Esistono diverse varietà di miglio. Il miglio bianco o Panicum miliaceum album è la varietà più comune in Italia ed Europa; altre varietà adatte a climi molto caldo-aridi sono ad esempio il Panicum miliaceum luteum, il P. miliaceum nigrum e il P. miliaceum bicolor.

Un cereale molto simile al miglio è il panico (Panicum italicum L.), anch’esso pianta erbacea annuale.

Il miglio essendo un cereale privo di glutine può essere consumato anche dai celiaci.



Amaranto

Amaranto

 

amaranto proprietà

Famiglia: Amaranthaceae

Genere: Amaranthus

Specie: Amaranthus Spp.

 

Storia dell’amaranto

L’amaranto (Amaranthus caudatus) è il seme di una pianta appartenente al genere Amaranthus che comprende circa 60 specie, alcune delle quali suddivise in base alla tipologia di utilizzo.

 

La pianta ha origini antiche ed è originaria dell’America centrale e del Messico.

Ad oggi negli Stati Uniti, Cina e India viene coltivato su grandi superfici ed è considerato ormai al pari di altre colture industriali.

 

I semi di amaranto sono piccoli, assomiglianti a dei granelli, di colore tendente al giallo.

Tra tutte le specie conosciute solo tre sono ritenute buone produttrici di semi: Amaranthus caudatus, Amaranthus cruentus e Amaranthus hypochondriacus.

 

Dell’amaranto, oltre ai semi, si possono consumare anche le foglie che vengono utilizzate alla stregua degli spinaci.

 

Proprietà nutrizionali dell’amaranto

tabella con i valori nutrizionali dell'amaranto

Valori nutrizionali dell’amaranto

I carboidrati complessi ne caratterizzano la composizione, mentre basso è il contenuto di grassi.

 

Le principali caratteristiche sono l’elevato contenuto di proteine (15-18%), di lisina e di calcio rispettivamente con medie di 5,2 e 0,37 g/100 g di sostanza secca.

 

In particolare il contenuto di lisina, amminoacido essenziale importante per la formazione delle proteine, è superiore ad alcuni alimenti di origine vegetale (ad esempio cereali, fagioli, soia) e animale (come carne, latte, uova).

Per questo motivo l’amaranto ha elevate potenzialità di mercato soprattutto dove, fino a questo momento, è confinato quasi esclusivamente nel settore salutistico.

 

Tra i minerali spiccano ferro, potassio, calcio e magnesio.

 

Nei semi è contenuto l’olio di amaranto (in media per il 6,0%) contenente tocoferoli, composti generalmente indicati come vitamina E, che insieme allo squalene, trovano impiego nell’industria cosmetica soprattutto nel settore della cura di pelle e capelli.

 

Il seme è anche un’ottima fonte di fibra. Per questo motivo l’amaranto contribuisce a soddisfare l’apporto raccomandato di circa 25-30 grammi, soprattutto se consumato in abbinamento a verdure.

 

Benefici dell’amaranto

L’amaranto è privo di glutine e quindi idoneo all’alimentazione dei celiaci e dei soggetti intolleranti ad esso.

 

La farina di amaranto non contiene zuccheri semplici permettendo così il suo utilizzo nella dieta di obesi e diabetici (considerato comunque l’elevato contenuto di amilopectina e di zuccheri complessi).

 

Il latte di amaranto invece per l’ottimo bilanciamento a livello di aminoacidi e per l’elevato contenuto di calcio è indicato per l’alimentazione di bambini, anziani e intolleranti al lattosio.

 

Ricordiamo anche che per via dell’elevato contenuto di fibra l’amaranto garantisce il miglioramento del transito intestinale, favorendo il processo digestivo.

 

Interazioni dell’amaranto

Nell’amaranto sono contenute discrete quantità di acido ossalico e, per questo motivo, la sua assunzione può complicare l’assimilazione da parte dell’organismo di alcuni minerali; il consumo di questo alimento è pertanto sconsigliato a chi è affetto da patologie renali.

 

Produzione e Tecnologia dell’amaranto

Caratteri botanici dell’amaranto

L’amaranto è una pianta erbacea annuale di altezza variabile a seconda della specie (da 0,5 a 3,5 m) con foglie che possono avere diverse forme, da ovali a lanceolate.

 

I fiori sono riuniti in infiorescenze (panicoli) che possono essere erette o pendenti, ramificate, lunghe sino a 90-100 cm dalla colorazione tipica rossa, verde o giallognola.

I semi sono di piccole dimensioni (1-1,5 mm di diametro) dalla forma circolare schiacciata e dal colore che può variare dal bianco-latte, al giallo-oro, dal bruno al nero.

 

Nelle aree di origine, Messico e Centro America, la pianta viene coltivata anche in altitudine fino a circa 2.800 m slm utilizzando soprattutto le specie A. caudatus e A. hypocondriacus; in altre aree con clima temperato la specie A. cruentus viene coltivata utilizzando una tecnica colturale adatta a un’agricoltura industriale.

In Italia l’amaranto è una tipica coltura primaverile-estiva che si può inserire in rotazioni con cereali, leguminose e ortaggi.

 

Coltivazione dell’amaranto

L’amaranto predilige un clima temperato-caldo in zone molto ben soleggiate; è una pianta rustica che necessita di alcuni elementi come l’azoto, il fosforo e il potassio.

Le irrigazioni devono essere molto oculate perché soffre terribilmente l’umidità e i ristagni idrici ed esige terreni abbastanza sciolti con pH compreso tra 6 e 7,5.

 

La semina si effettua a fine aprile in sud Italia e a fine maggio nelle regioni del nord, quando il pericolo delle gelate è lontano.

La tecnica più impiegata è quella a file distanti 50-60 cm e si può procedere a fila continua o alla semina di precisione con densità variabile secondo l’architettura della varietà impiegata.

 

Quando le piante hanno raggiunto un’altezza di circa 20-25 cm si procede con una sarchiatura che talvolta deve essere ripetuta insieme a una rincalzatura soprattutto se le piante sono molto alte e con panicoli lunghi e ricadenti.

Il ciclo della specie è variabile tra 100 e 160 giorni dalla semina.

 

Produzione dell’amaranto

La maturazione è scalare e la raccolta, fase più delicata di tutta la tecnica agronomica, si effettua alla fine della fioritura che avviene in estate.

 

I semi quando sono maturi si distaccano facilmente dal panicolo, provocando perdite di una certa consistenza soprattutto se si procede con la raccolta meccanica.

Per ridurre queste perdite si deve raggiungere un compromesso tra maturità e umidità del panicolo oppure procedere tagliando le piante, essiccandole ed infine eseguendo la trebbiatura.

 

Nelle varietà sottoposte a raccolta meccanizzate viene ricercato il «dry down», ovvero la parziale caduta delle foglie in concomitanza con la maturazione del seme.

 

L’amaranto viene impiegato per la formulazione di barrette, snack, muesli, semi soffiati, estrusi e altri prodotti come biscotti e pane, miscelandolo con farine di altri cereali. Dall’amaranto, oltre la farina, viene prodotto anche il latte e l’olio.

 

Stagionalità dell’amaranto

In commercio l’amaranto si trova tutto l’anno in forma essiccata.

 

Preparazione e Conservazione dell’amaranto

L’amaranto è un seme ricco di acidi grassi insaturi, facilmente ossidabili se a contatto con luce e calore.

È quindi buona norma conservare farina, semi o amido di amaranto in luoghi freschi e lontano da fonti di luce.

 

Un ottimo posto dove conservarlo è il frigorifero o il congelatore. Se si prevede di non utilizzare il prodotto per lungo tempo, buona norma è la conservazione sottovuoto.

 

Una volta cotto, come tutti i cereali, può essere conservato in frigorifero ad una temperatura inferiore ai 4°C un paio di giorni ben chiuso oppure può essere conservato sottovuoto nel congelatore e rigenerato nel momento del bisogno come un qualsiasi cereale.

Come per tutti gli alimenti cotti, è bene non tenere gli alimenti fuori dal frigorifero per oltre 2 ore, per scongiurare la prolificazione batterica.

 

In diverse ricette viene preparato con le stesse modalità del cous cous, cioè sfruttando una cottura per assorbimento, calcolando una parte di cereale per due parti di acqua. Ovviamente i tempi di cottura sono notevolmente diversi, nel caso dell’amaranto si attestano sui 40 minuti.

Una volta pronto il suo volume sarà raddoppiato, per cui una porzione corrisponde a circa 40 grammi di prodotto secco.



Bacche di Goji

Bacche di Goji

 

bacche di Goji proprietà

Famiglia: Solanaceae

Genere: Lycium

Specie: Lycium barbarum L. (e Lycium chinense L.)

 

Storia delle bacche di Goji

Le bacche di Goji sono i frutti prodotti da due varietà differenti di arbusti appartenenti alla famiglia delle Solanaceae (di cui fanno parte anche la melanzana, il peperoncino, la patata, il pomodoro), ovvero il Lycium barbarum ed il Lycium chinense.

 

Crescono spontaneamente nelle valli dell’Himalaya, della Mongolia, del Tibet ad una altezza di circa 3.000 metri e nelle province cinesi dello Xinjiang e del Ningxia.

Il L. barbarum cresce anche alle nostre latitudini specie se le temperature invernali non sono troppo rigide (fino a 10-15°C).

 

Varietà di Goji

Esiste anche il Goji giallo (varietà Amber Sweet Gold), una varietà di Goji a frutto giallo ambrato originaria della Cina che produce frutti più grandi e più dolci delle comuni varietà di Goji rosso, senza retrogusto amarognolo. È una varietà autofertile.

 

In Italia in commercio si trovano sotto forma di bacche essiccate.

 

Proprietà nutrizionali delle bacche di Goji

tabella con i valori nutrizionali delle bacche di Goji

Valori nutrizionali delle bacche 

Le bacche di Goji sono frutti disidratati e come tutti i frutti disidratati hanno perso la gran parte del loro contenuto d’acqua mentre rimangono molto concentrati in zuccheri.

Buono è il loro contenuto di fibra.

 

A livello di micronutrienti sono ricche di vitamina A e non meno importante è il contenuto in vitamina C.

 

Le bacche di Goji sono ricche anche di numerosi composti bioattivi, come i carotenoidi e flavonoidi.

 

Benefici delle bacche 

La presenza di fibra contribuisce a ridurre l’aumento della glicemia dopo il pasto ed a mantenere nella norma i livelli di colesterolo.

