San Pietro

San Pietro

 

pesce san pietro

Famiglia: Zeidae

Genere: Zeus

Specie: Zeus faber

 

Il pesce di san Pietro

Il San Pietro è un pesce di acqua salata conosciuto anche come pesce di san Pietro o pesce sampietro.

 

È un animale solitario che predilige fondali sabbiosi e che spesso è presente anche al livello costiero.

Si trova nelle acque temperate e tropicali dell’Oceano Indiano, dell’Oceano Pacifico, dell’Oceano Atlantico orientale, dalla Norvegia al Sud Africa, del Mar Mediterraneo e del Mar Nero. In Italia, è diffuso in particolare nell’Adriatico.

Spesso non è raro catturarlo in acque basse.

 

La caratteristica che lo rende unico è la presenza di una macchia scura sulle squame a sfondo chiaro posizionata centralmente sui fianchi, la cui particolarità ha dato spunto a molteplici leggende.
La leggenda narra infatti che San Pietro in persona avrebbe catturato questo pesce imprimendogli così l’impronta del pollice e dell’indice.

 

In commercio si trova fresco o congelato.

 

Proprietà nutrizionali del pesce san Pietro

tabella con i valori nutrizionali del pesce san pietro

Valori nutrizionali e benefici del pesce san Pietro

Le proteine contenute in questo pesce sono di alto valore biologico e la presenza di acidi grassi essenziali della famiglia Omega 3 ne fanno un alimento buono per il cuore.

 

Buono è anche il contenuto di potassio che regola il contenuto ed il flusso di acqua dentro e fuori dalle cellule, è fondamentale per la normale funzione del cuore, dei muscoli e del sistema nervoso. Un buon apporto alimentare è associato alla riduzione della pressione negli ipertesi.

 

Il consumo del pesce san Pietro non presenta controindicazioni a meno che non si soffra di allergia a questo pesce.

 

La porzione di consumo consigliata è 150 grammi di pesce fresco.

 

Produzione e Tecnologia del pesce di san Pietro

Caratteristiche del pesce san Pietro

Il pesce San Pietro ha una forma ellissoidale e particolarmente schiacciata; solitamente ha una lunghezza tra i 30 e i 40 cm ma può raggiungere anche i 90 cm e gli 8 kg di peso.

La testa possiede diverse protuberanze e spine e la bocca è larga.

Dalla spina dorsale si propagano lunghe appendici filamentose.

Le pinne pettorali sono di dimensioni medie, quelle ventrali piuttosto lunghe, mentre quella caudale è trasparente e tondeggiante.

 

Presenta un colore grigio violaceo o verdastro con riflessi argentati su cui ci sono delle striature scure o giallastre.

La caratteristica che rende unico questo pesce è la presenza di una macchia scura, un ocello nero cerchiato in grigio collocato centralmente sui fianchi che ha dato spunto a molteplici leggende.

 

Habitat e riproduzione del pesce san Pietro

L’habitat ideale per questi pesci sono i fondali sabbiosi di acque temperate e tropicali; solitamente si trovano ad una profondità di circa 200 metri.

 

È un animale solitario che si nutre principalmente di piccoli pesci, cefalopodi e crostacei, catturandoli con un’improvvisa apertura della bocca.

 

Si riproduce in diversi periodi dell’anno, in base al luogo in cui vive; nel Mediterraneo la riproduzione avviene fra novembre e maggio.

Inizialmente le uova pelagiche galleggiano, successivamente, durante il periodo di due settimane di incubazione, diventano più pesanti e schiudono in acque profonde.

Le forme larvali fanno parte del plancton mentre i giovani che hanno la forza d’opporsi alle correnti sono bentonici. La maturità sessuale viene raggiunta verso il quarto anno di vita, a 23-29 cm per i maschi e 29-37 cm per le femmine.

Il ciclo riproduttivo è lungo: per raddoppiare la popolazione occorrono, secondo la zona, dai 4,5 ai 14 anni.

 

La pesca del pesce san Pietro

Viene generalmente pescato sia con attrezzi di pesca professionale, come reti a strascico o palangari, che con reti da posta della piccola pesca artigianale.

Il periodo migliore è quello estivo perché il pesce si avvicina alle coste pur restando comunque a profondità non inferiore a 50 metri.

 

Anche se è una specie molto diffusa la sua carne pregiata è molto richiesta, quindi bisognerebbe limitarne la pesca fissando la larghezza minima delle maglie delle reti a 37 cm, per permettere ad ogni esemplare di riprodursi almeno una volta.

 

Stagionalità del pesce san Pietro

Il periodo migliore per acquistarlo è tra gennaio e aprile.

 

Preparazione e Conservazione del san Pietro

Il San Pietro è un pesce considerato pregiato; le sue carni sono molto saporite, è tenero e semplice da pulire.

Oltre ad avere un sapore ricco della carne possiede un valore nutrizionale ottimale: infatti per il suo valore nutritivo piuttosto contenuto viene prediletto da chi è attento alla linea e, spesso, inserito all’interno di diete ipocaloriche e piatti light.

 

Prima di consumarlo è necessario pulirlo accuratamente, lavandolo ed eviscerandolo. Si consiglia di consumarlo nella sua interezza, anche se molti preferiscono cucinare esclusivamente i filetti più carnosi.

 

Questo pesce si conserva a -18° fino alla data di scadenza, a -12° per un mese, a -6° per una settimana e per tre giorni nello scomparto del ghiaccio. In frigorifero può essere conservato per un giorno e si consuma entro le 24 ore, previa cottura.

 

Per il suo gusto deciso, è un alimento estremamente versatile ed al centro di numerose ricette della cucina italiana.



Aragosta

Aragosta

 

aragosta

Famiglia: Palinuridae

Genere: Palinurus

Specie: Palinurus elephas

 

Storia dell’aragosta

L’aragosta del Mediterraneo (Palinurus elephas), è un crostaceo diffuso sui fondali del Mar Mediterraneo, soprattutto nei mari della Sardegna, e dell’Oceano Atlantico Orientale, vivendo sui fondali rocciosi.

 

Viene pescato soprattutto in Canada, paese che attualmente gestisce più della metà della fornitura mondiale di aragoste.

 

È probabilmente uno dei crostacei più pregiati e maggiormente apprezzati tra quelli presenti sul mercato.

 

Differenza tra aragosta e astice

L’aragosta spesso viene confusa con l’astice, anch’essa crostaceo ma appartenente ad una famiglia diversa, da cui differisce per caratteristiche fisiche e sensoriali.

 

La principale differenza tra astice e aragosta è fisica ed immediatamente individuabile: l’astice ha delle chele ben visibili che sono inesistenti nell’aragosta, che presenta invece dei peduncoli come se fossero delle lunghe antenne.

 

Le altre differenze riguardano sapore e consistenza: il gusto dell’aragosta è più tenue, quello dell’astice è più deciso; la polpa dell’aragosta è più delicata mentre quella dell’astice è più soda ed elastica.

 

Proprietà nutrizionali delle aragoste

tabella con i valori nutrizionali dell'aragosta

Valori nutrizionali dell’aragosta

L’aragosta appartiene alla famiglia dei crostacei.

È fonte di omega 3 (acidi grassi insaturi) e contiene anche la vitamina B12. Tra i minerali ricordiamo il selenio, il rame e il ferro.

 

Benefici dell’aragosta

Gli omega 3 non sono solo acidi grassi amici della salute cardiovascolare, sono infatti stati associati anche a benefici a livello psicologico.

Uno studio indiano molto recente riferisce che gli acidi grassi possono apportare miglioramenti nei pazienti con stati depressivi lievi.

I ricercatori israeliani hanno condotto uno studio sugli omega 3 e il trattamento della depressione, sia nei bambini che negli adulti. I risultati hanno riferito che gli acidi grassi omega 3 hanno proprietà efficaci per il trattamento della depressione senza avere effetti collaterali.

 

Anche il selenio è importante per il buon funzionamento dell’organismo, in particolare per quello della tiroide. Rame e ferro aiutano invece a ridurre il rischio di anemia.

 

Inoltre la presenza di vitamina B12 è essenziale per la sintesi del DNA e per la produzione di energia a livello cellulare.

 

La porzione consigliata, così come per tutto il pesce fresco o surgelato, è di 150 grammi.

 

Interazioni dell’aragosta

Se si è in terapia con anticoagulanti come il warfarin bisognerebbe evitare di consumare aragoste per la presenza di glucosamina (principale amminomonosaccaride coinvolto nella biosintesi di lipidi, proteine e cartilagine) nel carapace, ovvero in una porzione dell’esoscheletro, che potrebbe causare un incremento del rischio di sanguinamento.

Questa molecola potrebbe interagire anche con l’azione di alcuni farmaci antitumorali, antidiabetici e con il paracetamolo.

 

Le aragoste, come tutti i crostacei, possono essere responsabili di reazioni allergiche.

Si consiglia inoltre di non consumarle troppo spesso in quanto potrebbero contenere mercurio, un metallo pesante dannoso per la salute.

 

Produzione e Tecnologia delle aragoste

Caratteristiche del crostaceo

L’aragosta ha un corpo di forma cilindrica completamente rivestito da una spessa corazza che sull’addome si divide in sei segmenti collegati da una robusta guaina cartilaginea e che, durante le varie fasi della crescita, si rinnova più volte.

 

Sulla parte frontale presenta due antenne molto lunghe e rivolte all’indietro, che fungono da sensori e da organi difensivi, mentre gli occhi sono posti alla sommità di peduncoli mobili. L’apparato boccale è tipicamente masticatore e consta di un paio di mandibole e di due paia di mascelle.

 

L’aragosta è completamente priva di chele ma ha molte zampe, di cui solo alcune con funzione deambulatoria.

Il dorso, detto cefalotorace, e la base delle antenne sono disseminate di spine dalla forma conica. La coda si apre a ventaglio per permettere il movimento, che avviene a ritroso, come per i gamberi.

 

Il carapace presenta un colore rosso-bruno quasi viola, con frequenti macchie bianche e gialle, quando si trova nel suo habitat ed è viva, invece diventa di colore rosso soltanto quando è cotta.

L’aragosta vive molto a lungo, anche oltre i cinquant’anni di età e le sue dimensioni oscillano fra i venti ed i cinquanta cm di lunghezza, con un peso che può raggiungere gli otto chilogrammi.

 

Si nutre prevalentemente di plancton, anellidi, spugne, piccoli crostacei, echinodermi e lamellibranchi, specialmente ricci e molluschi con la conchiglia bivale, come le ostriche e le cozze.

 

Habitat, riproduzione e sviluppo delle aragoste

Questo crostaceo vive abitualmente in gruppo su fondali rocciosi o ghiaiosi, ricchi di anfratti, a profondità comprese tra quindici ai centocinquanta metri di profondità. Sui fondali avviene anche la riproduzione, che avviene nel periodo immediatamente successivo all’estate.

 

In primavera le femmine emettono numerosissime uova di colore rosa, che si trovano ben protette sotto l’addome fino al momento della schiusa, all’inizio dell’inverno.

La larva dell’aragosta si chiama fillosoma, presenta un corpo depresso, trasparente, occhi peduncolari e arti lunghi e sottili e, prima di raggiungere la maturità, deve passare attraverso vari stadi.

 

La sopravvivenza di una piccola aragosta è molto problematica: è una facile preda dei pesci pelagici prima e di quelli di fondo poi, approfittando del fatto che il fillosoma è praticamente indifeso e in balia delle correnti.

 

Durante la sua vita l’aragosta, come tutti i crostacei, fa la muta.