 

La vitamina A  è essenziale per la visione, la crescita e il normale sviluppo dei tessuti. Una porzione di bacche consente di superare il fabbisogno giornaliero per un anno.

La vitamina C è invece fondamentale per la sua attività antiossidante e per il suo ruolo nell’assorbimento del ferro.

 

Oltre alla presenza di carotenoidi e flavonoidi, recenti studi evidenziano anche il loro contenuto in particolari polisaccaridi.

In questi studi di laboratorio, è stata mostrata una buona attività antiossidante a carico di questi polisaccaridi che sarebbe in grado di prevenire tumori, malattie neurodegenerative e migliorare il metabolismo di zuccheri e lipidi. In ogni caso sono necessari ulteriori studi sull’uomo per saperne di più.

 

La porzione consigliata è 28 gr di bacche.

 

Interazioni delle bacche 

I soggetti che utilizzano il warfarin, un anticoagulante, dovrebbero prestare attenzione nel consumare le bacche di Goji.

 

Produzione e Tecnologia delle bacche di Goji

Caratteri botanici delle bacche 

È una pianta perenne a portamento arbustivo che può raggiungere i 3 m di altezza, con foglie lanceolate verde brillanti o grigio-verdi e fiori di color lavanda o porpora tenue.

 

I frutti sono piccole bacche tenere, dalla forma allungata, di color arancione-rosso contenenti da 10 a 60 semi appiattiti gialli e con un diametro di 1-2 cm.

Le bacche di Goji sono frutti prodotti da due varietà differenti di arbusti caducifogli, il Lycium barbarum e il Lycium chinense, entrambe originarie del Tibet e delle regioni temperate della Cina.

 

  • Il Lycium barbarum è la pianta a cui si fa riferimento quando si parla di bacche di Goji; viene coltivata nella regione autonoma cinese dello Ningxia, ha foglie lunghe e strette, frutti grandi e più dolci rispetto a quelli del Lycium chinense.

 

  • Il Lycium chinense è caratterizzato da foglie più corte e larghe ed è coltivato nelle zone meridionali della Cina; le bacche di questa varietà sono più aspri e per questo meno gradevoli al palato.

 

La pianta di Goji ha bisogno di luce e calore per poter crescere ed è in grado di resistere anche a temperature inferiori allo zero; il terreno più adatto è quello sabbioso e ben drenato.

 

Coltivazione delle bacche 

La stagione ideale per iniziare la coltivazione delle piante di Goji è in primavera, lasciando 2 metri di distanza tra una pianta e l’altra.

La fioritura avviene tra i mesi di maggio e luglio e le bacche maturano tra luglio e ottobre.

 

Due volte all’anno, rispettivamente durante la primavera e in autunno, può essere effettuata una potatura in modo tale che i fiori crescano di più, con maggior vigore e dimensioni maggiori.

 

Produzione delle bacche 

Una volta raccolte le bacche di Goji possono essere essiccate al sole oppure al forno, venendo così disidratate per consentirne la conservazione. Questo processo conferisce loro un aspetto simile a quello dell’uva passa.

In alternativa le bacche possono essere mangiate al naturale o lavorate per ottenere un succo.

 

I frutti si prestano sia per il consumo fresco che essiccati.

 

Stagionalità delle bacche di Goji

Si trovano sul mercato tutto l’anno dopo aver subito il processo di disidratazione.

 

Preparazione e Conservazione delle bacche di Goji

Esistono diverse qualità di bacche di Goji ma la migliore  è rappresentato dai frutti di Goji Prima Qualità Salugea.

Si tratta di bacche raccolte manualmente, fatte essiccare al sole e confezionate in incartamenti sicuri e nel rispetto della materia prima, con adeguati controlli di qualità.

 

Preferibile inoltre escludere bacche essiccate vendute in confezioni trasparenti e per questo non al riparo dalla luce, accorgimento che dovrebbe essere indispensabile per un’adeguata conservazione del prodotto.

 

Le bacche, specie quelle secche, dopo l’apertura della confezione vanno conservate in un luogo fresco e asciutto e lontano da fonti di calore. Le bacche fresche si possono conservare in frigorifero e mangiare entro due o tre giorni.

 

La vitamina C, di cui sono ricche, è sensibile al calore. Per cui è preferibile non cuocerle, ma consumarle magari come spuntino, insieme a della frutta a guscio, o utilizzarle per arricchire un’insalata, uno yogurt o una macedonia di frutta fresca.



Curry

Curry

 

Storia del curry

Il curry (in hindi masala) è una miscela di spezie tostate e ridotte in polvere dal colore giallo intenso, profumata e piccante.

 

Originaria dell’India, la miscela venne poi importata in Europa dagli Inglesi durante il periodo del colonialismo.

 

Composizione del curry

La colorazione del curry normalmente è di una tonalità gialla ma la composizione di tale miscela di spezie è variabile (sono state stimate 660 varianti).

Per questo motivo si possono avere sfumature cromatiche diverse, tendenti all’arancione, al rosso o al verde.

 

Le percentuali degli ingredienti che lo compongono variano in base alla regione di produzione e i principali sono:

 

  • curcuma (che solitamente ne è il costituente principale e che conferisce il caratteristico colore giallo alla miscela),
  • coriandolo,
  • pepe nero,
  • cumino,
  • peperoncino,
  • noce moscata,
  • chiodi di garofano,
  • zenzero,
  • cannella
  • e fieno greco (Helba).

 

Le composizioni più conosciute sono il tandoori masala e garam masala.

 

Proprietà nutrizionali del curry

tabella con i valori nutrizionali del curry

Valori nutrizionali del curry

Come detto in precedenza, il curry racchiude in sé, in base alle diverse miscele, prevalentemente curcuma, coriandolo, pepe nero, cumino, peperoncino, noce moscata, chiodi di garofano, zenzero, cannella e fieno greco.

 

A livello di micronutrienti spiccano alcuni minerali e alcune vitamine.

Tra le vitamine sono presenti soprattutto la vitamina E e le vitamine del gruppo B, mentre a livello di minerali sono presenti buone quantità di potassio, calcio, fosforo e ferro.

 

Il pigmento responsabile del colore giallo ocra è la curcumina, molecola presente nella curcuma.

 

Benefici del curry

Le recenti evidenze mostrano un potenziale ruolo della curcumina nel controllo dell’espressione dei geni dell’invecchiamento, oltre alla sua azione sullo stato infiammatorio.

 

Per di più, la piperina presente nel pepe amplifica le attività della curcumina.

Pertanto, la probabile azione positiva di curry sulla salute è data dalla quantità di curcuma impiegata nella preparazione.

 

Il pepe inoltre stimola la circolazione sanguigna e combattere la ritenzione idrica.

 

Il cumino è utile contro meteorismo e gonfiore addominale.

 

Grazie alla presenza di zenzero e peperoncino, il curry stimola l’attività gastrica e favorisce il consumo di calorie, mentre la cannella lenisce il senso di fame.

 

Inoltre, una spolverata può essere aggiunta in diverse preparazioni, non solo nel classico pollo al curry. Questo può favorire la riduzione del consumo di sale, promuovendo la salute di arterie e cuore abbassando il rischio di ipertensione.

 

L’utilizzo di questa miscela di spezie può essere utile in caso di alterazioni del gusto causate dalle terapie oncologiche.

 

Interazioni del curry

Le persone che soffrono o sono soggette a ulcere gastriche e gastriti dovrebbero evitare il consumo del curry in quanto nella miscela è presente sia il pepe che il peperoncino.

 

Produzione e Tecnologia del curry

Il curry è un prodotto poliforme che può essere preparato e utilizzato in modi differenti.

 

Il curry può essere utilizzato sotto forma di polvere o di pasta.

 

La distinzione tra i due è che nella pasta di curry è assente la curcuma, elemento invece principale della forma in polvere, e per questo motivo la colorazione della pasta di curry varia dal verde, al rosso, al giallo.

La pasta di curry inoltre tende ad avere un sapore estremamente potente.

 

Tipologie di curry

Le tipologie di curry più diffuse sono:

 

– il Curry indiano/anglosassone, che contiene gli ingredienti di base del curry con l’aggiunta di uno o più elementi secondari in proporzioni differenti;

 

– il Curry tailandese, che utilizza ingredienti simili a quelli della tradizione indiana ma con un sapore e un aroma più speziati, avendo quantità più alte di semi di coriandolo e peperoncini, soprattutto sotto forma di pasta.

 

– Il Curry africano e caraibico, in polvere preparato con senape piccante, grani di pepe e peperoncini, è noto per la sua intensa piccantezza;

 

– il curry trinidadiano è una miscela più mite.

In Sud Africa la pietanza caratteristica è il Durban Curry, con colorazioni sui toni del rosso, indice della quantità delle spezie presenti (da piccante a piccantissimo) che accompagna pesce o patate morbide; in Nord Africa invece è presente la “Ras El Hanout”, una miscela di circa 30 diverse piante (non esclusivamente spezie) con numerosissime varietà a seconda dei gusti tutte riconducibili a tre tipi di miscele di Ras el Hanout chiamate Lamrouzia, L’msagna e Monuza.

 

– Il curry giapponese si chiama karē e viene proposto in tre varianti: con il riso (karē raisu o karē), con gli udon, simili agli spaghetti (karē udon) o come farcitura di una specie di bombolone fritto (karē-pan).

 

Stagionalità del curry

In commercio il curry è reperibile tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione del curry

È impossibile determinare una definizione o ricetta standard per il curry in polvere, poiché ogni miscela è completamente distinta e creata con una miscela unica di spezie per adattarsi alle preferenze del singolo.

 

Il curry in polvere ordinario che si trova maggiormente in commercio è quello composto principalmente da curcuma, dall’aspetto decisamente giallo, peperoncino, cumino e coriandolo, che spesso incorpora anche paprika, semi di finocchio, senape e altro ancora.

Da questo elenco di ingredienti fondamentali, è possibile produrre numerose varietà di polvere, come la polvere di curry marrone, che include chiodi di garofano e altri peperoni.

 

Questa miscela può anche essere combinata con l’acqua per creare una sorta di pasta, ma differisce da ciò che si potrebbe pensare comunemente come pasta di curry. Infatti, la polvere viene aggiunta in piatti che sono già in fase di cottura, anziché essere utilizzata come base del piatto, come si usa fare con il curry a base di olio.

 

Il curry in polvere deve essere conservato in un luogo fresco e buio a temperatura ambiente.

Se si è acquistata una miscela di spezie sfusa, si può trasferirla in un contenitore con un coperchio aderente, dove durerà da tre a quattro anni. Ma, quando l’aroma del curry è debole e il sapore a malapena si avverte è bene provvedere a sostituirlo.



Cicoria

Cicoria

 

tipi di cicoria

Famiglia: Compositae

Genere: Cichorium

Specie: Cichorium intybus L.

 

Storia della cicoria

La cicoria è un ortaggio del genere Cichorium, a cui appartiene anche l’indivia, originaria delle aree temperate di Europa, Asia e Africa del Nord.

 

Ad oggi è diffusa in Africa Meridionale e nelle Americhe, è molto comune allo stato spontaneo.

 

Tipi di cicoria

Esistono numerose forme coltivate:

cicoria da foglia (Cichorium intybus L. v. foliosum Bischoff); cicoria da radici (Cichorium intybus L. v. sativus Bischoff).

 

Diversi tipi di cicoria sono conosciuti anche con il nome “cicoria asparago”, caratterizzati da cespo a costa dall’altezza variabile e sapore amaro (più o meno forte a seconda delle tipologie).

Una particolare tipologia di cicoria asparago viene chiamata “puntarella” ed è caratterizzata da germogli bianchi, compatti e croccanti.

 

I differenti tipi di cicoria presenti sul mercato si possono suddividere per forma, per colore della foglia o per modalità di raccolta.

 

Della cicoria si consumano le foglie e le radici che possono essere cotte o in insalata.

 

Proprietà nutrizionali della cicoria

tabella con i valori nutrizionali della cicoria

Valori nutrizionali della cicoria

La cicoria presenta un contenuto di acqua superiore al 90% e un basso apporto calorico.

 

Molto buona è la quantità di fibra alimentare e, tra le molecole degne di nota, vi è l’inulina, una particolare tipologia di fibra definita “prebiotica”.

 

Tra i sali minerali è da sottolineare la presenza di calcio, mentre tra le vitamine spicca la vitamina A. 

 

Infine, come tutti i vegetali a foglia verde, la cicoria è ricca in folati. Studi recenti dimostrano come siano utili per la prevenzione del tumore al seno e del pancreas.

 

Benefici della cicoria

La fibra conferisce alla cicoria un buon potere saziante, rallentando anche lo svuotamento gastrico.

Si ricorda che in ½ piatto si trovano 7,2 grammi di fibra e che il livello di assunzione giornaliera ideale per la popolazione adulta è di 25 grammi.

È presente anche l’inulina, che come detto è una fibra “prebiotica”, poiché in grado di nutrire selettivamente alcuni microrganismi intestinali positivi per la salute.

 

La vitamina A risulta fondamentale per un buon funzionamento della vista, per la crescita delle ossa, per la funzione testicolare e ovarica e per un sano sviluppo embrionale.

 

I folati invece hanno un ruolo fondamentale nella crescita e nella riproduzione delle cellule, in particolare dei globuli rossi, per la formazione del sistema nervoso centrale nell’embrione e nel feto. Intervengono anche nella sintesi del DNA e nel metabolismo degli aminoacidi.

 

Questo alimento potrebbe essere utile per contrastare la stipsi o costipazione, un effetto avverso causato dalle terapie oncologiche.

 

La porzione consigliata è di 200 grammi, che equivale a ½ piatto di cicoria.

 

Una porzione di cicoria contiene 438 µg di vitamina A (retinolo equivalenti) e 4,5 mg di vitamina E, soddisfando così parte della dose giornaliera raccomandata.

Infatti l’assunzione giornaliera raccomandata (RDA, Recommended Daily Allowance) di vitamina A (retinolo equivalenti) per la popolazione adulta è di 700 µg per gli uomini e 600 µg per le donne; per la vitamina E invece è di 13 mg per gli uomini e 12 mg per le donne.

 

Produzione e Tecnologia della cicoria

Caratteri botanici della cicoria

La cicoria è una pianta che presenta fiori riuniti in gruppi di 2-3 capolini, terminali o ascellari, e frutti di forma obovata-piramidale che sono acheni, impropriamente detti semi.

 

Le diverse tipologia di cicoria si adattano bene a diversi tipi di clima e terreno, sono resistenti al freddo ma mal sopportano i ristagni d’acqua.

La temperatura adatta alla crescita e allo sviluppo è di 15-20°C, con la temperatura minima attorno ai 5°C.

 

Coltivazione della cicoria

Il periodo della semina e le tecniche utilizzate sono diverse a seconda del tipo di cicoria e del prodotto che si vuole ottenere.

 

La cicoria a foglie verdi o da taglio (ad esempio Spadona, Migliorata) si semina a righe, a strisce o a spaglio, in tutti i mesi dell’anno eccetto i più freddi.

Il terreno deve essere fresco e molto fertile, ben concimato ed irrigato frequentemente.

La crescita delle piantine è rapida, per cui le foglie si possono tagliare più volte (5 o 6) quando sono ancora tenere e destinarle al consumo fresco come insalata.

 

La cicoria a foglie colorate o radicchio (Rosso di Treviso, Rosso di Verona, Sanguigno di Milano, Variegato di Castelfranco, Variegato di Chioggia) si semina o si trapianta in giugno-luglio, a strisce o a righe.

Richiede terreni fertili, freschi e profondi, lavorazioni profonde e numerose cure colturali quali diradamento (se la semina è stata fatta sul posto), sarchiatura, scerbature ripetute, irrigazioni e concimazioni azotate ripetute.

 

La cicoria da foglie e steli (Brindisina, Catalogna, Pan di zucchero, Bianca di Milano) si semina in luglio-agosto per avere la produzione in autunno-inverno, con 7-10 piante a metro quadrato.

 

La cicoria da radici (la cicoria di Bruxelles o belga o Witloof, di Brabante, di Brunswich, di Magdeburgo) si semina a file a 20-30 cm da fine inverno all’estate, diradando in modo da avere 30-50 piante a metro quadrato.

 

 

Produzione della cicoria

La raccolta per la cicoria a foglie colorate avviene in autunno-inverno quando i cespi hanno raggiunto lo sviluppo completo e le piantine possono essere così destinate al consumo oppure sottoposte a forzatura.

La forzatura è una pratica che consiste nel disporre le piantine complete di radice in ambiente caldo-umido, in modo tale che dopo 10-15 giorni ci sarà l’emissione di nuove giovani foglie tenere e colorate del colore tipico della varietà.

 

Per la cicoria da radici del tipo Bruxelles le piante complete di radice vengono estirpate in ottobre-novembre, e lasciate appassire per 8-15 giorni.

In seguito le foglie vengono tagliate e le radici disposte in una trincea o in un cassone, ricoperte di terriccio e da uno strato di paglia.

Le radici si consumano lessate in insalata o si utilizzano per la “forzatura” o come surrogato del caffè.

In questo caso la forzatura può essere accelerata mediante riscaldamento dei cassoni. In tali condizioni le piccole foglie del cuore si sviluppano andando a costituire il tipico “grumolo” bianco, a forma di sigaro.

 

Per la varietà cicoria da foglie e steli si consumano i cespi interi, costituiti dalle foglie e dai giovani germogli (puntarelle).

 

Stagionalità della cicoria

La cicoria si trova sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione della cicoria

Cercate le foglie croccanti e scartate quelle con le punte molto verdi, che sono molto amare. Se la punta è molle e bianchiccia bisogna tagliarla e poi eliminate le foglie che stanno per staccarsi.

A seconda dell’occorrenza, usate le foglie intere, tagliate in due parti o in quattro.

 

La cicoria può essere conservata in frigorifero, nello scompartimento per le verdure, per 4-5 giorni.

Se si vuole conservare in congelatore sarebbe meglio cuocerla prima. In questo caso vi consigliamo di lavarla accuratamente sotto l’acqua corrente, cuocerla al vapore o lessarla per 3 minuti circa. Far raffreddare in acqua e ghiaccio per fermare la cottura, scolare, asciugare e lasciare raffreddare completamente prima di congelarla.

 

Bisogna fare attenzione ai metodi di cottura utilizzati per la cicoria, in quanto i folati sono sensibili al calore e si disperdono in acqua. Occorre, quindi, abituarsi a cuocere le verdure rapidamente e in poca acqua.

 

Le proposte di ricette di FBO con i vari tipi di cicoria



Porro

Porro

 

Famiglia: Liliaceae

Genere: Allium

Specie: Allium porrum L. (sinonimo: Allium ampeloprasum porrum L.)

 

Il porro è un ortaggio da foglia appartenente al genere Allium, lo stesso di cipolla, aglio e scalogno.

È originario del Sud Europa e Nord Africa e la sua coltivazione è diffusa in Europa, America e Asia. In particolare in Italia viene coltivato in tutte le regioni, specialmente al Centro-Nord.

Esistono diverse varietà classificate in base alla lunghezza del “falso fusto” e in base all’epoca di produzione. Si distinguono quindi in cultivar estive, con semina a dicembre-gennaio su letto caldo; cultivar autunnali, con semina in marzo-aprile e cultivar invernali, con semina in maggio-giugno.

Del porro viene utilizzata la parte basale delle foglie.



Arachidi

Arachidi

 

arachidi benefici

Famiglia: Papilionaceae

Genere: Arachis

Specie: Arachis hypogaea L.

 

Storia delle arachidi

L’arachide è conosciuta anche come nocciola o pistacchio di terra o nocciolina americana ed è una pianta oleaginosa originaria del Brasile.

 

Le arachidi sono i semi appartenenti all’ordine delle Leguminosae (o Fabaceae), quindi dal punto di vista botanico sono legumi.

Dal punto di vista nutrizionale invece rientra nella famiglia della frutta a guscio.

 

Il genere Arachis comprende una quarantina di specie diverse; infatti in funzione della zona di origine le specie presentano caratteri morfologici diversi.

L’unica ad essere coltivata è l’Arachis hypogaea L.

 

Le arachidi oggi sono fra i semi da olio più coltivati e i principali produttori sono Cina, India, alcune nazioni africane e gli Stati Uniti.

In Europa questa coltura si trova in alcune aree della Grecia, della Spagna e dell’Italia; in particolare nel nostro Paese le regioni più produttive sono il Veneto e la Campania.