Il continuo ricambio della corazza le permette di aumentare il peso da quando nasce a quando muore, anche se la corazza nuova, ha bisogno di qualche giorno per indurirsi, esponendo così l’animale agli attacchi dei predatori.

Un grande predatore dell’aragosta è il polpo, che la sorprende mimetizzandosi sul fondo e la immobilizza con i tentacoli.

 

Tecnica di pesca per le aragoste

La tecnica di pesca maggiormente utilizzata è costituita dal tradizionale sistema delle trappole attaccate alle corde, un metodo antico e laborioso, che ha il vantaggio di essere eco-compatibile in quanto non danneggia i fondali marini.

 

Esiste però il divieto di pesca dell’aragosta mediterranea nel periodo compreso tra il 1 gennaio e il 30 aprile.

 

Stagionalità delle aragoste

La disponibilità sul mercato dell’aragosta durante tutto l’anno è resa possibile grazie al suo allevamento.

 

Preparazione e Conservazione delle aragoste

L’aragosta si può comprare viva, come si usa nei ristoranti, in modo da essere sicuri della sua freschezza, oppure surgelata.

È bene acquistare aragoste fresche solo se sono state conservate a una temperatura non superiore ai 4 gradi e non esporle a lungo a temperature più elevate, in modo tale da ridurre il rischio di patologie di origine alimentare.

 

Prima di procedere con la cottura dovrete pulire l’aragosta. Per farlo, dovrete spazzolarne bene la corazza sotto l’acqua corrente, lavarla bene e infine eliminare il budellino nero che attraversa la coda (proprio come si fa per scampi e gamberi).

 

Metodi di cottura per le aragoste

Il metodo principale per la cottura è purtroppo quello di cuocerle vive in acqua bollente.

Questo viene consentito perché studi precedenti sostenevano che le aragoste non hanno un sistema nervoso in grado di recepire il dolore.

Un recente studio svizzero però, sembra smentire tale notizia. Secondo i ricercatori infatti, i movimenti del crostaceo sono da considerarsi veri e propri segnali di sofferenza. Per questo motivo, in Svizzera, dal 2018, è proibito cuocerle vive.

 

Se avete optato per un esemplare vivo, legatelo a una tavoletta di legno dopo averne disteso la coda, in modo che non si arricci, e dopo averla tuffata nell’acqua bollente chiudete subito il coperchio, in modo da evitare che si slanci fuori.

 

In alternativa, l’aragosta può anche essere cotta sulla griglia: in questo caso va divisa a metà per il lungo e cotta prima dal lato del dorso.

Va cotta per circa 5-10 minuti per lato o finché la carne non diventerà traslucida. Infine, se decidete di farla brasata dovete dividerla in tranci.



Polpo

Polpo

 

polpo fresco

Famiglia: Octopodidae

Genere: Octopus

Specie: Octopus vulgaris

 

Cos’è il polpo

Il polpo (Octopus vulgaris) è un mollusco cefalopode che si caratterizza per avere piede e testa uniti e per la presenza di estensioni (fa parte appunto della famiglia degli Octopodidae).

Gli ottopodi infatti sono cefalopodi senza conchiglia interna con otto braccia cefaliche.

 

È una specie presente in tutti i mari e oceani del mondo, prediligendo le acque calde temperate.

 

Il polpo viene commercializzato fresco o congelato.

 

Proprietà nutrizionali del polpo fresco e congelato

tabella con i valori nutrizionali del polpo fresco e del polpo congelato
Tabella con i valori nutrizionali del polpo fresco e del polpo congelato.

Valori nutrizionali polpo fresco e congelato

Il polpo è fonte di proteine ad alto valore biologico, sali minerali e vitamine, bassa è invece la percentuale di grassi.

 

Per quanto riguarda i minerali fosforo e calcio sono importanti per la salute di ossa e denti; il potassio aiuta a mantenere la pressione della norma, può ridurre il rischio di calcoli renali ricorrenti e la perdita di tessuto osseo durante l’invecchiamento.

 

Buone le quantità presenti di niacina, folati, vitamina A e vitamina B12. Attenzione invece al contenuto elevato di sodio, non è necessario infatti aggiungere sale.

 

Benefici polpo

Il polpo è costituito da una buona fonte di minerali come il calcio, il fosforo, il potassio e il selenio. I primi due sono importanti per la salute per le ossa, il potassio aiuta a regolare la pressione arteriosa e il selenio serve alle molecole coinvolte nei processi antiossidanti.

Nel polpo sono presenti anche la vitamina B12 utile per lo sviluppo del sistema nervoso fetale, la vitamina A che è coinvolta nei processi visivi e la vitamina C che ha funzione antiossidante, è coinvolta nei processi del collagene e aiuta le difese immunitarie.

 

La porzione standard consigliata è 150 grammi di polpo fresco o congelato, che corrisponde a circa un piatto.

 

Una porzione di polpo contiene 7,7 mg di Zinco, ricoprendo così quasi la dose giornaliera raccomandata di questo minerale per le donne (RDA 9 mg) e più della metà per gli uomini (RDA 12 mg), facendo riferimento alla popolazione adulta.

In un piatto di polpo si trovano anche 112,5 µg di selenio, valore che rappresenta più del doppio della RDARecommended Daily Allowance, dose giornaliera raccomandata) di questo minerale per la popolazione adulta (che è di 55 µg).

 

Interazioni polpo

Il polpo potrebbe contenere piccole tracce di metilmercurio. In esso si può anche riscontrare l’Anisakis, un parassita facilmente annientabile con la cottura o dopo specifiche tecniche di congelamento del polpo.

 

Produzione e Tecnologia del polpo

Caratteristiche del polpo

Il polpo è una specie priva di scheletro che presenta una testa molto grande separata dal corpo per la presenza di una strozzatura e occhi piccoli e sporgenti lateralmente. La bocca si trova sotto la testa, al centro dei tentacoli.

Possiede otto appendici, chiamate tentacoli, dotate ventralmente di due file di ventose che vengono usate per catturare le prede e per la riproduzione; una delle estensioni infatti ha la funzione di organo riproduttivo maschile.

 

Il polpo, grazie al sifone posizionato nel mantello dietro la testa, riesce ad espelle l’acqua per l’espirazione e a dirigere il movimento.

Questo mollusco inoltre possiede un’alta capacità di mimetizzazione, grazie a degli speciali pigmenti, e un liquido nero prodotto da una ghiandola, chiamato “inchiostro”, che viene usato per depistare il predatore in caso di aggressione.

 

Habitat del polpo

Questa specie si può trovare nei mari e negli oceani in acque calde del Mediterraneo, dell’Oceano Pacifico, Atlantico e Indiano.

Si nutre prevalentemente di crostacei, cozze, vongole e ostriche, invece i principali predatori sono cernie, gronchi e murene.

Durante il periodo estivo lo si trova su fondali bassi, prevalentemente vicino alla costa; d’inverno invece migra in profondità. I fondali infatti sono un terreno utile per deporre le uova.

È una specie solitaria che di giorno rimane nel nascondiglio per poi uscire di notte per andare a caccia.

 

La pesca del polpo

Nel Mediterraneo viene pescato da settembre a dicembre e da maggio a luglio, periodo nel quale è di taglia più grossa, utilizzando reti a strascico, attrezzi da posti e ami.

Solitamente si trovano specie che non superano 1 kg di peso, anche se esistono alcuni polpi che raggiungono i 5-6 kg.

 

Stagionalità del polpo

In commercio si può trovare tutto l’anno sia il polpo fresco che il polpo congelato.

 

Preparazione e Conservazione del polpo

Il polpo fresco e pulito si conserva in frigorifero per un giorno.

Se si vuole congelare in questo caso va pulito e poi messo in un sacchetto per alimenti chiuso ermeticamente. Può essere conservato per due mesi. Il polpo si può congelare anche da cotto. Fatelo raffreddare, tagliatelo a pezzettini, disponetelo sopra un vassoio ricoperto da carta da forno e fatelo congelare. Una volta congelato trasferite i pezzi in un sacchetto per alimenti, richiudete e riponete in freezer.

 

È bene consumare il polpo dopo averlo cotto: la cottura infatti annienta l’Anisakis, un parassita presente anche nel Mar Mediterraneo.

Invece, se si sceglie di consumarlo crudo, è importante sapere che la normativa europea Regolamento CE 853/2004, sulla «Vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi», obbliga chi vende o somministra pesce fresco a congelarlo a -20 gradi per almeno 24 ore. A casa è bene congelare il polpo per almeno 96 ore a -18°C in un congelatore.

 

Il polpo si abbina a verdure come fagiolini, pomodori, patate, ed è perfetto come antipasto o come secondo.

Si può cucinare in moltissimi modi; il più comune è lessarlo per poi preparare gustosissime insalate.

Per fare questa operazione occorre preparare dell’acqua aromatizzata con cipolle, alloro, sedano e carota. Dovete immergere il polpo nell’acqua fredda e lasciarlo cuocere per un’ora a fuoco dolce. Una volta cotto lasciatelo raffreddare nella sua acqua, per evitare che si indurisca.

 

La proposta di ricetta di FBO con il polpo



Calamari

Calamari

 

calamari proprietà

Famiglia: Loliginidae

Genere: Loligo

Specie: Loligo vulgaris

 

Storia dei calamari

Il calamaro è un mollusco appartenente alla famiglia Loliginidae che vive nelle zone costiere su fondali fangosi.

 

È una specie comune del Mediterraneo, soprattutto occidentale, dell’alto Adriatico, dell’area tunisina – libica e dell’Atlantico orientale delle Isole britanniche.

 

Tipi di calamari

Esistono diverse varietà a seconda delle dimensioni.

 

I calamaretti solitamente sono lunghi dai 3 ai 7 centimetri. Quelli che vivono in Europa possono raggiungere anche i 30 centimetri mentre quelli che vivono nell’oceano Atlantico dai 300 ai 600 metri di profondità sono esemplari enormi che riescono a raggiungere i 18 metri di lunghezza, il peso di 2 tonnellate e diventano spesso preda di campidogli.

 

I calamari (Loligo vulgaris) vengono spesso confusi con i totani (Todarodes sagittatus) ma queste due specie mostrano delle differenze.

 

La prima differenza è visibile nella coda dove, le due pinnette (dette anche ali) si distinguono nella forma e nella dimensione.

Il calamaro infatti ha due piccole alette che si dipartono dall’estremità del corpo sino ad arrivare a circa 3/4 del corpo, il totano invece presenta una pinna che all’apice della coda forma un triangolo e rimane separata dal corpo.

 

Un’altra differenza si nota nei tentacoli.

Entrambi ne hanno 10, ma il calamaro presenta due tentacoli più lunghi; inoltre entrambe le specie sui tentacoli presentano delle ventose ma il totano possiede anche un paio di “uncini”.

 

Calamari e totani possono essere distinti anche dal colore; il calamaro infatti varia le tonalità del suo corpo dal grigio al rosa mentre il totano dal bianco al rossiccio.

 

Risultano inoltre importanti le dimensioni dei due cefalopodi. I calamari non superano quasi mai i 40 cm, mentre i totani possono crescere sino ai 15/20 Kg e superare il metro di lunghezza.

 

Le carni del calamaro sono buone, delicate e gustose e viene commercializzato fresco o congelato.

 

Proprietà nutrizionali dei calamari

tabella con i valori nutrizionali dei calamari

Valori nutrizionali dei calamari

I calamari sono molluschi poveri di calorie e grassi, per lo più polinsaturi. Il loro consumo apporta principalmente acidi grassi a lunga catena della serie omega-3.