 

Proprietà nutrizionali delle arachidi

tabella con i valori nutrizionali delle arachidi

Valori nutrizionali delle arachidi

Il seme è costituito per il 50% da grassi ed ha un elevato contenuto proteico, mentre la percentuale di carboidrati è minima.

 

Il suo contenuto calorico è alto, ma non sono da ritenersi calorie vuote, anche perché l’arachide è ricca di fibra, vitamine e minerali necessari alla salute.

Tra i minerali spiccano particolarmente il fosforo ed il magnesio.

 

Alimento che negli ultimi anni sta prendendo popolarità anche in Italia è il burro di arachidi, che a differenza di quanto si può pensare, non ha niente a che vedere con il burro.

Si tratta semplicemente delle arachidi frullate che grazie al contenuto di grassi formano una crema spalmabile. Perciò, senza esagerare con le quantità, via libera al burro di arachidi fatto in casa.

Occorre invece prestare attenzione all’etichetta del prodotto industriale, spesso addizionato di oli vegetali e sale.

 

Vi consigliamo inoltre di evitare le arachidi salate, il loro contenuto eccessivo in sale, riduce drasticamente gli effetti positivi per il sistema cardiovascolare.

 

Benefici delle arachidi

La composizione dei grassi è da riferirsi alle tipologie che hanno un impatto positivo sulla salute cardiovascolare, principalmente monoinsaturi, acido oleico, e polinsaturi, prevalentemente omega-6.

 

Il buon contenuto di fibra favorisce il transito intestinale, il controllo della glicemia e, insieme ai già citati acidi grassi monoinsaturi, ha effetto ipocolesterolemizzante.

 

La presenza di fosforo è fondamentale per ossa, denti e cellule mentre il magnesio è utile per la normale funzionalità del tessuto muscolare del cuore, dei muscoli e del sistema nervoso.

 

I benefici per il cuore derivano anche da un aminoacido abbondante nelle proteine di questo alimento, chiamato L-arginina. Nell’organismo viene trasformato in ossido nitrico in grado di fluidificare il sangue e abbassare la pressione arteriosa.

 

Il consumo di arachidi risulta utile in caso di anemia sideropenica, nuetropenia e pancitopenia causate dalle terapie oncologiche.

 

La porzione consigliata, come per tutta la frutta secca in guscio, è di 30 grammi che equivale a 3 cucchiai rasi di arachidi.

 

Produzione e Tecnologia delle arachidi

Caratteri botanici delle arachidi

L’arachide è una pianta cespitosa annuale, ovvero costituita da numerosi steli, foglie o fiori che derivano da un’unica radice o sono strettamente uniti, alta 40-60 cm.

 

I fusti sono lunghi 60-80 cm, a portamento eretto, procombente o strisciante, mentre le foglie sono alterne, paripennate, ovali.

I fiori possono essere maschili (visibili e caduchi) o ermafroditi (nascosti); il loro numero varia in funzione del tipo e dell’ambiente di coltivazione.

 

Il frutto dell’arachide può essere mono o polispermo ed è costituito da un legume indeiscente, ovvero che giunto a maturità non si apre spontaneamente. Ha una forma reticolata, tuberosa, oblunga e presenta alcune strozzature che determinano la formazione di logge in cui sono racchiusi i semi.

Quest’ultimi hanno una forma cilindrica-globosa, sono rivestiti da una sottile pellicola protettiva di colore rossastro e il numero di semi contenuti nel frutto corrisponde al numero delle logge esistenti.

Solitamente sono in numero variabile da uno a quattro, eccezionalmente cinque.

 

Coltivazione delle arachidi

L’arachide predilige un clima caldo e asciutto quindi, per poter crescere, necessita di una temperatura superiore a 16°C durante la germinazione, di 20°C al momento della fioritura e di 18°C durante la maturazione.

 

La richiesta idrica è elevata durante le fasi di germinazione, fioritura, interramento e accrescimento dei frutti, mentre è carente durante la fase di maturazione; l’irrigazione può essere per aspersione o infiltrazione.

 

Predilige terreni sciolti e sabbiosi ed è una specie miglioratrice del terreno: apporta infatti in modo naturale azoto atmosferico al terreno e lo rende disponibile per le colture successive.

Essendo una coltura da rinnovo è necessaria un’aratura profonda e successive lavorazioni del terreno. Inoltre è una coltura sensibile nei confronti delle infestanti, per cui dovranno essere controllate con diserbo chimico o sarchiature.

 

La semina avviene in aprile-maggio, impiegando seme sgusciato ma con il tegumento arancione, a file distanti 60 cm e a 15 cm lungo la fila e il seme si sviluppa e arriva a maturazione sotto terra.

 

Produzione delle arachidi

La raccolta in Italia viene effettuata tra settembre e ottobre, ovvero quando le foglie della pianta di arachidi cominciano a ingiallire, mediante l’utilizzo di macchine che estirpano le piante e le dispongono in andane per la successiva essiccazione.

La resa si aggira intorno ai 20-30 quintali ad ettaro.

 

In commercio le arachidi sono presenti tutto l’anno e in diversi modi: si trovano arachidi con il guscio, arachidi sgusciate spellate e salate o arachidi tostate, largamente utilizzate nell’industria dolciaria.

Dall’arachide inoltre vengono ottenuti diversi derivati molto impiegati come la farina, il burro, l’olio e la granella di arachidi.

 

Stagionalità delle arachidi

Le arachidi si trovano sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione delle arachidi

Vi consigliamo di scegliere arachidi croccanti, con baccelli legnosi integri.

 

Le arachidi fresche devono essere conservate a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto, mentre quelle tostate devono essere conservate in un contenitore a chiusura ermetica.

 

La durata di conservazione delle arachidi è di circa un anno. Se conservi il prodotto senza gusci, in una stanza fresca e buia, rimarranno fresche per sei mesi.



Castagna

Castagna

 

tipi di castagna

Famiglia: Fagaceae

Genere: Castanea

Specie: Castanea vulgaris o sativa

 

Storia della castagna

Le castagne sono i frutti del castagno, albero originario dell’Europa meridionale, Nord Africa e Asia occidentale, che è presente anche sulle coste atlantiche del Marocco, sulle rive del mar Caspio e nel sud dell’Inghilterra.

 

Le regioni in Italia in cui si trovano importanti castagneti sono la Campania, la Sicilia, il Lazio, il Piemonte e la Toscana.

 

Tipi di castagna

Il genere Castanea comprende diverse specie: Castanea vulgaris o sativa diffusa in Europa, Castanea dentata in Nord America, Castanea mollissima in Cina e Castanea crenata in Giappone, che risulta resistente al mal dell’inchiostro e al cancro della corteccia.

 

Riconoscimenti IGP e DOP delle castagne

In Italia sono presenti diversi Riconoscimenti IGP (Indicazione Geografica Protetta).

 

La “Castagna del Monte Amiata IGP” ha ottenuto il riconoscimento con il Regolamento CE 1904/00 e la zona di produzione comprende dei comuni toscani della provincia di Grosseto e Siena nella fascia compresa tra i 350 e i 1000 m.s.l.m., in terreni derivanti in massima parte da rocce vulcaniche e arenacee, a prevalente o abbondante componente silicea. Il riconoscimento IGP designa le castagne riferibili alle varietà correntemente conosciute come Marrone, Bastarda Rossa, Cecio.

 

La “Castagna di Cuneo IGP” viene prodotta in 110 Comuni della Provincia di Cuneo e rientrano le seguenti varietà di castagne, riferite alla specie “Castanea Sativa“: Ciapastra, Tenpuriva, Bracalla, Contessa, Pugnante, Sarvai d’Oca, Sarvai di Gurg, Sarvaschina, Siria, Rubiera, Marrubia, Gentile, Verdesca, Castagna della Madonna, Frattona, Gabbana, Rossastra, Crou, Garrone Rosso, Garrone Nero, Marrone di Chiusa Pesio, Spina Lunga. Attualmente il disciplinare prevede che i castagneti siano situati in posizioni soleggiate e riparati dal vento, con il periodo di raccolta che inizia a settembre e termina a novembre.

 

La “Castagna di Montella IGP” è coltivata nell’area del Terminio-Cervialto e limitata in particolare ai territori dei comuni di Montella, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, Nusco, Volturara Irpina e Montemarano (contrada Bolifano). L’Indicazione geografica protetta “Castagna di Montella” è riferita alle castagne prodotte per il 90% dalla varietà Palummina e per il restante 10% dalla varietà Verdole.

 

La “Castagna di Serino/Marrone di Serino IGP” è presente in alcuni comuni della provincia di Salerno e di Avellino e la varietà utilizzata è la “Montemarano” detta anche “Santimango” o “Santomango” o “Marrone di Avellino” o “Marrone avellinese” e la varietà “Verdola” o “Verdole” autoctone dell’areale di produzione.

 

È stata riconosciuta anche una DOP (Denominazione di Origine Protetta) alla “Castagna di Vallerano DOP” che viene prodotta nel territorio del comune di Vallerano in provincia di Viterbo.

 

In commercio si trovano sia le castagne che la farina di castagne.

 

Proprietà nutrizionali della castagna

tabella con i valori nutrizionali delle castagne e della farina di castagne
Tabella con i valori nutrizionali delle castagne e della farina di castagne

Valori nutrizionali delle castagne

Le castagne si differenziano dalle altre tipologie di frutta a guscio. Presentano infatti una percentuale minima di lipidi ed una alta di carboidrati, di cui la maggior parte sotto forma di amido.

 

Presentano anche un buon apporto di fibra; a livello di micronutrienti troviamo il potassio e buono è anche il contenuto di magnesio.

 

Le castagne sono inoltre una fonte di acido oleico, lo stesso acido grasso monoinsaturo cui sono imputabili diversi benefici per la salute associati al consumo di olio d’oliva.

 

Benefici delle castagne

La fibra è utile a mantenere nella norma i livelli di colesterolo nel sangue ed a conferire alla castagna un buon potere saziante, che la rende adatta ad essere consumata anche come spuntino.

Il potassio presente è utile a mantenere sotto controllo la pressione arteriosa, contrastando l’azione ipertensiva del sodio.

L’acido oleico è un acido grasso monoinsaturo (C 18:1) in grado di abbassare i livelli del complesso lipoproteico che trasporta il colesterolo dal sangue alle cellule, detto comunemente colesterolo cattivo (LDL).

 

Al contrario, rispetto ad altra frutta a guscio, questi frutti sono meno ricchi in ossalato, molecola che può favorire la formazione di calcoli renali.

 

La farina di castagne, inoltre, è priva di glutine, quindi i dolci o le preparazioni che la contengono possono essere consumati anche da persone celiache.

 

La porzione consigliata è di 30 grammi, che corrisponde a circa 5-6 castagne.

 

Produzione e Tecnologia della castagna

Caratteri botanici del castagno

Il castagno europeo (Castanea vulgaris o sativa) è una pianta longeva, alta fino a 25 metri, con chioma espansa e molto ramificata. Le foglie sono caduche di forma ellittico-allungata a margine seghettato, quasi coriacee, di colore verde intenso e lucide, più chiare nella parte inferiore.

 

Le infiorescenze maschili sono rappresentate da spighe lunghe 10-20 cm di color giallo-verdastro; quelle femminili sono costituite da fiori singoli o riuniti a gruppi di 2-3 posti alla base delle infiorescenze maschili.

 

La fioritura avviene in piena estate e il frutto è rappresentato da una noce detta castagna, interamente rivestita da una cupola spinosa, detta riccio.

 

Coltivazione delle castagne

Il castagno richiede terreni profondi, leggeri, permeabili, ricchi di elementi nutritivi, con pH tendenzialmente acido, con poco o privi di calcare.

È una pianta eliofila, ama i climi temperati, pur sopportando freddi invernali anche molto intensi.

 

La tecnica colturale più adatta è il vaso piuttosto libero, molto vicino alla forma naturale, ottenuto con un’impalcatura piuttosto alta (120-150 cm) e successivamente una ridottissima potatura, per evitare i rischi di infezione che ogni taglio comporta.

In queste forme a vaso alla fine del 4° anno le piante sono in genere ben formate per cui, negli anni successivi, la potatura si potrà limitare a sfoltimenti per permettere la penetrazione della luce, l’eliminazione dei rami secchi, rotti e deperiti, e a tagli di rinvigorimento a seconda dello sviluppo raggiunto dalla pianta.

 

Produzione delle castagne

La raccolta avviene in modo scalare, come la maturazione, mediante la raccattatura o una leggera bacchiatura.

La produzione può variare dai 10 q.li/ha nei castagneti delle zone marginali ai 40-50 q.li/ha in quelli intensivi.

 

Una volta raccolto il prodotto dovrà subire diversi trattamenti di conservazione.

La conservazione può essere effettuata mediante cure in acqua fredda («cura a freddo») in appositi contenitori situati in idonei ambienti per alcuni giorni senza aggiunta di alcun additivo, o mediante sterilizzazione con bagno in acqua calda e successivo bagno in acqua fredda («cura a caldo»), sempre senza aggiunta di nessun additivo.

 

Nella “cura a freddo” le castagne curate, ancora umide, vengono ammucchiate e dopo un breve periodo vengono distese al suolo e selezionate per eliminare i frutti ammuffiti. Quindi vengono stese per l’asciugatura in strati non superiore a 20 cm di spessore. Questa tecnica permette, in condizioni idonee, una buona conservazione dei frutti per almeno tre-quattro mesi.

 

Nella “cura a caldo” il prodotto viene scaricato in una tramoggia e caricato, attraverso un nastro elevatore, in una vasca.
All’interno della vasca i frutti, in continuo movimento, vengono a contatto con acqua calda (temperatura controllata 47°-55°C) per un tempo di 35-40 minuti; dopo il lavaggio le castagne cadono in una vasca di raffreddamento in cui stazionano per circa 15-30 minuti, subendo contemporaneamente un’azione di schiumatura automatica per eliminare i frutti difettosi che vengono a galla e sono separati da un’apposita attrezzatura.

Un nastro trasportatore raccoglie le castagne rimaste e le convoglia immediatamente alla fase di sgocciolatura ed asciugatura per ventilazione forzata. Successivamente si ha la fase di spazzolatura, cernita, calibratura e confezionamento.

 

Le castagne possono essere destinate alla trasformazione industriale (marrons glaces, marmellate di castagne, farine e frutti secchi) o al consumo fresco.

 

Stagionalità della castagna

In Italia le castagne si trovano in commercio da ottobre a dicembre.

 

Preparazione e Conservazione della castagna

Le castagne appena acquistate, e ancor più quelle appena raccolte, richiedono una piccola selezione all’ingresso, per scartare i frutti che già a prima vista risultano essere poco freschi o non integri.

Il passo successivo è immergere le castagne in acqua e lasciarle in ammollo dai 4 ai 9 giorni, cambiando l’acqua quotidianamente ed eliminando quelle che galleggiano, indizio di aria al loro interno.

 

Questa operazione preliminare è utile quando si intende conservare le castagne crude, per evitare sorprese a distanza di mesi e limitare gli scarti al momento del consumo. Le castagne che superano la prova dell’ammollo vengono asciugate con cura e poi si può scegliere se conservarle in frigorifero oppure in freezer.

 

Sia le castagne lessate che le castagne arrosto possono essere conservate in freezer, già sbucciate, per circa 6 mesi.

 

Metodi di cottura

Per lessare le castagne, dopo avere sciacquate, immergerle in una pentola piena d’acqua, accendere il fuoco e portare a ebollizione. Per i tempi di cottura è necessario regolarsi in base alle dimensioni dei frutti. In media serviranno circa 40-50 minuti di bollore. I marroni, di dimensioni maggiori, potrebbero richiedere più tempo.

 

Mentre per arrostirle, oltre che con l’apposita padella forata per caldarroste, le castagne possono essere cotte in forno. In entrambi i casi è necessario prima inciderle una ad una con un taglio orizzontale sulla buccia.

 

Un’altra soluzione per conservarle è utilizzare un essiccatore per frutta e verdura. Le castagne disidratate si conservano fino a 12 mesi in un luogo fresco e asciutto all’interno di contenitori con tappo ermetico.

 

Come avviene per tutti gli alimenti fonte di amido, i metodi di cottura e lavorazione ne modificano la struttura chimica, e questo ha un effetto differente sui livelli di glucosio nel sangue.

Le castagne bollite, quindi, hanno un impatto maggiore sui livelli di glicemia dopo il consumo, seguite da quelle arrostite e, per ultime, dalle castagne secche, alimento tipico della tradizione orientale ma diffuso ampiamente anche in Italia.

 

I dolci o le preparazioni contenenti la farina di castagne possono essere consumati anche da persone celiache.

 

Le proposte di ricette di FBO con le castagne



Barbabietola rossa

Barbabietola rossa

 

barbabietola rossa stagionalità

Famiglia: Chenopodiaceae

Genere: Beta

Specie: Beta vulgaris L. var. cruenta L. Salisb.

 

Storia della Barbabietola rossa

La barbabietola rossa, o bietola da orto, è un ortaggio da radice appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae, da non confondere con la barbabietola bianca (Beta vulgaris L. var. saccharifera L.) utilizzata per la produzione dello zucchero.

 

È originaria del bacino del Mediterraneo ed è diffusa in tutta Italia, specialmente nelle regioni del Nord.

 

Varietà di barbabietola

Ne esistono diverse varietà e le cultivar vengono classificate in base alla forma della radice ed alla precocità del ciclo colturale (precoci, medio-precoci, medio-tardive).

 

Sul mercato è presente sia per il consumo fresco che per l’industria in cui viene inscatolata o confezionata in contenitori di plastica sottovuoto.

 

Proprietà nutrizionali della barbabietola rossa

tabella con i valori nutrizionali della barbabietola rossa

Valori nutrizionali delle barbabietole rosse

Le barbabietole presentano molta acqua, poche calorie ed un buon quantitativo di fibra alimentare, caratteristiche che le rendono depurative e digestive.

 

Per quanto riguarda i micronutrienti spicca il contenuto in potassio, ferro, manganese e di folati.

 

Benefici delle barbabietole rosse

Grazie all’elevato contenuto di sali minerali, le barbabietole sono considerate rimineralizzanti e ricostituenti.

 

Infatti, come citato precedentemente, i micronutrienti maggiormente contenuti sono: il manganese; il potassio che regola il contenuto ed il flusso di acqua dentro e fuori dalle cellule ed è fondamentale per la normale funzione del cuore, dei muscoli e del sistema nervoso.

Ricordiamo anche il ferro che viene utilizzato per la costituzione dei globuli rossi.

 

Le barbabietole inoltre sono ricche di folati che hanno un ruolo fondamentale nella crescita e nella riproduzione delle cellule, in particolare dei globuli rossi, per la formazione del sistema nervoso centrale nell’embrione e nel feto.

 

A livello di molecole è opportuno citare le betalaine.

Diversi studi hanno fatto emergere come queste molecole, assieme ad altri composti fenolici, possano esercitare effetti protettivi nei confronti delle malattie cardiovascolari, riducendo l’effetto ossidativo dei radicali liberi sui lipidi e riducendo la pressione sanguigna.

In questo caso uno studio che ha valutato diverse tecniche di preparazione del vegetale conclude che la cottura sembra non ridurre il contenuto di queste sostanze.

 

Vi consigliamo, per beneficiare di queste vitamine, di consumarle crude, magari tagliate molto sottili, o previa rapida cottura per evitarne la distruzione al calore o la perdita in acqua.

 

Inoltre alcuni composti chimici presenti nell’ortaggio sembrano essere in grado di rivitalizzare i globuli rossi. Per questo motivo il consumo di barbabietole è raccomandato nei soggetti anemici.

 

La porzione consigliata è di 200 grammi, che corrisponde a circa una barbabietola.

Consumare solo una porzione di questo ortaggio permette di soddisfare un quinto dell’apporto raccomandato di fibra che, per la popolazione adulta, è di 25 grammi.

 

Interazioni delle barbabietole rosse

Il consumo di questo alimento è sconsigliato sia per i soggetti con problemi renali, data la quantità di sali minerali e ossalati che contengono, che per chi soffre di acidità di stomaco, perché stimola la produzione di succhi gastrici.

 

Produzione e Tecnologia della barbabietola rossa

Caratteri botanici delle barbabietole rosse

La barbabietola rossa (o bietola da orto) è una pianta erbacea biennale, che diventa annuale in coltura.

 

Si differenzia dalla bietola da coste per la dimensione della radice, può infatti raggiungere 12 cm di diametro, e per la forma delle foglie poiché provviste di un lungo picciolo.