 

Come tutti i molluschi sono ricchi di micronutrienti, tra i quali vitamine del gruppo B e zincofosfororame e selenio.

Vi ricordiamo che come tutto il pesce, i calamari sono ricchi in sodio, proprio per questo non richiedono quindi aggiunta di sale durante le preparazioni.

 

Benefici dei calamari

Gli acidi grassi omega-3 sono essenziali per il corretto sviluppo del sistema celebrale e per la protezione di cuore e arterie.

 

Le vitamine del gruppo B e lo zinco presenti nell’alimento favoriscono il buon funzionamento del metabolismo, il fosforo, è un alleato di ossa e denti, il rame è coinvolto nella sintesi dell’emoglobina e dei tessuti connettivi, nella pigmentazione di pelle e capelli, nel metabolismo cellulare e nel controllo della funzionalità del cuore mentre il selenio risulta utile per le difese antiossidanti dell’organismo.

 

Trattandosi di un alimento ricco di colesterolo, l’assunzione quotidiana non dovrebbe superare i 300 mg (o i 200 mg in presenza di problemi cardiovascolari).

 

La porzione consigliata è di 150 grammi, che corrisponde a un calamaro di medie dimensioni.

 

Produzione e Tecnologia dei calamari

Caratteristiche dei calamari

Il calamaro è un mollusco carnivoro appartenente alla famiglia dei cefalopodi, ha un corpo allungato snello, cilindrico, con testa ed occhi piuttosto piccoli; solitamente raggiunge una lunghezza di 30-50 cm.

 

È provvisto di due pinne all’estremità dorsale, di otto braccia e due tentacoli più lunghi muniti di ventose presenti attorno alla bocca.

Il calamaro mediterraneo si differenzia dalle altre specie di calamari poiché le pinne laterali sono lunghe quasi quanto tutto il corpo del mollusco.

 

All’interno del corpo inoltre è presente una conchiglia (gladio o calamo) lunga, appiattita e trasparente. La colorazione è rossastra, con puntinatura più scura sul dorso, che al buio assume una certa fluorescenza; questo serve, soprattutto in primavera, ad attrarre la specie di sesso opposto.

 

Nel mantello è presente anche la ghiandola del nero, che secerne l’inchiostro bioluminescente, utile al calamaro per confondere le prede.

 

È una specie pelagica che effettua migrazioni stagionali presente normalmente tra i 20 e i 300 m di profondità che predilige i fondali fangosi delle zone costiere.

 

Pesca del calamaro

Il calamaro viene pescato con reti a strascico o da traino e reti a circuizione, e sono pochi gli allevamenti di questo pesce anche se si stanno studiando nuove tecniche per svilupparne maggiormente l’allevamento.

 

Durante l’autunno si hanno le maggiori rese in fatto di pesca, infatti la stagione tipica del calamaro inizia a settembre e termina a dicembre.

Così come il calamaro, anche i calamaretti iniziano a essere di stagione a settembre, ma continuano a rimanere sul mercato fino a febbraio.

 

Stagionalità dei calamari

I calamari e i calamaretti sono di stagione da settembre a febbraio.

 

Preparazione e Conservazione dei calamari

Un calamaro fresco si distingue grazie alla pelle, che deve essere umida con tentacoli integri e sodi. Il colore della sacca che contiene l’inchiostro deve risultare metallico, mentre la sua consistenza oleosa.

Generalmente quando il calamaro non è fresco tende ad ingiallire.

 

Per pulire i calamari più giovani non occorre praticare alcun trattamento, mentre per quelli più grandi occorre togliere la pennetta, gli intestini, il fegato, eventuali uova presenti, gli occhi e il becco.

Con una mano afferrate la testa del calamaro e con l’altra il corpo, tirando delicatamente la testa in modo da determinare il distacco dagli intestini.

Sfilate la pennetta trasparente e privatelo della pelle e successivamente riprendete la testa per separarla dagli intestini ed eliminare la sacca con il nero.

Sciacquate sotto l’acqua corrente la parte rimasta e con le forbici eliminate gli occhi e tutta la parte circostante e togliete il becco.

 

Il calamaro come tutto il pesce è un alimento molto delicato, che deve essere consumato o congelato il prima possibile. Appena acquistato deve essere eviscerato e lavato accuratamente sotto acqua corrente.

 

Conservarlo in frigorifero, ben coperto da pellicola alimentare o chiuso in un sacchetto freezer, per 1 o 2 giorni al massimo. Se è molto fresco, è possibile anche congelarlo, a -18°C, in appositi sacchetti ben chiusi, avendo l’accortezza di eliminare quanta più aria possibile. Si può così conservare 3 mesi.

 

Surgelati mantengono le caratteristiche nutrizionali, i molluschi resistono bene alle basse temperature.

Al contrario le alte temperature, ad esempio la frittura, inducono la perdita di alcuni nutrienti, che invece si preservano con le cotture a vapore o al forno.



Ostriche

Ostriche

 

specie di ostriche

Famiglia: Ostreidae

Genere: Ostrea

Specie: Ostrea edulis L.

 

Specie di ostriche

L’ostrica piatta (Ostrea edulis L.) è un mollusco bivalve, vive attaccata alle rocce ed è la specie più diffusa e coltivata nel Mediterraneo.

 

Esistono diverse specie di ostriche.

 

  • L’ostrica piatta (Ostrea edulis L.) è presente in tutti i mari d’Europa, nel Mar Nero e nell’ Atlantico orientale, dalla Norvegia fino al Marocco, si distingue facilmente dalle altre ostriche presenti sul mercato per la forma tondeggiante delle valve.

 

  • L’ostrica portoghese (Crassostrea angulata Lamarck) e l’ostrica giapponese o del Pacifico (Crassostrea gigas Thunberg), entrambe conosciute con il nome di ostriche concave, hanno invece le valve a forma di ovale allungato.

 

Inoltre alcune specie di ostriche producono pregiate perle.

 

Proprietà nutrizionali delle ostriche

tabella con i valori nutrizionali delle ostriche

Valori nutrizionali delle ostriche

L’ostrica è un mollusco bivalve, che contiene proteine ad alto valore biologico, sali minerali e vitamine del gruppo B.

 

Benefici delle ostriche

L’ostrica è composta da diversi minerali che apportano benefici all’organismo.

Tra questi spiccano il calcio ed il fosforo, fondamentali per lo sviluppo e per la salute delle ossa e dei denti, il ferro, fondamentale per la composizione dell’emoglobina e che contribuisce alla produzione di alcuni ormoni e di tessuto connettivo.

Lo zinco invece è coinvolto nella risposta immunitaria, nella guarigione delle ferite e nella riparazione dei tessuti, mentre il potassio aiuta a mantenere la pressione della norma.

 

La porzione standard consigliata è 150 grammi di ostriche.

 

Il consumo di questo mollusco può essere utile in caso di carenza di vitamina D.

 

Produzione e Tecnologia delle ostriche

Caratteristiche delle ostriche

L’ostrica concava è una specie di mollusco endemica costituita esternamente da una conchiglia, al cui interno si trova il mollusco.

La conchiglia è formata da due valve con forma variabile a seconda dell’ambiente in cui vive, in cui la valva inferiore è concava mentre quella superiore è piatta.

Il guscio è di colore avorio mentre la parte esterna è marroncina, con diverse varianti fino al giallino, caratterizzata da un elevato numero di striature, macchie violacee e da ampie scanalature.

L’interno della conchiglia si presenta di colore bianco e il mollusco in essa presente ha il corpo dalla forma tondeggiante con i margini dei due lembi del mantello frangiati.

 

Le ostriche in genere misurano dai 6 ai 9 cm e alcune possono arrivare fino a 15 cm.

 

Habitat delle ostriche

Si nutrono principalmente di alghe e vivono attaccate a rocce, conchiglie e detriti anche se alcuni esemplari si possono trovare su fondali sabbiosi e fangosi.

Prediligono acque non molto profonde con una salinità compresa tra 20 e 25‰, anche se è una specie molto resistente che riesce a sopravvivere a diverse temperature (tra -1,8 e 35°C) e con differenti livelli di salinità (inferiori al 10‰ o superiori al 35‰).

 

Allevamento delle ostriche

L’ostrica è una specie ermafrodita proterandra. Nelle zone con un buon approvvigionamento alimentare si ha una prevalenza di sesso femminile, mentre dove c’è scarsa disponibilità di cibo viene riscontrato un numero maggiore di individui maschi.

 

La gametogenesi ha inizio in condizioni di temperatura prossime ai 10°C e salinità compresa tra 15 e 32‰; la deposizione delle uova invece avviene generalmente a temperature superiori a 20°C.

Dopo la schiusa delle uova le larve, utilizzando il piede larvale, iniziano a cercare un luogo adatto per l’insediamento a cui vi si attaccano in maniera permanente tramite una secrezione cementizia prodotta da una ghiandola presente sul piede.

Una volta avvenuto l’insediamento inizia la metamorfosi allo stadio giovanile; la crescita è molto rapida.

 

Per l’allevamento i sistemi utilizzati sono analoghi a quelli impiegati nella mitilicoltura, tanto che talvolta vengono allevate entrambe le specie.

 

Il seme può essere reperito tramite captazione su banchi naturali in prossimità dell’allevamento, tramite acquisto da altri allevamenti o da schiuditoi. Le giovani ostriche vengono poste a dimora sul fondale o in appositi contenitori mantenuti in sospensione.

 

Ostriche: prodotti presenti sul mercato

In commercio si trova il prodotto fresco, la cui commercializzazione risulta molto complicata a causa della shelf-life relativamente breve, mentre il prodotto trasformato e venduto in scatola, surgelato, sottovuoto o sottoforma di vari tipi di preparati o salse risulta meno complicato da conservare.

 

Stagionalità delle ostriche

Sul mercato le ostriche sono disponibili tutto l’anno, in particolare da ottobre ad aprile.

 

Preparazione e Conservazione delle ostriche

Per riconoscere la loro freschezza, le ostriche devono essere e rimanere chiuse quando si utilizzano.

 

Le ostriche concave possono essere conservate in frigorifero per solo un giorno. Le ostriche di buona qualità possono mantenersi fino a 10 giorni dalla raccolta, tutte ben chiuse, ben vive e freschissime dalla spedizione e mantenute poi in frigo e ad un massimo di temperatura di 2–4°C, tenute in posizione orizzontale perché non perdano il loro liquido.

Per consumare l’ostrica bisogna aprirla; per fare ciò occorre inserire la punta del coltello tra le due valve dell’ostrica e affondare fino a staccare il muscolo all’interno. In seguito si deve proseguire scorrendo con il coltello lungo tutto il perimetro del guscio fino a staccare completamente il guscio interno e poi aprire le due parti facendo attenzione a non far cadere il liquido interno all’ostrica.

Una volta eliminata una parte del guscio, riponete l’ostrica sul palmo della mano e con il coltello passate sotto il mollusco per staccare anche l’altra parte del muscolo.

 

Le ostriche possono essere consumate cotte o crude, anche se il calore annienta eventuali sostanze tossiche.

Vi ricordiamo che, prima di consumarle crude, al momento dell’acquisto è bene informarsi se sia stato effettuato il congelamento preventivo. Infatti il Regolamento CE 853/2004 obbliga chi vende o somministra pesce fresco a congelarlo a -20°C per almeno 24 ore.



Vongole

Vongole

 

vongole

Famiglia: Veneridae

Genere: Ruditapes

Specie: Ruditapes spp.

 

Cos’è la vongola?

La vongola è un mollusco bivalvo appartenente alla famiglia dei Veneridae.

È quindi dotata di due conchiglie ovoidali-triangolari ellittiche combacianti tra loro dalla colorazione variabile (bianco, grigio o marrone).

 

Tipi di vongole

Esistono diversi tipi di vongole. La vongola verace nostrana (Ruditapes decussatus) è una specie difficile da allevare e, per questo motivo, poco diffusa.

Al suo posto si trova la vongola filippina (Ruditapes philippinarum o Ruditapes semidecussatus), specie originaria del Pacifico, molto coltivata nelle lagune dell’Alto Adriatico dove ha trovato un habitat ottimale per la riproduzione.

 

La vongola verace nostrana

La vongola verace nostrana (Ruditapes decussatus) ha una conchiglia robusta di colore bianco-grigio-giallastro con macchie e striature più scure. Internamente invece è biancastra con un’eventuale macchia violacea. La valva, nella parte interna, è liscia.

Questa specie può raggiungere una dimensione massima di circa 6 cm ma generalmente la dimensione media degli esemplari si aggira attorno ai 3-4 cm.

 

La vongola filippina

La vongola filippina (Ruditapes philippinarum o Ruditapes semidecussatus) ha un guscio robusto di forma ovale, che può raggiungere i 6 – 8 cm di diametro, e un colore solitamente molto vivace.

Rispetto alla vongola verace, dove i sifoni appaiono separati, nella vongola filippina essi risultano uniti alla base e divisi all’estremità.

 

Proprietà nutrizionali delle vongole

tabella con i valori nutrizionali delle vongole

Vongole valori nutrizionali

Le vongole contengono pochi lipidi, tracce di carboidrati ed una buona quantità di proteine ad alto valore biologico e diversi minerali, tra i quali spiccano il potassio, il calcio e il ferro.

 

Sebbene le vongole siano caratterizzate da un contenuto calorico non molto elevato, è bene non consumarle spesso per via del notevole contenuto di colesterolo e sodio.

 

Vongole benefici

I benefici delle vongole sono da ricondurre ai minerali che queste contengono e alla buona quantità di proteine di cui dispongono.

Tra i minerali spiccano soprattutto il potassio e il calcio. Il primo contribuisce a regolare la pressione sanguigna ed è fondamentale per mantenere un corretto bilancio idrico, mentre il secondo favorisce la salute dei denti e delle ossa, favorisce una corretta funzionalità dei muscoli e dei nervi e agisce a livello della coagulazione del sangue.

 

Le vongole sono anche ricche di ferro e di vitamina B12.

Una sola porzione soddisfa ampiamente il fabbisogno giornaliero di questo prezioso minerale e di questa vitamina, sia per la popolazione maschile che femminile.

Il consumo di questo alimento può essere quindi utile in caso di anemia sideropenica e ipovitaminosi di vitamina B12.

 

Ricordiamo che la porzione standard di consumo per i molluschi freschi o surgelati è di 150 grammi, che corrisponde circa a un piatto di vongole fresche o surgelate.

 

Vongole controindicazioni

È bene ricordare che le vongole sono molluschi filtratori e possono quindi essere veicolo di microrganismi patogeni per l’uomo; è consigliabile dunque acquistare solo vongole dalla provenienza sicura per scongiurare il rischio di contrarre malattie come salmonellosi, tifo, epatite A e colera. Infatti, sebbene la cottura elimini la carica microbica, per ridurre al minimo il rischio di contagio è consigliabile comunque acquistare solo prodotti certificati e garantiti.

È sconsigliato inoltre il consumo del prodotto crudo, soprattutto per i soggetti con problemi di colesterolo, pressione alta e per chi soffre di epatite.

 

In gravidanza e in allattamento se ne sconsiglia in generale il consumo.

Produzione e Tecnologia delle vongole

Caratteristiche e habitat delle vongole

La vongola è un mollusco bivalve che vive in acque poco profonde sepolto a 15-20 cm di profondità sotto la sabbia e sotto fondali di tipo limaccioso.

È una specie che si nutre filtrando detriti e fitoplancton dall’acqua tramite i sifoni e le sue branchie sono costituite da due coppie di piastre composte di filamenti.

 

La riproduzione è esterna ed avviene prevalentemente nella stagione estiva, sia in natura che negli incubatoi.

La deposizione delle uova solitamente ha luogo in condizioni di temperatura comprese tra i 20-25°C e nel tardo autunno-inizio inverno viene comunemente osservato un periodo di riposo sessuale.

Dopo la schiusa delle uova, le larve fuoriuscite nuotano liberamente per un periodo di circa 10-15 giorni e successivamente si stabiliscono sul fondo tramite l’attacco di un bisso ad una piccola roccia o ad un pezzo di guscio.

 

Allevamento delle vongole

L’allevamento delle vongole viene praticato direttamente sul fondo e la prima fase è quella del reperimento del seme.

Il sito scelto per iniziare l’allevamento delle vongole è costituito da un misto di sabbia e fango, anche se possono essere ottenuti buoni risultati su sedimenti completamente sabbiosi o fangosi a condizione che vi sia una buona ossigenazione.

Il periodo ottimale per effettuare la semina è quello primaverile, quando la temperatura dell’acqua è superiore a 14°C e cominciano a manifestarsi le prime “fioriture” di microalghe.

 

La semina viene effettuata a spaglio in condizioni di bassa marea, in maniera da facilitare il lavoro e consentire di monitorare l’infossamento delle giovani vongole, che in genere avviene entro 5-15 minuti.

 

La raccolta viene effettuata manualmente, con rastrelli a mano o rasche o con la rasca meccanica con fuoribordo, il rastrello vibrante, la draga turbosoffiante o la motorasca. Questi ultimi strumenti però causano danni al fondale.

 

In seguito alla raccolta il prodotto viene selezionato tramite l’utilizzo di setacci manuali o meccanici.

In Italia la gran parte delle vongole allevate viene commercializzata come prodotto fresco.

 

Stagionalità delle vongole

Le vongole sono disponibili durante tutto l’anno in commercio e la loro shelf-life, in presenza di condizioni esterne ottimali, appare piuttosto lunga rendendo questa specie molto gradita sul mercato.

 

Preparazione e Conservazione delle vongole

Per pulire le vongole, innanzitutto fate una cernita delle vongole, eliminando quelle aperte o rotte, perchè essendo morte, potrebbero essere rischiose o comunque avere un cattivo sapore.

Poi battete su di un piano o un tagliere ogni singola vongola, in modo da far perdere già un po’ di sabbia ed impurità.

Ponetele in un colapasta poggiato su una ciotola (assicuratevi che non tocchi il fondo) e sciacquatele più volte sotto acqua corrente. Potete lasciarle a mollo per alcuni minuti, poi cambiare l’acqua più volte, fino a quando sul fondo della ciotola non ci saranno più residui di sabbia.

 

Un altro metodo di pulizia è quello che prevede l’uso del sale: potete aggiungere il sale grosso alle vongole in ammollo in questo modo ricreerete una condizione simile all’acqua di mare e le vongole spurgheranno facilmente la sabbia.

Lasciatele spurgare così per almeno 5-6 ore, controllando di tanto in tanto se rilasciano la sabbia, e in caso affermativo, scuotetele e cambiate l’acqua, almeno un paio di volte e comunque fino a quando non vedrete più tracce di sabbia.

 

Una volta che le vongole saranno pulite, saranno pronte per essere cucinate. Per far aprire le vongole, è necessario metterle a cuocere in un tegame capiente; solitamente si usa insaporire con uno spicchio d’aglio e un filo d’olio.

 

Se le vongole non vengono consumate subito, mettetele in un recipiente coperte con acqua fredda, oppure avvolte in un panno umido e riponetele in frigorifero sino al momento della preparazione. Si consiglia di utilizzarle in giornata o al massimo entro le 24 ore.

Le vongole possono essere congelate previa cottura semplice, mettendole in un contenitore di vetro, con la loro acqua di cottura. Consumatele entro 2-3 mesi.



Orata

Orata

 

filetto di orata

Famiglia: Sparidae

Genere: Sparus

Specie: Sparus aurata L.

 

L’orata

L’orata è un pesce di mare appartenente alla famiglia degli Sparidi, con un corpo di forma ovale, testa robusta e occhi piccoli. È presente nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico orientale.

 

È un pesce che può raggiungere una lunghezza di 70 cm e un peso superiore ai 5 kg; può arrivare a vivere anche venti anni.

 

L’orata è la specie che viene più comunemente allevata nell’area Mediterranea e la Grecia è il maggior produttore europeo. In Italia le regioni che dove si registrano le maggiori produzioni di orata sono Toscana, Puglia e Sicilia.

 

L’orata che si trova in commercio proviene dalle attività di pesca in mare aperto o dagli allevamenti.

 

Proprietà nutrizionali dell’orata

tabella con i valori nutrizionali dell'orata selvatica e dell'orata surgelata
Tabella con i valori nutrizionali dell’orata selvatica e dell’orata surgelata.

Valori nutrizionali dell’orata selvatica e dell’orata surgelata

L’orata è un pesce bianco dal limitato potere calorico, ricco in proteine e grassi insaturi, nonostante il quantitativo sia inferiore se paragonata al pesce azzurro.

 

Tra i nutrienti contenuti in questo pesce sono ben presenti gli omega 3, il calcio, il fosforo, lo iodio, il ferro e il selenio.

 

Benefici dell’orata

Nell’orata sono presenti gli acidi grassi omega 3, che sono fondamentali per proteggere la salute cardiovascolare.

Ricordiamo che una porzione, che corrisponde a un filetto di orata, è in grado di superare il fabbisogno medio giornaliero di omega-3.

Secondo diversi studi, questi acidi grassi sarebbero in grado di abbassare i livelli di colesterolo cattivo LDL, migliorare la sensibilità all’insulina e, probabilmente proteggere dalle malattie neurodegenerative.

 

Per quanto riguarda i minerali il calcio e il fosforo sono i più concentrati, fondamentali per lo sviluppo e per la salute delle ossa e dei denti, buono è anche il contenuto di iodio, essenziale per le funzioni regolate dagli ormoni tiroidei, e di ferro, componente dell’emoglobina.

 

La porzione standard consigliata è di 150 grammi, che corrisponde circa a un filetto medio di orata o a un piccola orata intera.

 

Una porzione di orata contiene 105 µg di selenio, ricoprendo quasi il doppio della dose giornaliera raccomandata di questo minerale per la popolazione adulta (fissata a 55 µg).

 

Interazioni dell’orata

L’orata potrebbe contenere tracce di metilmercurio.

 

Produzione e Tecnologia del l’orata

Caratteristiche fisiche dell’orata

L’orata ha un corpo arrotondato con testa robusta e occhi piccoli; in mezzo ad essi presenta una fascia nera ed una dorata, che scompare dopo la morte.

Nella parte anteriore della mascella possiede da 4 a 6 denti simili ai canini e posteriormente denti progressivamente meno affilati, fino a quelli di tipo molariforme.

 

La tonalità della colorazione viene influita dall’ambiente circostante in cui vive.

Il dorso dell’orata è di color grigio-azzurro, i fianchi sono argentati e percorsi da linee longitudinali grigiastre, mentre il ventre è bianco.

L’opercolo branchiale ha il margine rossastro, mentre la pinna dorsale presenta sfumature azzurrognole e quella caudale grigio-verdastre.

 

L’orata si nutre prevalentemente di molluschi ed organismi bentonici.