 

Il lembo è liscio, spatoliforme, di colore verde o verde sfumato di rosso. La radice è carnosa e può essere globosa, rotonda, appiattita o cilindrica; esternamente è di colore rosso, la polpa invece può variare da rosa a rosso a rosso-violaceo.

La radice ingrossata prosegue con una radichetta sottile che non raggiunge grandi profondità.

Le caratteristiche biologiche e riproduttive sono simili a quelle della bietola da coste.

 

Coltivazione delle barbabietole rosse

La sua coltivazione richiede zone a clima temperato umido; presenta una buona resistenza al freddo ma a temperature inferiori a 5°C la sua crescita si interrompe.

Si adatta a tutti i tipi di terreno, anche se preferisce quelli profondi, freschi, ben drenati e dotati di sostanza organica, con pH neutro o subalcalino; tollera bene elevati gradi di salinità.

Anche la siccità e gli stress idrici determinano un arresto della crescita delle radici e il loro indurimento.

 

È una coltura sarchiata con semina scalare da marzo a ottobre.

L’impianto può essere fatto per semina diretta o trapianto delle piantine, anche se quest’ultimo metodo viene utilizzato solo negli orti familiari per il pericolo di ottenere radici deformi o biforcate.

 

I semi vengono distribuiti a spaglio (se si tratta di singole aiuole) o meccanicamente, in file distanti 30-40 cm a una profondità di 1-2 cm. La densità è di circa 15-20 cm se si vogliono ottenere radici di grosse dimensioni. Ad ettaro si impiegano circa 10 kg di semente.

 

Produzione delle barbabietole rosse

La raccolta si effettua dopo 60-90 giorni dalla semina, nel periodo compreso tra agosto e febbraio, in relazione alla precocità della cultivar e delle condizioni climatiche.

La qualità migliore si ottiene con radici che hanno raggiunto un minimo di 5-8 cm di diametro.

 

Le piante, una volta raccolte, vengono ripulite dalle foglie più vecchie, lavate e riunite in mazzetti da 3-6.

La produzione può raggiungere e superare i 400 quintali ad ettaro in buone condizioni colturali e le radici, private delle foglie, possono essere conservate in frigo (a 0°C e 95% di umidità relativa) per circa 2 mesi.

 

Stagionalità della barbabietola rossa

La barbabietola rossa si trova sul mercato da agosto a febbraio.

 

Preparazione e Conservazione della barbabietola rossa

La barbabietola fresca ha ancora foglie e radici e può essere conservata in frigorifero o in un luogo fresco e umido per un massimo di 4 settimane.

 

Vi consigliamo di scegliere le barbabietole rosse e giovani che siano tenere, ma non morbide. Una volta pulita e sbollentata, la rapa rossa può essere conservata in freezer dai 6 agli 8 mesi.

 

Dalla spremitura delle barbabietole rosse (in particolare dalla varietà rubra) si ottiene un colorante costituito da differenti pigmenti, tutti appartenenti alla classe delle betalaine, che può essere utilizzato come additivo alimentare e deve essere indicato in etichetta con la sigla E162.

 

Le proposte di ricette di FBO con la barbabietola rossa



Ciliegie

Ciliegie

 

tipi di ciliegie

Famiglia: Rosaceae

Genere: Prunus

Specie: Prunus avium

 

Storia del ciliegio

Le ciliegie sono il frutto del ciliegio dolce (Prunus avium L.), un albero originario dell’Est Europa e dell’Asia minore, molto diffuso in Italia e dal portamento assurgente.

 

Esiste anche il ciliegio acido (Prunus cerasus L.), che è un albero con un elevato bisogno di freddo, diffuso nel Nord Italia e nell’Europa centro settentrionale, dal portamento più cespuglioso e pollonifero.

I suoi frutti sono amarene, marasche e visciole, che sono drupe simili a quelle del ciliegio dolce ma dal sapore più acidulo, talvolta quasi amaro.

 

Altra specie è il magaleppo o ciliegio di S. Lucia (Prunus mahaleb), la cui origine è collocata tra il Mar Nero e il Mar Caspio.

È caratterizzato da frutti piccoli, non eduli, gialli o rossi, talvolta molto scuri.

La varietà dolce è prodotta in Europa e USA, mentre la varietà acida è prodotta principalmente negli Stati Uniti. In Italia si trova soprattutto in Campania, Puglia, Veneto, Emilia-Romagna.

 

Tipi di ciliegie

Le cultivar di ciliegio si dividono in:

 

  • duracine, che produce duroni con polpa soda, in genere più facili da snocciolare e adatti al congelamento,
  • tenerine, dalla polpa tenera

 

A seconda della varietà e della cultivar, la polpa della ciliegia coltivata può essere chiara o scura e la colorazione può variare dal giallo chiaro screziato di rosso (ad esempio Graffione bianco del Piemonte) al rosso scuro quasi nero (ad esempio durone nero di Vignola).

 

La ciliegia dolce viene utilizzata sia per il consumo fresco sia per la trasformazione industriale mentre amarene, marasche e visciole sono utilizzate soprattutto per la trasformazione industriale.

 

Esistono anche dei Riconoscimenti DOP e IGP.

 

I Riconoscimenti DOP e IGP della ciliegia

 

  • La “Ciliegia di Marostica IGP” (Riconoscimento ottenuto nel 2012) presenta forma cuoriforme, peduncolo e ha un calibro compreso tra i 21 e i 30 mm.
    La buccia e la polpa sono mediamente sode, di colore variabile dal rosa al rosso scuro. È succosa, dal gusto pieno, dolce e molto gradevole.
    Viene prodotta nella Provincia di Vicenza nei comuni di Salcedo, Fara Vicentino, Breganze, Mason, Molvena; Pianezze, Marostica, Bassano, limitatamente al territorio che si estende alla destra orografica del fiume Brenta ed infine in parte del territorio del comune di Schiavon.

 

  • La “Ciliegia di Vignola IGP” ha una polpa consistente e croccante (ad esclusione della Mora di Vignola). La buccia è lucente di colore giallo e rosso brillante per la varietà Durone della Marca; dal rosso brillante al rosso scuro per tutte le altre varietà. Il sapore è dolce e fruttato.
    La zona di produzione è nella fascia formata dal tratto pedemontano del fiume Panaro e altri corsi d’acqua minori, dai 30 metri s.l.m. fino alla quota di 950 metri e comprende il territorio di diversi Comuni delle Province di Modena e Bologna.

 

  • La “Ciliegia dell’Etna DOP” (Riconoscimento ottenuto nel 2011) ha una pezzatura medio-grossa, croccante all’esterno, con una polpa compatta e un peduncolo lungo.
    Il colore rosso brillante è dovuto al luogo in cui viene coltivata, infatti il suolo di origine vulcanica e le notevoli escursioni termiche ne determinano la colorazione tipica.
    Il frutto possiede un buon tenore zuccherino e la presenza di una bassa acidità, caratteristica distintiva rispetto alle altre varietà, permette di conferire un sapore gradevole ed equilibrato senza percepire la sensazione stucchevole tipica dei prodotti ad elevata concentrazione zuccherina.
    Un’ altra particolarità riguarda i tempi di maturazione, ovvero più ampi rispetto ad altre ciliegie perché proporzionati al progressivo innalzamento rispetto al livello del mare (fino ad altitudini di 1 600 metri) dei terreni di coltivazione della zona del vulcano Etna.
    La zona di produzione si estende dal mare Ionio fino ad altitudini di 1 600 metri s.l.m. sui versanti Est e Sud-Est dell’Etna e comprende diversi comuni in provincia di Catania.

 

Proprietà nutrizionali delle ciliegie

tabella con i valori nutrizionali delle ciliegie

Valori nutrizionali delle ciliegie

Le ciliegie apportano acqua, zuccheri e fibra alimentare, mentre sono povere di proteine e grassi.

 

Per quanto riguarda i micronutrienti, tra i minerali spiccano potassio, fosforo e magnesio, mentre tra le vitamine, la vitamina C.

Buona è anche la percentuale di melatonina, un ormone prodotto principalmente dall’ipofisi o dalla ghiandola pineale che regola il ciclo “sonno-veglia”.

 

Le ciliegie sono un concentrato di antocianine, responsabili anche della loro colorazione. Numerosi studi hanno approfondito il ruolo di questi composti per la salute e i risultati sembrano dire che una dieta ricca di antocianine sia utile in particolar modo per la prevenzione cardiovascolare.

 

Non solo le antocianine, ma anche altri composti fenolici, principalmente derivati dagli acidi idrossicinnamici, sembrano mostrare un ruolo anti-proliferativo nei confronti di cellule tumorali. Tali risultati derivano da studi di laboratorio, servono conferme, intanto si possono aggiungere alla lista di buoni motivi per incoraggiare il consumo di ciliegie.

 

Benefici delle ciliegie

La fibra presente è della tipologia solubile, per questo le ciliegie sono un ottimo alimento utile per promuovere la salute dell’intestino, in quanto i microrganismi presenti in quest’ultimo sono in grado di nutrirsene, producendo composti con attività antiinfiammatorie ed antitumorali.

 

La vitamina C, o acido ascorbico, contribuisce a rafforzare il sistema immunitario, è uno dei più importanti antiossidanti, favorisce l’assorbimento intestinale del ferro e del cromo, favorisce la cicatrizzazione delle ferite e protegge i capillari.

 

La melatonina invece, oltrepassando la barriera ematoencefalica, sembra poter esercitare un effetto lenitivo sul sistema nervoso e aiutare a combattere problemi come il mal di testa e l’insonnia.

 

Infine le antocianine, molecole appartenenti alla famiglia dei flavonoidi, in grado di svolgere ruoli protettivi per la salute: sono in grado di abbassare la pressione, aumentare l’elasticità dei vasi sanguigni e diminuire gli stati infiammatori.

 

La porzione consigliata è di 150 grammi, che corrisponde a circa 20 ciliegie.

 

Produzione e Tecnologia delle ciliegie

Caratteri botanici del ciliegio

Il ciliegio dolce (Prunus avium L.) è un albero che raggiunge più di dieci metri di altezza, originario dell’Asia minore e molto diffuso in Italia.

Presenta rami a legno e rami a frutto.

Il frutto è la ciliegia che dal punto di vista botanico è una drupa con polpa tenera e dolce.