 

Habitat dell’orata

L’orata vive nelle vicinanze delle coste con fondali rocciosi o arenosi in acque non troppo profonde (al massimo 40 metri di profondità) e purché la temperatura dell’acqua non sia inferiore ai 4°C.

 

È un pesce che da giovane vive in branchi e, con il passare degli anni, tende a diventare solitario. È una specie abitudinaria che si riproduce in inverno (le orate nascono da ottobre a dicembre in alto mare), mentre nei mesi caldi (quando sono diventate forme giovanili) si avvicina alle coste ed entra anche in lagune salmastre per via della maggiore presenza di cibo.

Verso la fine dell’autunno le orate tornano verso il mare aperto dove generalmente scelgono come habitat i fondali rocciosi o caratterizzati dalla presenza di praterie di Posidonia oceanica.

 

Sviluppo dell’orata

È una specie ermafrodita proterandra, ovvero tutti gli esemplari che nascono sono maschi, per poi subire un cambio di sesso sopra una certa dimensione con l’età, diventando a tutti gli effetti femmine.

La maturità sessuale viene raggiunta a 2 anni (20-30cm) dai maschi, mentre la maturazione delle gonadi avviene a 2-3 anni (33-40 cm) per le femmine.

Le femmine possono deporre da 20.000 ad 80.000 uova al giorno, per un periodo di durata superiore ai 4 mesi.

In condizioni di cattività l’inversione sessuale viene condizionata dalle condizioni sociali e da fattori ormonali.

 

Allevamento dell’orata

Esistono diverse modalità di allevamento dell’orata:

 

estensivo, all’interno di lagune o bacini di acqua salata,

 

semiintensivo, all’interno delle lagune in alcune zone che vengono delimitate con delle reti,

 

intensivo, all’interno delle vasche a terra o nelle gabbie a mare.

 

L’allevamento estensivo

In particolare la “vallicoltura” è una tipologia di allevamento estensivo praticata nelle lagune dell’Alto Adriatico, che si basa sulla cattura delle forme giovanili che migrano dal mare alle lagune.

 

Gli avannotti (o larve) riassorbono il sacco vitellino (alimentazione endogena) dopo 3-4 giorni dalla schiusa e vengono poi alimentate con organismi vivi fino a 25-35 giorni dalla schiusa, periodo nel quale avviene la metamorfosi.

I giovanili di circa 45 giorni di età vengono trasferiti all’interno di vasche più grandi, dove la temperatura dell’acqua è di 18°C, in cui avviene la fase di svezzamento.

 

Nell’allevamento estensivo i giovanili, che vengono catturati durante la migrazione dal mare alla laguna attraverso un sistema di trappole, vengono sottoposti alla fase di ingrasso utilizzando gli avannotti pescati o l’”impesciamento”, tipologia di semina che viene effettuata con materiale proveniente dalle avannotterie.

 

L’allevamento semintensivo

Nell’allevamento semintensivo i giovanili introdotti, per accorciare i tempi di allevamento e ridurre la mortalità, a volte vengono precedentemente sottoposti alla fase di pre-ingrasso negli impianti di tipo intensivo.

In questo tipo di allevamenti è frequente la pratica di fertilizzazione delle acque di allevamento e, in alcuni casi, il cibo naturalmente presente viene integrato con la somministrazione di mangime artificiale ed aggiunta di ossigeno in acqua.

 

L’allevamento intensivo

Nell’allevamento intensivo (ad oggi tecnologia produttiva più utilizzata per questa specie) le orate generalmente vengono allevate in vasche di calcestruzzo oppure in vasche scavate a terra ed impermeabilizzate con teli di PVC.

L’orata allevata alle temperature ottimali (18-26°C) raggiunge i 400 g in 10- 12 mesi, ma si adatta bene anche a temperature fino a 32-34°C, mentre tollera poco le basse temperature e non resiste a temperature inferiori di 4°C.

 

Recentemente si sta sviluppando l’allevamento all’interno di gabbie installate in mare, in strutture che possono essere galleggianti, semisommerse o sommerse e di varie dimensioni a seconda del luogo nel quale vengono posizionate.

L’allevamento in gabbia, rispetto a quello tradizionale a terra, permette un notevole risparmio energetico in quanto non è necessario l’utilizzo di pompe per l’approvvigionamento dell’acqua né di filtri per il trattamento delle acque reflue.

La crescita degli esemplari tuttavia risulta rallentata rispetto a quella dell’allevamento in vasche, in quanto la temperatura dell’acqua non può essere modificata.

 

L’alimentazione delle orate viene effettuata tramite l’utilizzo di distributori automatici di mangime oppure a mano, soprattutto nel caso degli animali più grandi.

 

Stagionalità dell’orata

L’orata è disponibile sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione dell’orata

Scelta e conservazione dell’orata

L’orata è fresca quando si presenta con colore vivo, con carne compatta e soda; le squame devono essere ben attaccate al corpo.

Per pulire l’orata si procede eliminando dapprima le squame partendo dalla coda utilizzando un coltello o lo squamatore, poi si devono togliere le interiora incidendo lo stomaco partendo dalla coda verso la testa, infine si tolgono le branchie e la pelle con un coltello affilato. La pelle può essere lasciata in base alle proprie preferenze.

 

Per conservarla appena acquistata deve essere eviscerata e lavata accuratamente sotto acqua corrente.

Conservarla in frigorifero, ben coperta da pellicola alimentare o chiusa in un sacchetto freezer, per 1 o 2 giorni al massimo. Se è molto fresca, è possibile anche congelarla, a -18°C, in appositi sacchetti ben chiusi, avendo l’accortezza di eliminare quanta più aria possibile. Si può così conservare 3 mesi.

 

Come cucinare l’orata

Quando si consuma il pesce, non si dovrebbe aggiungere sale viste le quote già presenti di sodio.

 

L’orata si presta molto ad essere cucinata al cartoccio, dove la sua pancia una volta eviscerata viene riempita con aglio e aromi a piacere e poi cotta in forno avvolta in un cartoccio che può essere di carta stagnola o carta forno. Con questa cottura il pesce conserva inalterato il suo sapore e la sua morbidezza. Si usa portare a tavola l’intero cartoccio e sfilettare il pesce al momento.

Unica cosa a cui prestare molta attenzione è la cottura. La temperatura ottimale del forno dovrebbe essere tra i 200 e i 220° C. Il tempo varia ovviamente in base alla pezzatura del pesce.

 

Con la cottura, e quindi il calore, si annientano le sostanze tossiche eventualmente presenti, come il parassita molto diffuso Anisakis. Per questo motivo è bene consumare l’orata solo dopo averla cucinata.

 

Se invece si vuole consumare cruda, bisogna prima informarsi se il pesce ha subito il congelamento preventivo a 20°C per almeno 24 ore, come previsto dal Regolamento CE 853/2004, sulla «Vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi».

A casa invece, è bene congelare l’orata per almeno 96 ore a -18°C in un congelatore a tre o più stelle, prima di consumarla cruda.



Sogliola

Sogliola

 

sogliola

Famiglia: Soleidae

Genere: Solea

Specie: Solea vulgaris

 

La sogliola: cos’è

La sogliola è un pesce d’acqua salata appartenente alla famiglia Soleidae. Questa specie è diffusa nell’Oceano Atlantico orientale, nel Mar Baltico, nel Mar Nero e nel Mar Mediterraneo, in particolare nell’Adriatico centro-settentrionale.

Le sue carni bianche sono ottime e molto ricercate e viene commercializzato sia fresco che congelato.

 

Differenza tra sogliola e platessa e passera pianuzza

La sogliola (Solea vulgaris) spesso viene confusa con la passera pianuzza (Platichthys flesus) e la platessa (Pleuronectes platessa).

 

Per distinguerle basta sapere che la sogliola è un pesce che vive su fondali sabbiosi fino a 150 metri di profondità e, al momento della nascita, i due occhi sono ai lati della testa mentre crescendo l’occhio sinistro comincia a spostarsi a fianco dell’altro sul lato destro del capo.

La passera pianuzza si trova nel Mar Mediterraneo nell’Oceano Atlantico, è un pesce piatto con corpo liscio ed ovale ed entrambi gli occhio sullo stesso lato della testa anche da adulta.

La platessa invece è un pesce tipico dei mari freddi; si trova infatti nell’Oceano Atlantico Orientale e nel Mar Mediterraneo è scarsamente presente

 

Proprietà nutrizionali della sogliola fresca e surgelata

tabella con i valori nutrizionali della sogliola fresca e surgelata
Tabella con i valori nutrizionali della sogliola fresca e surgelata.

Sogliola valori nutrizionali

La sogliola è un pesce magro altamente proteico. Per quanto riguarda i grassi, è ricca di acidi grassi omega 3, fondamentali per la corretta struttura cellulare e per il corretto sviluppo del sistema nervoso.

 

Tra i minerali troviamo il potassio ed il fosforo; tra le vitamine quelle più concentrate sono la vitamina A e B.

 

La sogliola è anche uno dei pochi pesci che contengono i folati, per cui il suo consumo è consigliato anche in gravidanza. L’acido folico può, infatti, ridurre fino al 70% il rischio che il nascituro sviluppi malformazioni congenite.

 

Sogliola benefici

La sogliola è un pesce a basso contenuto proteico e a basso contenuto di grassi. Queste caratteristiche fanno si che posso essere consumato in molti regimi alimentari anche in tenera età.

Il consumo di questo pesce è inoltre indicato in caso di diarrea.

 

Come scritto precedentemente, i minerali maggiormente presenti sono il potassio e il fosforo. Il primo regola la pressione arteriosa ed è un ottima arma per combattere l’ipertensione, il secondo contrariamente a quello che è il pensiero comune, non serve per la memoria ma per lo più per il mantenimento di ossa e denti.

 

La porzione standard di consumo consigliata è 150 grammi che corrisponde circa a un pesce piccolo o a un filetto medio.

 

Ricordiamo che un filetto di sogliola contiene 1725 mg di fosforo, superando così più del doppio la dose giornaliera raccomandata di questo minerale per la popolazione adulta (fissata a 700 mg).

 

Produzione e Tecnologia della sogliola

Caratteristiche della sogliola

La sogliola è un pesce piatto dal corpo ovale e compresso, con testa piccola, muso arrotondato e bocca piccola ed arcuata. Gli occhi, di cui uno si sposta a fianco dell’altro intorno ai due mesi di vita, sono situati entrambi sulla parte del corpo rivolta verso la superficie dell’acqua.

Le squame sono rettangolari, piccole e spinose ai margini. La pinna dorsale inizia all’altezza dell’occhio superiore e si collega, tramite una membrana, al peduncolo caudale; le pinne pettorali sono piccole e asimmetriche.

 

La sogliola comune può raggiungere dimensioni comprese fra i 30 cm (nel Mediterraneo) e i 50 cm di lunghezza (nell’Atlantico) e il peso in media si aggira attorno ai 200 grammi.

Il colore della parte superiore varia dal bruno-grigio al rossastro, con possibile presenza di piccole macchie, mentre il ventre si presenta biancastro.

 

Habitat e riproduzione della sogliola

La sogliola vive sui fondali marini melmosi e sabbiosi e, nelle ore diurne, si adagia sul fondo sul lato cieco dove scava piccole nicchie per insabbiarsi e mimetizzarsi, mentre di notte esce in cerca di cibo.

Si nutre prevalentemente di anellidi, vermi, piccoli crostacei, piccoli molluschi e piccoli pesci.

 

È un pesce che si riproduce nel periodo invernale deponendo uova che si disperdono in superficie e, al momento della nascita, le larve hanno i due occhi ai lati della testa; nel momento in cui la larva raggiunge i 15mm di lunghezza (intorno ai 2 mesi di vita) l’occhio sinistro comincia a spostarsi a fianco dell’altro.