 

Coltivazione del ciliegio

Per quanto riguarda la coltivazione ha un elevato fabbisogno in caso di freddo ed è molto sensibile ai ristagni idrici. La pioggia porta a spaccature del frutto oltre ad essere vettore di Monilia; inoltre una siccità prolungata danneggia la formazione dei fiori. È in aumento la fertirrigazione.

 

La potatura mira a contenere lo sviluppo vegetativo rivolto verso l’alto, a rinnovare le formazioni fruttifere che hanno già prodotto e a portare luce nella chioma.

 

La propagazione avviene principalmente per talea mentre da seme e propaggine si ottengono portinnesti.

 

Produzione delle ciliegie

A seconda del tipo di raccolta si utilizzano tipologie di coltivazione differenti.

 

Con la raccolta meccanica si utilizzano vaso o monocono;

con la raccolta manuale vi sono forme a parete come la palmetta con densità bassa, oppure bandiera, ventaglio semplificato,

mentre per le forme in parete c’è il vaso a tre branche.

Oggi si tende a creare impianti ad alta densità, tra 800-1.000 piante/ha utilizzando ad esempio un vasetto basso.

 

La raccolta delle ciliegie avviene tra maggio e luglio in base al colore della buccia e del residuo secco rifrattometrico.

Queste devono essere raccolte a maturazione completa in quanto una volta staccate dall’albero la maturazione si ferma.

Il rendimento è maggiore effettuando la raccolta meccanica a discapito della qualità; solitamente si ottengono rese di 10 t/ha.

 

Una volta raccolte le ciliegie devono essere sottoposte a cernita per eliminare i frutti di scarto e con pezzatura insufficiente.

 

Fino al momento della consegna per la commercializzazione i frutti devono essere mantenuti in luoghi freschi e ombreggiati per evitare perdite di qualità e conservabilità.

 

Per l’immissione al commercio le ciliegie devono essere confezionate in apposito contenitore di legno, plastica, cartone o altro materiale idoneo al massimo di 10 kg di prodotto.

 

Il periodo di conservazione è limitato nel tempo e, nel caso in cui non vengano commercializzate entro 48 ore dalla raccolta, i frutti devono essere sottoposti a raffreddamento anche con la tecnica dell’idrocooling.

 

Stagionalità delle ciliegie

Le ciliegie si trovano in commercio da maggio a luglio.

 

Preparazione e Conservazione delle ciliegie

Quando scegliete le ciliegie fate attenzione ai dettagli seguendo alcuni criteri: evitate i frutti che presentano ammaccature, buchi, tagli provocati da intemperie o parassiti.

La cosa migliore, per essere sicuri che le ciliegie siano davvero buone, è quella di assaggiarle: evitate quelle troppo acerbe che quindi sapranno di poco o le ciliegie sovra mature che avranno un sapore eccessivamente dolce e un leggero gusto fermentato.

 

Una volta acquistate, le ciliegie vanno conservate in frigorifero, meglio se all’interno di un sacchetto di carta o in un cestino così che l’aria abbia modo di circolare e si eviti la formazione di muffe.

Lavatele solo poco prima di gustarle e cercate di consumarle entro 3 o 4 giorni dall’acquisto.



Polpo

Polpo

 

Famiglia: Octopodidae

Genere: Octopus

Specie: Octopus vulgaris

 

Il polpo (Octopus vulgaris) è un mollusco cefalopode che si caratterizza per avere piede e testa uniti e per la presenza di estensioni (fa parte appunto della famiglia degli Octopodidae). Gli ottopodi infatti sono cefalopodi senza conchiglia interna con otto braccia cefaliche.

È una specie presente in tutti i mari e oceani del mondo, prediligendo le acque calde temperate.

Il polpo viene commercializzato fresco o congelato.



Fagiolini

Fagiolini

 

Famiglia: Fabaceae

Genere: Phaseolus

Specie: Phaseolus vulgaris

 

I fagiolini sono i baccelli non maturi della specie Phaseolus vulgaris e sono conosciuti anche come cornetti.

La zona di produzione è l’area Mediterranea, dall’Italia alle coste del nord Africa; i fagiolini da consumo fresco infatti per crescere necessitano di temperature calde, tra i 18 e i 26°C.

Esistono diverse varietà di fagiolini che differiscono nella forma e nel colore; in Italia vengono coltivate soprattutto due varietà di fagiolini, che vengono raccolte nel periodo estivo.

Le varietà coltivate hanno un baccello dalla consistenza croccante e sono prive di filo; i fagiolini più comuni presentano un baccello di colore verde e la forma allungata, più o meno sottile, mentre altre varietà locali poco diffuse hanno baccelli anche di colore giallo o violaceo.

In commercio i fagiolini si trovano freschi o in scatola.



Totani

Totani

 

Famiglia: Ommastrephidae

Genere: Todarodes

Specie: Todarodes sagittatus

 

Il totano (Todarodes sagittatus) è un cefalopode che appartiene alla famiglia dei molluschi, come il calamaro e la seppia. È una specie che vive sui fondali sabbiosi nelle acque dell’Oceano Atlantico, del Mare del Nord e del Mar Mediterraneo.

Viene spesso confuso con il calamaro (Loligo vulgaris) da cui si distingue per forma e dimensione delle pinnette o ali, per la presenza di un paio di “uncini” sui tentacoli, per il colore e per le dimensioni molto più grandi.

Le carni del totano sono tenere e squisite e viene commercializzato fresco o congelato.



Indivia

Indivia

 

Famiglia: Compositae

Genere: Cichorium

Specie: Cichorium endivia L.

 

L’indivia (Cichorium endivia L.) è un ortaggio originario del bacino del Mediterraneo del genere Cichorium, a cui appartiene anche la cicoria, e comprende diverse sottospecie: l’indivia scarola (Cichorium endivia latifolium), l’indivia ricciuta (Cichorium endivia crispum) e l’indivia belga.

L’indivia scarola è la più importante delle indivie sia per qualità che per diffusione ed è coltivata per le produzioni autunno-invernali. Il cespo a rosetta è formato da foglie allungate di colore verde chiaro o scuro, con margine intero o dentato e nervatura marcata di colore bianco. Ha un sapore leggermente amarognolo e una discreta croccantezza. È diffusa soprattutto nel centro-sud Italia e ne esistono diverse varietà, tra cui: la Bubikopf, la Bionda a cuore pieno, la Cornetto di Bordeaux, la Dilusia, la Full Heart, la Gigante degli ortolani e la Verde Fiorentina.

L’indivia ricciuta è un’insalata di tipo invernale con foglie di colore bianco-giallo e verdi, lembi sfrangiati ed arricciati e i cespi non formano un grumolo. Rispetto alla scarola la riccia ha un sapore più amarognolo ed è molto croccante. Le varietà si distinguono in precoci e tardive e le più diffuse sono: la Mantovana, la Riccia d’Italia, la Riccia fine d’estate, la Riccia romanesca, la Riccia a cuore d’oro, la Riccia grossa di Pancalieri, la Ruffec, la Riccia d’inverno.

L’indivia belga è un ortaggio originario del Belgio e viene anche chiamata Cicoria witloof, che in olandese significa “a foglia larga”. Ha un tipico sapore amarognolo e le foglie si presentano sode e croccanti, piuttosto affusolate, di colore bianco chiaro con le punte tendenti al verde.

L’indivia, insieme alla lattuga, costituisce il gruppo di da foglie per consumo crudo in insalata; l’indivia può essere consumata anche lessa.



Gamberi

Gamberi

 

Il termine generico “gambero” identifica diverse specie di crostacei, sia marine che d’acqua dolce, appartenenti a differenti ordini (prevalentemente all’ordine dei Decapodi).

Tra essi è presente il gambero d’acqua dolce (Austropotamobius pallipes italicus), piccolo crostaceo appartenente alla famiglia degli Astacidi, che si trova nell’Europa occidentale, dal Portogallo alla Svizzera e alla Dalmazia e dall’Inghilterra alla Francia fino alla Liguria.

Tra i gamberi d’acqua salata fa parte il gamberetto (Palaemon serratus), specie presente nel Mar Mediterraneo su fondali rocciosi e ricchi di alghe fino a circa 15 metri di profondità. Un’altra specie che si trova nel Mediterraneo ed è autoctona della zona è la mazzancolla (Penaeus kerathurus Forskäl).

Una specie simile nella pigmentazione alla mazzancolla è il gamberone giapponese (Penaeus japonicus), noto anche col nome di “mazzancolla imperiale” o “mazzancolla giapponese”; è allevato in Giappone, Corea del Nord e Taiwan e, tra i Peneidi, è il più allevato nell’area del Mediterraneo (Spagna, Italia, Francia, Portogallo, Grecia, Albania, Turchia ed Egitto). Grazie alla capacità di sopravvivere per tempi lunghi fuori dall’acqua, la resistenza alle basse temperature (< 5°C) ed allo stress consente agli esemplari adulti di questa specie di sopravvivere al freddo invernale ed ai vari stress di pesca permettendogli di giungere vivo sui banchi di pesca e di essere facilmente esportabile.

Esiste anche il gambero tigre gigante (Penaeus monodon Fabricius), nome che deriva dalle notevoli dimensioni raggiunte (36 cm) e per le bande verticali che percorrono i segmenti addominali. Questa specie non è presente nel Mediterraneo ed è originaria dell’Oceano Indiano e dell’Oceano Pacifico sud occidentale, con estensione dal Giappone all’Australia; è largamente prodotto in quasi tutti i paesi asiatici e sono state condotte delle prove di allevamento intensivo ed estensivo in Italia nell’Adriatico del Nord.



Ostriche

Ostriche

 

Famiglia: Ostreidae

Genere: Ostrea

Specie: Ostrea edulis L.

 

L’ostrica piatta (Ostrea edulis L.) è un mollusco bivalve, vive attaccata alle rocce ed è la specie più diffusa e coltivata nel Mediterraneo.

Esistono diverse specie di ostrica; l’ostrica piatta (Ostrea edulis L.) è presente in tutti i mari d’Europa, nel Mar Nero e nell’ Atlantico orientale, dalla Norvegia fino al Marocco, si distingue facilmente dalle altre ostriche presenti sul mercato per la forma tondeggiante delle valve. L’ostrica portoghese (Crassostrea angulata Lamarck) e l’ostrica giapponese o del Pacifico (Crassostrea gigas Thunberg), entrambe conosciute con il nome di ostrica concava, hanno invece le valve a forma di ovale allungato. Inoltre alcune specie di ostriche producono pregiate perle.