 

Tecniche di pesca della sogliola

La sogliola viene solitamente pescata con attrezzi da traino come rapidi, sfogliare o ramponi ma può venir catturata anche con reti a strascico e attrezzi fissi (tremagli). Le esche utilizzate sono vongole, mitili, pezzetti di gamberetto o seppioline, vermetti; le vongole resistono bene sull’amo mentre i mitili si sfaldano facilmente e, per questo motivo, sarebbe meglio racchiuderli in ritagli di garza.

Si pesca durante tutto l’anno, in particolare nei mesi autunnali.

La sogliola viene venduta fresca, generalmente eviscerata, o surgelata.

 

Stagionalità della sogliola

La sogliola è di stagione particolarmente nei mesi che vanno da luglio a dicembre.

 

Preparazione e Conservazione della sogliola

Fresca o surgelata, la composizione nutrizionale della sogliola rimane pressoché identica: fonte di proteine nobili, acidi grassi omega-3 a lunga catena, vitamine e minerali.

 

I migliori metodi di cottura per preservare le sue caratteristiche sono al vapore, al cartoccio o al forno.

 

La freschezza della sogliola si riconosce dall’occhio che deve essere sempre sporgente con la pupilla nera, non arrossata e dal colore vivo della pelle, ben aderente al corpo.

La sogliola può essere conservata in frigorifero per un massimo di 24 ore dopo essere stata pulita e avvolta in carta da forno o di alluminio, e può essere congelata solo se molto fresca, per non più di un mese.

 

Dal gusto delicato, si adatta a più di una preparazione. La carne della sogliola è piuttosto soda e saporita e potete trovare questo pesce sia intero sia in filetti. Se volete cucinare una sogliola intera, dovete solo privarla della pelle, lavarla e asciugarla per bene.

Una delle ricette più in e più delicate per cuocere la sogliola, è quella della sogliola al cartoccio. Lavate la sogliola, privatela di pelle, lische e interiora, e lasciatela cuocere in forno avvolta da un cartoccio creato con della carta forno. Aggiungete all’interno del cartoccio insieme al pesce anche dei pomodorini, del basilico, dell’aglio, un pizzico di sale e dell’olio. Cuocete in forno a 160 gradi per 50 minuti e il pesce sarà squisito.



Sardine

Sardine

 

sardine o sarde o sardelle

Famiglia: Clupeidae

Genere: Sardina

Specie: Sardina pilchardus

 

Cos’è la sardina

La sardina, nota anche come sarda o sardella, rientra nella grande famiglia del “pesce azzurro” in cui rientra anche l’aguglia, l’alaccia, l’alice, il cicerello, la costardella, il pesce sciabola o spatola, lo sgombro, il sauro, l’alalunga, la lampuga, la palamita, il pesce spada e il tonno.

 

La sardina è molto diffusa sia nel Mediterraneo che nell’Oceano Atlantico nord-orientale e si trova anche nel Mar Nero.

 

È un pesce dalla carne tenera che si presta a molte tipologie di lavorazioni e conservazioni; in commercio si può trovare fresca, sotto sale o sott’olio.

 

Proprietà nutrizionali delle sardine salate e sott’olio

tabella con i valori nutrizionali delle sardine salate e delle sardine sott'olio
Tabella con i valori nutrizionali delle sardine salate e delle sardine sott’olio.

Valori nutrizionali delle sardine

Le sardine appartengono alla categoria del pesce azzurro e quindi rappresentano una fonte di primaria importanza di acidi grassi omega-3.

Infatti, nonostante la fonte proteica sia al pari della carne, il profilo lipidico è molto diverso, essenzialmente privo di acidi grassi saturi.

 

Tra i micronutrienti quelli maggiormente presenti sono le vitamine B12, B3 e B2, A e D e diversi oligoelementi tra cui potassio, fosforo, sodio, calcio, ferro, magnesio e selenio.

 

Benefici delle sardine

Gli acidi grassi insaturi omega-3 presenti nelle sardine, in particolare l’acido linolenico, sono fondamentali per la salute cardiovascolare e lo sviluppo del sistema nervoso.

 

Oltre al ruolo positivo degli omega-3 sul cuore e sui vasi sanguigni, le vitamine ed i minerali contenuti nelle sardine risultano poi essere ottime fonti di sostanze antiossidanti.

I minerali svolgono anche altre funzioni positive, come il potassio che regola la pressione arteriosa o il fosforo e il calcio che favoriscono la salute di ossa e denti.

 

Il consumo di sardine è molto consigliato in menopausa, grazie al loro ottimo contenuto di vitamina D, calcio e fosforo fondamentali per la salute delle ossa.

 

La porzione giornaliera consigliata è di 150 grammi di sardine fresche.

 

Interazioni delle sardine

In caso di terapia con isoniazide (un antibiotico antitubercolare) o di gotta sarebbe meglio evitare di consumare le sardine.

I soggetti ipertesi inoltre non dovrebbero eccedere con il consumo delle sardine sotto sale, in quanto il sale in esse contenuto rappresenta un fattore di rischio per l’innalzamento della pressione.

 

Produzione e Tecnologia delle sardine

Caratteristiche delle sarde o sardelle

La sardina è una specie pelagica gregaria, ovvero forma banchi di notevoli dimensioni che rimangono in profondità durante il giorno, per poi risalire in superficie nella notte per nutrirsi. Vive in acque marine e salmastre fino ai 100 m di profondità.

 

La sardina ha un corpo cilindrico, slanciato, carenato, rivestito di scaglie caduche e compresso ai fianchi; il colore è verde-blu sul dorso, argenteo sul resto del corpo. Lunga solitamente intorno ai 20-25 centimetri, può raggiunge una lunghezza massima di 27,5 cm.

Il sapore ed il colore delle sardine varia a seconda del mare in cui vengono pescate: in Mar Adriatico le sardine sono più grasse perché hanno a disposizione maggiori quantità di cibo ed hanno un colore più verdastro sul dorso, mentre quelle tirreniche sono più azzurre e più magre.

 

Tecniche di pesca delle sardine

Le sardine vengono pescate tutto l’anno utilizzando principalmente reti a circuizione o reti a traino pelagico.

Durante la pesca è possibile che avvengano catture accidentali di forme postlarvali o neonate di sardina, i cosiddetti “bianchetti“, la cui cattura è illegale nell’Unione Europea, ma la cui pesca permane in molte aree per il suo elevato valore di mercato.

 

La qualità del prodotto dipende sostanzialmente da due aspetti: il metodo di cattura e il congelamento.

Con il metodo di cattura a strascico le sardine escono già rovinate a causa della pressione che si genera nel sacco, con la cattura a circuizione invece i pesci si stressano meno e rimangono integri, mantenendo una qualità migliore.

Per quanto riguarda il congelamento, se viene fatto a bassissime temperature ed in breve tempo, si avrà un prodotto surgelato che si conserverà meglio e perderà meno acqua quando verrà scongelato; al contrario se il raffreddamento sarà lento e non immediatamente dopo la cattura, la qualità sarà decisamente scadente.

 

Le carni della sardina sono ottime, saporite e gustose, a patto che siano consumate freschissime, perché è un pesce facilmente deperibile. Di solito la si trova fresca già squamata ma viene commercializzata anche surgelata, inscatolata o confezionata sott’olio.

 

Le categorie di pesce sul mercato

I prodotti della pesca commercializzati in UE rispettano certi requisiti a seconda del grado di freschezza e della categoria di calibro cui appartengono.

In particolare esistono tre categorie di freschezza (A, B o extra) e cinque categorie di calibro (1,2,3,4 e 4 Mediterraneo), quest’ultime calcolate in base al peso del pesce.

 

  • Per rientrare nella categoria A il pesce deve presentare:
    occhio convesso e leggermente infossato, pupilla oscura, cornea leggermente opalescente; branchie colore meno vivo, più pallido sui bordi, muco trasparente e senza odore di alghe marine; opercoli argentati, leggermente colorati di rosso o di marrone; consistenza della carne assai rigida, soda; muco cutaneo leggermente torbido e pelle con perdita di lucentezza e aspetto meno brillante, dai colori più smorti e con minore differenza tra superficie dorsale e ventrale.

 

  • Nella categoria B il pesce presenta:
    occhio piatto con pupilla offuscata e soffusioni ematiche attorno all’occhio; branchie in via di fitta decolorazione con muco opaco e dall’odore grasso leggermente solforoso; opercoli con imbrunimento e estese soffusioni ematiche; consistenza della carne leggermente molle; muco cutaneo lattiginoso e pelle spenta, senza lucentezza, dai colori slavati e, se si incurva il pesce, si assiste alla formazione di pieghe.

 

  • Nella categoria extra si ha:
    occhio convesso, sporgente, pupilla blu-nera brillante e «palpebra» trasparente; branchie di colore uniforme da rosso scuro a porpora senza muco e con odore fresco di alghe marine, piccante, salso; opercoli argentati; consistenza della carne molto soda, rigida; muco cutaneo acquoso, trasparente e pelle con pigmentazione cangiante, colori vivi, brillanti, con tendenza all’iridescenza e con una netta differenza tra superficie dorsale e ventrale.

 

Stagionalità delle sardine

La sardina si trova in commercio tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione delle sardine

Al momento dell’acquisto, la sardina si deve presentare ben rigida al tatto. Quando è fresca una sardina possiede un odore delicato e gradevole, non ammoniacale. Il corpo è rigido e sodo, con aspetto brillante e squame aderenti, il ventre non dev’essere gonfio. Le branchie hanno un colorito rosaceo, tendente al rosso; l’occhio, infine, dev’essere sporgente con pupilla nera, non arrossata.

 

Vi consigliamo di consumare le sardine associandole ad un’insalatona ed accompagnate da una piccola porzione di cereali integrali, magari aggiungendo semi oleosi o frutta a guscio.



Sgombro

Sgombro

 

sgombro

Famiglia: Scombridae

Genere: Scomber

Specie: Scomber scombrus

 

Cos’è lo sgombro

Lo sgombro, conosciuto anche come maccarello, scombro, agerto o lacerto a seconda delle zone d’Italia, è un pesce azzurro appartenente alla famiglia degli Scombridi.

 

Presenta un corpo fusiforme ed appuntito che raggiunge i 25-50 cm di lunghezza, una bocca ampia e piccoli denti aguzzi.

 

Lo sgombro è un pesce pelagico e gregario (forma banchi di diverse centinaia di individui) ed è diffuso nel Mar Mediterraneo nei bacini occidentale e centrale, nell’Oceano Atlantico settentrionale, nel Mare del Nord e nel Mar Nero.

Nel periodo della riproduzione tende ad abbandonare le acque profonde per avvicinarsi alle coste e risalire quasi in superficie.

 

In commercio lo sgombro si trova fresco, surgelato, affumicato, inscatolato o sott’olio.

 

Proprietà nutrizionali dello sgombro in salamoia e dello sgombro sott’olio

tabella con i valori nutrizionali dello sgombro in salamoia e dello sgombro sott'olio
Tabella con i valori nutrizionali dello sgombro in salamoia e dello sgombro sott’olio.

Sgombro valori nutrizionali

Lo sgombro appartiene alla famiglia del pesce azzurro ed è noto per il suo contenuto in acidi grassi polinsaturi omega-3, in maggiore quantità si trovano quelli a lunga catena, EPA e DHA.

 

A livello di proteine, lo sgombro presenta un quantitativo proteico ad alto valore biologico, presentando tutti gli aminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni.

 

Tra le vitamine spiccano quelle del gruppo B e le liposolubili A e D, buono è anche il contenuto dello sgombro di calcio, così come in tutto il pesce azzurro.

 

Sgombro benefici

L’EPA (Acido eicosapentaenoico) e il DHA (Acido docosaesaenoico) contenuti nello sgombro sono grassi buoni ed essenziali, fondamentali per la salute vascolare. Gli omega-3 sono inoltre necessari anche per una corretta struttura cellulare e per il corretto sviluppo del sistema nervoso, inoltre quelli contenuti nelle fonti animali sono già biologicamente attivi.

 

Lo sgombro ha un buon contenuto di calcio utile a favorire la salute di ossa e denti e per prevenire l’osteoporosi.

 

La porzione di consumo standard consigliata è 150 grammi di sgombro che corrisponde circa a un pesce piccolo o un filetto medio.

 

Il consumo di questo pesce potrebbe essere utile in caso di carenza di vitamina B12.

 

Uno sgombro infatti contiene 10,5 µg di vitamina B12superando così quasi la dose giornaliera raccomandata di questa vitamina fissata a 2,4 µg per la popolazione adulta.

Non solo, un piccolo sgombro è in grado anche di superare il fabbisogno medio giornaliero di omega-3, sempre facendo riferimento alla popolazione adulta.

 

Sgombro e istamina

Il nome dello sgombro può essere associato alla così chiamata “sindrome sgombroide”, ovvero un’intossicazione alimentare da istamina.

In Italia tuttavia i casi sono molto rari, ma generalmente può essere dovuta ad una non corretta conservazione nella fase di stoccaggio del pescato o anche allo scarso rispetto delle norme igieniche nelle fasi di trasformazione e conservazione.

 

Produzione e Tecnologia dello sgombro

Caratteristiche dello sgombro

Lo sgombro è un pesce molto diffuso e presenta un corpo fusiforme che può raggiungere una lunghezza massima di 50 centimetri, interamente coperto da piccole scaglie, occhi muniti di una palpebra adiposa anteriore e di una posteriore e denti piccoli.

Ha due pinne dorsali, piuttosto piccole e molto distanziate fra loro; dietro la seconda pinna dorsale e la pinna anale sono presenti alcune pinnule. La pinna caudale è nettamente incisa in due lobi molto sottili.

Il corpo aerodinamico e la testa appuntita gli conferiscono rapidità nel nuoto (fino a 10 km / h).

 

La colorazione è verde-bluastra brillante dorsalmente, bianco-argentea giallastra sui fianchi per sfumare poi in un bianco argenteo sul ventre; il dorso è inoltre percorso da una serie di strisce scure verticali con andamento piuttosto irregolare.

La sua carne si presenta bianca, morbida e grassa, da un sapore deciso e molto apprezzato.

 

Habitat dello sgombro

Lo sgombro ha un periodo demersale, ovvero vive al largo vicino al fondale, senza essere bentonico (specie che passa tutto o gran parte del tempo sul fondale) da ottobre a febbraio e un periodo pelagico, ovvero nell’acqua aperta stando poco sul fondale, da febbraio a ottobre.

Durante il periodo pelagico, i pesci si concentrano in zone ricche di cibo avvicinandosi alla costa; tale periodo corrisponde alla stagione riproduttiva, che va da aprile a luglio. La sua distribuzione batimetrica è ampia in quanto si trova tra 0 e 250 m.

 

Ciclo di vita dello sgombro

Allo stato larvale lo sgombro si nutre principalmente di zooplancton (i copepodi rappresentano il 70% della sua dieta); invece l’adulto nella stagione riproduttiva di crostacei pelagici.

Può ingerire anche piccoli pesci, anche pelagici come sardine, spratti, acciughe, aringhe, uova e larve di pesci, gamberi, vermi e molluschi gasteropodi e meduse (tra le quali Aglantha digitale).

 

La stagione riproduttiva dipende dalla temperatura dell’acqua e quindi dalla zona frequentata dagli individui e coincide con i mesi primaverili ed estivi.

La deposizione delle uova avviene a una temperatura di 12-13°C e ad una profondità di 80-120 metri; tali uova sono gialle di forma sferica (1,2-1,4 mm di diametro), fluttuanti e si schiudono dopo 6-7 giorni. Le larve, alla lunghezza di 6 mm, assorbono il sacco vitellino e possiedono mandibola già munita di denti.

Dopo un anno lo sgombro misura circa 25 cm e pesa circa 100 g. Il suo tasso di crescita poi diminuisce poiché raggiunge la maturità sessuale intorno ai 3 anni, quando misura circa 30 cm.

 

La stagione di pesca va dalla primavera all’autunno e la tecnica maggiormente utilizzata consiste nell’utilizzo di un’imbarcazione per raggiungere il mare aperto.

 

Stagionalità dello sgombro

Lo sgombro è costantemente presente sui nostri mercati e rappresenta una specie di rilevante importanza per l’industria della pesca ed in parte per quella conserviera.

 

Preparazione e Conservazione dello sgombro

Gli omega-3  rimangono anche nello sgombro sott’olio a differenza di quello che accade per il tonno. Il consiglio è comunque di non utilizzarlo più di una vota a settimana nella versione in scatola al naturale o in olio extravergine di oliva perché conservato con aggiunta del sale.

Mentre vi ricordiamo che quando si consuma il pesce, non si dovrebbe aggiungere sale viste le quote già presenti di sodio.

 

Quello che invece danneggia gli omega-3 è la cottura in misura tanto maggiore quanto più è prolungata o ad alte temperature. Per questo, il modo migliore di preservarli quando si consumano attraverso il pesce, è preferire cotture rapide e delicate, oppure consumare il pesce crudo dopo abbattimento termico mediante congelamento di 96 ore nel freezer a -18°C.

 

Lo sgombro è ottimo da utilizzare in molte ricette mediterranee, appartenenti soprattutto alla cucina regionale del Sud Italia. Si presta per la creazione di primi piatti o secondi piatti gustosi, oppure per creare delle fresche insalate estive, soprattutto con i filetti di sgombro sott’olio.

Pulirlo è molto semplice, è un pesce che non ha squame quindi è necessario solo privarlo delle viscere e delle pinne. Prestate attenzione agli occhi, se lo acquistate fresco, che devono mostrarsi lucidi e non opachi.

 

Le proposte di ricetta di FBO con lo sgombro

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Nasello

Nasello

 

nasello surgelato

Famiglia: Merlucciidae

Genere: Merluccius

Specie: Merluccius merluccius

 

Cos’è il nasello

Il nasello è un pesce bianco che vive in branco in acque profonde tra i 30 e i 100 metri, deponendo le uova in prossimità delle coste dove le temperature sono più miti.

 

Il nasello è un pesce migratore ed è il più pescato al mondo per la sua grande diffusione.

 

Specie di nasello

Nel genere Merluccius rientrano diverse specie:

 

–  Merluccius merluccius (“nasello”) presente nel Mar Mediterraneo, nel sud del Mar Nero e nell’Oceano Atlantico orientale,

– il Merluccius productus (“nasello del Pacifico”) diffuso nell’Oceano Pacifico nel tratto compreso tra l’isola di Vancouver e il golfo di California,

– il Merluccius hubbsi (“nasello atlantico”) che si trova soprattutto nell’Oceano Atlantico sud occidentale, lungo le coste dell’Argentina,

– e il Merluccius capensis (“nasello sudafricano”) presente nell’Oceano Atlantico lungo le coste sudafricane e dell’Angola.

 

La specie più diffusa è il “nasello”, Merluccius merluccius, che raggiunge i 140 cm di lunghezza e 15 kg di peso per quello pescato nel mare del Nord, o i 35 cm e i 5 kg se pescato nel Mediterraneo; il motivo di tale differenza risiede nella maggior disponibilità di cibo nel mare del Nord.

 

In commercio è disponibile il nasello fresco, surgelato e a filetti.

 

Proprietà nutrizionali del nasello surgelato e fresco

tabella con i valori nutrizionali del nasello fresco e del nasello surgelato
Tabella con i valori nutrizionali del nasello crudo, del nasello surgelato e del nasello surgelato a filetti.

Valori nutrizionali del nasello surgelato e fresco

Sia il nasello surgelato che quello crudo, presentando un contenuto lipidico inferiore all’1%, rientrano nella categoria “pesce magro”. Il contenuto dei grassi nei pesci varia in funzione della morfologia, delle condizioni di sviluppo, della tipologia di alimentazione e anche dei metodi di trasformazione che subisce.

 

I lipidi del nasello, collocati prevalentemente nella parte ventrale del pesce, presentano un buon quantitativo di acidi grassi polinsaturi quali EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) che, andando facilmente incontro a degradazione, contribuiscono a rendere il pesce deperibile.

 

Il nasello contiene proteine in cui sono presenti amminoacidi quali acido glutammico, acido aspartico, lisina e leucina, e fornisce un buon apporto proteico che, come si può notare in tabella, non varia tra il fresco e il surgelato, ma si riduce leggermente nei filetti di nasello surgelati.

 

Per quanto riguarda i carboidrati la loro presenza è minima o in traccia.

 

La frazione azotata non proteica invece è responsabile del tipico sapore delle carni del pesce ed è costituita da amminoacidi liberi, quali arginina, lisina ed istidina, da dipeptidi e oligopeptidi, da urea, ammoniaca e TMAO (ossido di trimetilamina).

 

Il nasello rappresenta una buona fonte di fosforo. Con la surgelazione la riduzione dell’apporto di vitamine e sali minerali è minima.

 

Benefici del nasello

Il nasello è costituito da una carne molto digeribile che può essere quindi inserita in numerosi piani nutrizionali.

Questo pesce è inoltre composto da proteine al alto valore biologico, omega- 3 che è un grasso essenziale e potassio, un minerale che regola la pressione arteriosa.

 

La porzione di consumo consigliata è 150 grammi di pesce fresco che corrisponde a un pesce piccolo o un filetto medio. Altrimenti, se il pesce è conservato, la porzione consigliata è di 50 grammi.

 

Produzione e Tecnologia del nasello

Il nasello è un pesce bianco con carni magre, saporite e facilmente digeribili; presenta un corpo allungato e sottile, di colore grigio-nero sul dorso, argenteo sui fianchi, bianco sporco sul ventre e la bocca nera.

 

Vive in acque profonde sui fondali dove riesce a reperire il nutrimento e si avvicina alle coste in branchi numerosi solo per la riproduzione, che avviene nel periodo invernale e primaverile.

 

Il nasello nel Mediterraneo viene pescato durante tutto l’anno mediante l’utilizzo di reti a strascico o, in alcune zone, catturato con la lenza.

A causa delle difficoltà di approvvigionamento e per garantire una continua presenza sui banchi del mercato, oggi si trova prevalentemente quello di allevamento.

 

Sul mercato il nasello si può trovare fresco intero o sfilettato o congelato, intero o a filetti o tranci.

 

Preparazione e Conservazione del nasello

In un nasello fresco la carne si presenta soda ed elastica, di colore bianco con sfumature iridescenti.

Il corpo non deve presentare tracce di sangue e l’occhio deve essere vivo e sporgente, il tutto secondo quanto stabilito dal Regolamento CE n. 2406 del 26/11/96, relativo alla valutazione della freschezza del pesce.

 

Se acquistato fresco, è preferibile consumare il pesce il giorno stesso, ricordandosi di lavarlo accuratamente e di privarlo della pelle scura presente sotto l’addome prima della cottura.

 

La cottura alla griglia è il metodo che permette maggiormente di evitare la perdita di acidi grassi insaturi ω-3, diversamente dalla cottura al forno o in acqua bollente per 20 minuti.

Per il consumo casalingo è preferibile consumare il pesce cotto anziché crudo o marinato (ovvero con aggiunta di aceto e succo di limone) in modo tale da evitare la presenza di un parassita, l’Anisakis, che si elimina attraverso la cottura o l’abbattimento termico in congelatore.

 

Se non si consuma subito può essere conservato nella zona più fredda del frigorifero per un giorno oppure può essere congelato in freezer, dove si conserverà per circa 6 mesi.

Durante lo scongelamento, per evitare sbalzi termici elevati, si consiglia di porlo in frigorifero. Anche se il congelamento non altera il valore nutrizionale, la conservazione in freezer determina comunque l’irrancidimento degli ω-3.



Alici o Acciughe

Alici o Acciughe

 

alici o acciughe

Famiglia: Engraulidae

Genere: Engraulis

Specie: Engraulis encrasicolus

 

Storia delle alici o acciughe

L’acciuga (o alice) è un pesce azzurro dalle dimensioni ridotte, circa 12 cm, ma può arrivare anche a misurare 20 cm.

È una specie pelagica, il che significa che trascorre gran parte del ciclo vitale lontano dal fondo marino anche se depone le uova sui bassi fondali sabbiosi.

Infatti nei mesi autunnali ed invernali vive a 100-200 m di profondità, salvo poi avvicinarsi alle coste spostandosi in branchi nei restanti periodi dell’anno.

 

Si tratta di una specie diffusa nel Mare Mediterraneo, nel Mar Nero, nell’Oceano Atlantico orientale (tra la Norvegia e il Sudafrica) e nel Mar Baltico.

In Italia si trova soprattutto nel Mar Adriatico, nel Golfo di Genova e nel Canale di Sicilia.

 

Tipologie di Acciuga

In Liguria le larve di acciuga (e di sarda) sono indicate con i termini di “bianchetti” o “gianchetti“.

 

Con il Regolamento CE n 776 del 4/08/2008 è stata riconosciuta l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) alle “ Acciughe sotto sale del Mar Ligure”, indicazione riservata a acciughe salate, prodotte e lavorate nella Regione Liguria.

 

In commercio l’acciuga è disponibile fresca, sott’olio, sotto sale e come pasta di acciuga.

 

Proprietà nutrizionali delle alici o acciughe

alici tabella

Valori nutrizionali delle alici o acciughe

La concentrazione di lipidi, carboidrati e proteine nei pesci è influenzata oltre che dalla specie, dalla morfologia, dalle condizioni di sviluppo e di alimentazione, anche dalla tipologia di trasformazione (sotto sale, sott’olio) applicata.

 

L’alice fresca appartiene alla famiglia del pesce azzurro e rientra nella classe dei pesci “magri” in quanto presenta un contenuto lipidico inferiore al 3%.

I lipidi dei pesci contengono una buona quantità di acidi grassi insaturi che vanno incontro facilmente ad alterazioni, rendendo il pesce facilmente deperibile.

 

Maggior fonte dei lipidi è rappresentato da trigliceridi (l’olio di pesce) e possono contenere acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA), due acidi grassi polinsaturi della classe ω-3.

 

Le proteine, componenti fondamentali dei muscoli, rappresentano circa il 17% delle alici fresche.

Sono presenti anche amminoacidi liberi quali arginina, lisina, istidina che, insieme a creatina, creatinina, dipeptidi e oligopeptidi, urea, ammoniaca e ossido di trimetilammina (TMAO), che costituiscono la frazione azotata non proteica responsabile del sapore tipico della carne dei pesci.

 

Le alici sott’olio risultano più caloriche e apportano un quantitativo maggiore di proteine, lipidi, potassio e magnesio rispetto a quelle sotto sale o fresche.

 

L’acciuga in generale è una buona fonte di calcio, potassio, fosforo, cloro e zolfo e di vitamine del gruppo B (soprattutto di niacina), di vitamina A e D.

 

Benefici delle alici o acciughe

Gli ω-3, acidi grassi polinsaturi, contenuti nelle alici sono grassi buoni ed essenziali importanti per la salute del sistema cardiovascolare, per il corretto sviluppo del sistema nervoso e per una corretta struttura cellulare.

 

Le acciughe, così come tutto il pesce azzurro, presentando un buon contenuto di calcio sono utili per la prevenzione dell’osteoporosi.

 

La porzione consigliata per il prodotto fresco o surgelato è di 150 grammi, per quello conservato è di 50 grammi (riferita al peso sgocciolato).

Solitamente si consiglia di consumare pesce fresco 2-3 volte alla settimana e di non utilizzare più di una volta a settimana quello conservato.

 

Una decina di alici crude contengono 16,5 µg di vitamina D, superando così la dose giornaliera raccomandata di questa vitamina per la popolazione adulta (che è di 15 µg sia per gli uomini che per le donne).

 

Interazioni delle alici o acciughe

Il consumo di alici potrebbe interferire con l’assunzione dei farmaci inibitori delle MAO (monoamminoossidasi) utilizzati per trattamento della depressione o del Parkinson, e del linezolid, un antibatterico ossazolidinonico.

 

Produzione e Tecnologia delle alici o acciughe

Caratteristiche delle alici o acciughe

L’acciuga presenta un corpo affusolato con ventre liscio ed arrotondato. La testa è allungata e rappresenta circa il 25% della lunghezza totale. La colorazione è azzurra con sfumature verdastre sul dorso (che diventa grigiastra dopo la pesca), argentea sui fianchi e sul ventre.

 

Si nutre prevalentemente di zooplancton, un insieme naturale di organismi erbivori e carnivori, ma anche di molluschi, pesci e crostacei di piccole dimensioni.

 

Il periodo di riproduzione va da aprile a novembre e ogni femmina può deporre fino a 40.000 uova del diametro di un millimetro che, dopo due o tre giorni dall’emissione, si schiudono.

 

La pesca

La pesca si effettua da marzo a maggio (in questo periodo si hanno le acciughe più pregiate in quanto le uova sono appena state deposte) e da luglio ad ottobre nell’area del Mediterraneo, Mar Nero ed Atlantico orientale.

Questa specie abbonda nei mari ma si può anche ritrovare in lagune, stagni salmastri ed estuari per via della sua capacità di adattarsi agli sbalzi di salinità.
Inoltre l’allevamento o acquacoltura permette di trovare l’acciuga nei mercati ittici per tutto l’anno e a prezzi contenuti.

 

La pesca delle acciughe può essere effettuata con diverse tecniche.

La più nota è quella con le cosiddette “lampare”, ovvero grandi lampade montate sulle imbarcazioni che illuminano una porzione di mare in modo da attirare i pesci in superficie; in seguito i pescatori imprigionano il branco nelle reti a circuizione calate a profondità diverse.

 

Tecniche di Produzione per i diversi tipi di alici

Una volta pescate le acciughe vengono subito sottoposte alla ghiacciatura, ovvero coperte con ghiaccio tritato per mantenere la freschezza fino ad un massimo di 14 giorni, ed entro 12 ore vengono portate nello stabilimento dove vengono immerse in salamoia per 15-20 minuti.

 

Le acciughe fresche

In seguito le acciughe fresche vengono raccolte in apposite ceste e trasferite nei banchi di lavoro dove vengono eviscerate, selezionate, risciacquate in salamoia e conservate a -2°C.

 

Il prodotto fresco viene posto in cassette di legno, stoccato ed inviato alla distribuzione, facendo attenzione alla catena del freddo (a temperature di refrigerazione).

 

Le acciughe sotto sale

Per la produzione delle acciughe sotto sale invece, in seguito all’eviscerazione, il prodotto viene messo in barili di castagno o in vasi di terracotta in strati sovrapposti, ricoprendo ogni strato con sale alimentare marino a media granulatura. Questo passaggio permette una lenta maturazione delle carni ed il controllo delle fermentazioni.

Sull’ultimo strato viene collocato un disco di legno e un peso di circa 40/50 Kg che esercita una pressione costante durante tutto il periodo di stagionatura.

 

La stagionatura dura circa 40/50 giorni in condizioni di temperatura controllata.

I pesi permettono la formazione del liquido di estrazione, che dopo 4-5 giorni deve essere sostituito con una salamoia di media (18-25%) o forte (25-33%) concentrazione.

La salagione ottimale si ha quando la carne risulta compatta, consistente e raggiunge una colorazione dal rosa intenso al marrone.

 

Successivamente le acciughe vengono poste in contenitori cilindrici di vetro trasparente, denominati “arbanelle“.

Per evitare l’ossidazione del prodotto, nelle arbanelle l’ultimo strato di acciughe viene completamente ricoperto dalla salamoia e sopra di esso viene posto un dischetto di ardesia, di vetro o in plastica ad uso alimentare che ha lo scopo di tenere pressate le acciughe.

La confezione, pronta per l’immissione sul mercato, deve essere sigillata.

 

Le acciughe sott’olio

Le acciughe sott’olio, invece, dopo la stagionatura vengono lavate in salamoia e filettate, ovvero ne viene estratta la lisca.

In seguito all’asciugatura vengono poste in contenitori di vetro, immerse in olio. I contenitori sono chiusi ermeticamente ed etichettati.

 

La pasta di acciughe

Per l’ottenimento della pasta di acciughe, in seguito alla salatura, le acciughe vengono triturate ed impastate con olio, in modo da amalgamare e rendere omogeneo il prodotto. A questo si aggiungono sale ed aromi naturali.

Successivamente la pasta viene confezionata in recipienti a chiusura ermetica quali scatole o tubetti.

 

Stagionalità delle alici o acciughe

Le alici sono presenti sul nostro mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione delle alici o acciughe

Nel Regolamento CE n. 2406 del 26/11/96 sono definite le regole per la valutazione della freschezza del pesce.

I prodotti sono suddivisi in quattro categorie:

 

  • extra ovvero un “prodotto privo di scorticature, segni di pressione, sudiciume di decolorazione e di odori anormali”
  • A
  • B in cui si hanno segni evidenti di pressioni e scorticature
  • non ammesso alla commercializzazione

 

Il pesce è fresco quando presenta una pigmentazione viva e lucente, un muco cutaneo trasparente ed occhi convessi (sporgenti) con una pupilla nera brillante e cornea trasparente.

 

Le alici intere appena acquistate non devono essere sciacquate in acqua dolce perché la rimozione di sale accelera la decomposizione, ma vanno eviscerate e poste in frigorifero per una conservazione di massimo due giorni.

Se non vengono consumate in giornata, si possono conservare in frigorifero per 1-2 giorni o, in alternativa congelarle in freezer, dove si potranno conservare per circa 6 mesi.

 

Per evitare sbalzi termici elevati, si consiglia di effettuare lo scongelamento in frigorifero prima della cottura. Anche se il congelamento non altera il valore nutrizionale, la conservazione in freezer determina comunque l’irrancidimento degli ω-3.

 

Il metodo di cottura migliore, per evitare perdita di ω-3, è quello alla griglia; una minima riduzione si ha invece con la cottura al forno o in acqua bollente per un massimo di 20 minuti.

 

Per il consumo casalingo è preferibile assumere pesce cotto anziché crudo o marinato (ovvero con aggiunta di aceto e succo di limone) per evitare di incorrere nella presenza dell’Anisakis, un parassita la cui presenza si elimina con la cottura o l’abbattimento termico in appositi congelatori.

 

Le nostre proposte di ricette con le alici