Vongole

Vongole

 

Famiglia: Veneridae

Genere: Ruditapes

Specie: Ruditapes spp.

 

La vongola è un mollusco bivalvo appartenente alla famiglia dei Veneridae. È quindi dotata di due conchiglie ovoidali-triangolari ellittiche combacianti tra loro dalla colorazione variabile (bianco, grigio o marrone).

Esistono diverse specie di vongola. La vongola verace nostrana (Ruditapes decussatus) è una specie difficile da allevare e, per questo motivo, poco diffusa. Al suo posto si trova la vongola filippina (Ruditapes philippinarum o Ruditapes semidecussatus), specie originaria del Pacifico, molto coltivata nelle lagune dell’Alto Adriatico dove ha trovato un habitat ottimale per la riproduzione.



Datteri

Datteri

 

Famiglia: Arecaceae (Palmae)

Genere: Phoenix

Specie: Phoenix dactylifera L.

 

I datteri sono i frutti della palma da dattero (Phoenix dactylifera L.), specie originaria del Nordafrica. Le palme da dattero vengono coltivate nelle aree a clima caldo di tutti i continenti; le possiamo trovare infatti in Nordafrica, in Arabia, nel Golfo Persico, dove forma la caratteristica vegetazione delle oasi, nelle Canarie, nel Mediterraneo settentrionale e nella parte meridionale degli Stati Uniti. È presente anche in Italia dove viene impiegata anche come pianta ornamentale.

Tra le varietà più coltivate ricordiamo: Majhool, Deglet noor, Ameri, Deri, Halawi e Zahidi, Berhi e Hiann.



Melone

Melone

 

Famiglia: Cucurbitaceae

Genere: Cucumis

Specie: Cucumis melo L.

 

Il melone è un frutto rotondeggiante, dolce e profumato originario dell’Africa che ad oggi è diffuso in tutto il mondo. Attualmente i principali produttori di meloni sono la Turchia, l’Iran e l’Egitto; in Italia viene coltivato su circa 23.000 ettari in pieno campo, in coltura semi-forzata o in serra.

Si distinguono tre diverse varietà di melone in base alle caratteristiche del frutto. I meloni cantalupi hanno frutti sono globosi, con buccia liscia o leggermente verrucosa, di colore verde-grigio, con solchi ben marcati; presentano una polpa dal colore aranciato o salmone e sono molto profumati. I meloni cantalupi sono precoci, di media pezzatura (peso da 0,6 a 1,5 Kg) e poco serbevoli, ovvero che non si conservano bene a lungo.

I meloni retati hanno frutti ovali o tondeggianti, con buccia fittamente reticolata, e con costolatura mancante o poco marcata; la polpa è di colore verde-giallo o arancione, molto profumata; il peso dei frutti oscilla da 1 a 2,5 Kg e la serbevolezza è scarsa. I meloni retati sono conosciuti anche come meloni americani in quanto molte varietà di questo tipo provengono dagli Sati Uniti.

I meloni da inverno hanno frutti lisci e senza costole di colore giallo o verde scuro, con polpa bianca, verde chiaro o gialla, dolce e poco profumata. Questi meloni hanno frutti di medie e grandi dimensioni (peso da 1,5 a 4 Kg) e sono coltivati principalmente nelle regioni meridionali dove l’ambiente caldo e secco favorisce la dolcezza e la serbevolezza dei frutti (possono essere infatti conservati per molti mesi, fino all’inverno).



Cocomero o Anguria

Cocomero o Anguria

 

cocomero o anguria

Famiglia: Cucurbitaceae

Genere: Citrullus

Specie: Citrullus lanatus (Thunb.) Matsum e Nakai

 

Storia del cocomero

Il cocomero è il frutto del Cocos nucifera, una specie appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae; è conosciuto anche come anguria, nelle regioni padane, o melone d’acqua, in quelle meridionali.

 

La pianta è originaria dell’Africa tropicale e ad oggi è diffusa in tutto il mondo, sia nella fascia tropicale che in quella temperata-calda.

Attualmente il principale produttore a livello mondiale è la Cina.

 

Tipologie di cocomero

In commercio esistono diverse varietà di cocomero:

la Crimson sweet (medioprecoce con frutti di grossezza media), la Sugar baby (ibrida F1 precoce), la Charleston gray 133 (a frutto oblungo, tardiva), la Blue Belle (Ibrido F1 rotonda e molto produttiva), l’imperial (Ibrido F1 rotonda, precoce), la Florida Giant, La Blue Ribbon, la Ashai Miyako (Ibrido F1 precoce con frutto rotondo).

 

Proprietà nutrizionali del cocomero o anguria

tabella con valori nutrizionali del cocomero o anguria

Valori nutrizionali del cocomero

Il cocomero è il frutto con maggior contenuto di acqua, molto consumato in estate per reidratare l’organismo ebuono è anche il suo contenuto in fibra alimentare.

 

A livello di minerali, buono è il suo quantitativo in potassio.

 

L’anguria contribuisce anche alla quota di antiossidanti derivanti dalla nutrizione, grazie al suo contenuto in vitamina C, licopene e beta-carotene, che aiutano la proliferazione di radicali liberi.

 

Benefici del cocomero

Questo frutto ha proprietà diuretiche, per via dell’elevato contenuto di acqua, un modesto potere saziante, dovuto alla presenza di fibra, ed è considerato poco allergenico.

 

Il potassio invece regola il contenuto ed il flusso di acqua dentro e fuori dalle cellule, ed è fondamentale per la normale funzione del cuore, dei muscoli e del sistema nervoso. Un buon apporto alimentare è associato alla riduzione della pressione negli ipertesi.

 

Insieme ai pomodori, il cocomero è uno dei frutti a più elevato contenuto di licopene, carotenoide dalle proprietà benefiche nei confronti dell’apparato cardiovascolare e, secondo alcune più recenti ricerche, delle ossa.

 

Inoltre questo frutto è fonte di citrullina, un aminoacido che una volta nell’organismo viene convertito ad arginina; quest’ultima può promuovere la buona salute cardiovascolare.

 

La porzione consigliata è di 150 grammi, che corrisponde a circa una fettina di anguria.

 

Produzione e Tecnologia del cocomero o anguria

Caratteri botanici del cocomero

Il cocomero è il frutto di una pianta erbacea annuale costituita da uno stelo che rapidamente si ramifica in altri steli striscianti sul terreno, lunghi fino ad alcuni metri, muniti di viticci.

Le foglie sono grandi, spicciolate, di colore verde grigiastro.

 

I fiori maschili (solitamente la pianta di cocomero è monoica, ossia porta fiori maschili e femminili separati) compaiono per primi e superano in numero quelli femminili in un rapporto di 7:1, l’impollinazione è entomofila (api) e l’allogamia è la regola, dopo 40-50 giorni dalla fecondazione i frutti raggiungono la maturazione.

 

Il frutto è un peponide in cui epicarpo, mesocarpo ed endocarpo sono un tutt’uno, che si presenta esternamente liscio e coriaceo, e internamente pieno di polpa in cui sono immersi numerosi semi appiattiti del peso di 35-100 mg.

 

L’aspetto, la forma e le dimensioni dei frutti sono variabili a seconda della varietà e delle condizioni di coltura: il peso di un frutto varia da 2 a 15 Kg, la forma può essere sferica o allungata, il colore esterno verde-chiaro, verde scuro o con striature dei due colori, la polpa è generalmente rossa, ma esistono anche tipi a polpa gialla o bianca.

 

Coltivazione del cocomero

Il cocomero richiede una temperatura minima di germinazione di 15°C e per questo motivo deve essere seminato in primavera avanzata, aprile-maggio, per poter essere raccolto in estate.

Inoltre, vista la scarsa piovosità durante la stagione di crescita, l’irrigazione è quasi sempre indispensabile e i terreni più adatti sono quelli profondi e sciolti.

 

Il cocomero è una coltura da rinnovo ma non deve ritornare sullo stesso terreno prima di 4-5 anni per ridurre i rischi d’attacchi parassitari.

 

L’impianto si fa con semina diretta in campo, metodo adottato sia per la coltura in pien’aria che per quella forzata, o con trapianto di piantine allevate in fitocella, solo per la coltura forzata. Solitamente vengono lasciati 2-3 m tra le file e 1,5-2 m tra le postarelle.

 

Produzione del cocomero

I frutti una volta maturi presentano il disseccamento del peduncolo e del cirro che lo accompagna, suono cupo e sordo alla percussione, scomparsa totale della pruina che ricopre il frutto immaturo.

 

La raccolta è eseguita a mano ponendo particolare attenzione per evitare ferite o abrasioni che comprometterebbero la conservabilità del frutto. Le produzioni variano da 30 a 50 t/ha in funzione dell’ambiente, della cultivar, della tecnica colturale seguita.

 

La conservazione dei frutti maturi una volta raccolti è limitata nel tempo: resistono infatti per 15 giorni a 15°C.

 

Stagionalità del cocomero o anguria

In Italia la stagione del cocomero è nel periodo estivo nei mesi di luglio e agosto.

 

Preparazione e Conservazione del cocomero o anguria

Vi consigliamo come prima cosa di comprarlo di stagione, scegliendolo intero.

 

I cocomeri maschio sono più allungati e acquosi, mentre le femmine sono più tondi e dolci.

La buccia deve essere scura e opaca: se è verde e lucida il frutto non è maturo. Le striature devono essere ravvicinate e ben definite: verde scuro anziché verde pallido, e color crema anziché giallino.

 

A parità di dimensioni, scegliete quello più pesante: ha una maggiore quantità d’acqua ed è più dolce.

 

Potete tagliarlo a palline scavandolo con la paletta del gelato, o in rondelle sottilissime da usare come carpaccio, ma il taglio più comodo resta in spicchi.

Per tagliarlo a spicchi vi consigliamo prima di lavare la buccia per togliere eventuali batteri, asciugarlo e metterlo su un tagliere.

Tenete fermo il cocomero con una mano e con l’altra tagliate le due estremità fino a far comparire il rosso della polpa. Ora appoggiate il cocomero su una estremità e formate una base stabile. Poi tagliate il frutto in quattro quarti nel senso della larghezza e tagliate poi ogni quarto in spicchi larghi 2-3 centimetri alla buccia

 

Il cocomero è sempre più spesso usato in piatti salati, per creare un po’ di contrasto di sapore.

 

Le proposte di ricette di FBO con l’anguria: