Pinoli

Pinoli

 

pino da pinoli

Famiglia: Pinaceae

Genere: Pinus

Specie: Pinus pinea L.

 

Pinoli: storia e produttori

I pinoli sono i semi di piante di pino, albero originario del Mediterraneo, ora diffuso nelle foreste fredde dell’emisfero nord, ovvero in Siberia e Canada, in Asia e in Italia, soprattutto nel Lazio e nella Toscana (pineta di Classe a Ravenna e le pinete di Migliarino e San Rossore a Pisa, di Cecina a Livorno, di Duna Feniglia a Grosseto e di Castel Fusano nel Lazio).

 

Il maggiore produttore mondiale di pinoli è la Cina, che esporta un prodotto di qualità inferiore rispetto a quello del bacino del Mediterraneo; gli altri produttori sono Spagna, Turchia, Italia, Portogallo e Pakistan.

 

Specie di pino

Esistono due specie di pino europeo adatte alla coltivazione che producono semi commestibili:

il Pinus pinea, miglior pino domestico chiamato anche pino da pinoli e considerato l’albero simbolo dell’Italia, e il pino cembro che cresce bene anche in zone disagevoli.

 

Altre varietà note di pini sono il pino nero, che cresce sulle Alpi Orientali e sull’Appennino Abruzzese, e il pino laricio, una varietà presente in varie regioni dell’Italia meridionale, specialmente in Calabria e in Sicilia, che fornisce legname di buona qualità, ricco di resine.

Altra specie mediterranea nota è il pino d’Aleppo, presente anche in Italia nelle regioni costiere e nelle isole.

 

Proprietà nutrizionali dei pinoli

tabella che contiene i valori nutrizionali dei pinoli

Pinoli valori nutrizionali

I pinoli sono ricchi di grassi polinsaturi, proteine, fibra e minerali. La porzione di riferimento da considerare è quella di circa 3 cucchiai, visto e considerato comunque il loro elevato potere calorico, come quello di tutta la frutta secca.

 

Tra i grassi polinsaturi spicca l’acido linoleico, capostipite della serie omega-6 ed essenziale, ovvero vale a dire che il nostro organismo non è in grado di sintetizzarlo e perciò deve per forza essere introdotto con la dieta.

Il consumo nelle corrette quantità di questa tipologia di grassi sembrerebbe contribuire alla riduzione del colesterolo totale e LDL, la frazione cosiddetta cattiva. Tutto ciò ha come risvolto pratico una protezione nei confronti di eventi cardiovascolari, come infarto e ictus.

 

Per quanto riguarda le vitamine, quelle più presenti sono la vitamina E, con azione antiossidante, e la vitamina K, coinvolta nei processi di coagulazione del sangue, entrambe liposolubili.

Ma veniamo ora alla vera ricchezza dei pinoli: i minerali. Tra i più spiccano il manganese, componente di un enzima endogeno con attività antiossidante, il magnesio e lo zinco.

 

Pinoli benefici

I pinoli promuovono la salute cardiovascolare grazie al contenuto di minerali, vitamine e acidi grassi insaturi che li compongono.

Come citato nei valori nutrizionali, questi frutti hanno funzione antiossidante che svolge proprietà positive a livello dell’organismo. A questo proposito le molecole responsabili di questa funzione nei pinoli sono la vitamina E e il manganese.

 

La vitamina K invece è coinvolta nei processi di coagulazione del sangue, mentre il magnesio e lo zinco vengono utilizzati, uno come cofattore in molte reazioni cellulari e l’altro come componente di molti enzimi, rispettivamente.

 

Questo frutto è costituito da una molecola, l’acido pinoleico, che conferisce senso di sazietà ai soggetti che consumano i pinoli.

 

La porzione di consumo standard consigliata è 30 grammi di pinoli, che corrisponde circa a 3 cucchiai come detto precedentemente.

 

Pinoli interazioni

I pinoli potrebbero interferire con l’attività dei farmaci anticoagulanti a causa del modesto contenuto degli omega-6 che apportano.

Questi frutti, inoltre, potrebbero dare reazioni allergizzanti o causare cacogeusia, ovvero rilasciare sapore metallico in bocca. Questa ultima problematica però tende a risolversi naturalmente.

 

In casi di convulsione bisogna prestare attenzione all’utilizzo di olio di pinoli, anche se, in generale, gode di proprietà positive (come la riduzione del colesterolo, dell’appetito o della pressione).

 

Produzione e Tecnologia dei pinoli

Caratteri botanici del pino da pinoli

Il pino da pinoli è una conifera sempreverde che può arrivare fino a 30 metri di altezza, che solitamente si attesta tra i 12 e i 20 metri, con un diametro massimo di quasi 2 metri.

Ha una caratteristica chioma ad ombrello, formata da rami che si concentrano nella parte alta del tronco terminando con le punte rivolte verso l’alto.

Il tronco è diritto e spesso biforcato nei vecchi alberi ad una certa altezza; la corteccia dapprima grigia e finemente rugosa, diventa poi profondamente solcata in placche bruno-grigiastre.

Gli aghi sono lunghi da 12 a 15 cm, rigidi, di colore verde vivo, pungenti all’apice e avvolti alla base da una guaina trasparente e persistente.

 

Il pino essendo un gimnosperme, è una pianta che non produce fiori, ma formazioni dette sporofilli che maturano tra aprile e maggio.

 

Alcune foglie portano gli sporangi, cioè gli involucri che contengono e dove si differenziano le spore, che per i due sessi sono portati in strutture separate. Quelli maschili (microsporangi o sacche polliniche) si formano in microsporofilli piccoli e squamiformi che cadono dopo l’impollinazione, quelli femminili (macrosporangi) custodiscono gli ovuli e formano i macrosporofilli bratteiformi e disposti a elica su un asse centrale.

 

Le pigne o strobili e i pinoli

Gli sporangi crescendo andranno a costituire le classiche “pigne” o più correttamente gli “strobili” o coni, da cui deriva il nome di “conifere”, dalla forma ovoidale e lunghi 8–15 cm.

 

Gli strobili proteggono gli ovuli e i semi non maturi e l’impollinazione avviene ad opera del vento.

Due anni dopo l’impollinazione avviene la fecondazione, quindi le pigne impiegano 3 anni per giungere a maturità e solo allora si aprono e lasciano i semi liberi di uscire.

 

I pinoli maturi sono di forma ovoidale, lunghi un paio di centimetri, con un guscio bivalvo marrone chiaro ricoperto da una fine polvere nera che è il residuo resinoso, ormai essiccato, formato dalla pigna per preservare il seme. Attorno alla parte carnosa del seme è presente un tegumento sottilissimo di colore giallo-biancastro, dalla consistenza gommosa, non croccante.

 

Coltivazione del pino da pinoli

Il pino richiede posizioni soleggiate, non teme il freddo, si adatta alla siccità e all’inquinamento, non teme forti venti e salsedine.

 

È una specie che popola boschi puri e che predilige suoli sabbiosi acidi o neutri.

Un rimboschimento di pino domestico presenta una densità elevata, con piante che tendono alla ramosità; nelle pinete da pinoli da produzione invece la densità è minore, si va dalle 100 alle 200 piante ad ettaro.

La densità influenza la durata della pineta, infatti pinete più dense hanno raccolte immediate più abbondanti ma veloce declino, invece pinete più rade permettono una maggiore durata della produzione. Una pineta da pinoli può arrivare a 100 – 120 anni dopodiché viene effettuato un taglio raso e conseguente rinnovo.

 

Produzione dei pinoli

Il periodo di raccolta dei pinoli va da novembre alla fine del mese di maggio dell’anno successivo, quando il frutto, detto la pigna o pina, è ancora chiuso.

 

Le pigne vengono raccolte con il metodo dello scuotimento dei pini, vengono poi sottoposte a essiccazione e quindi si procede all’estrazione dei pinoli; in estate si effettua l’essiccazione naturale stendendo le pigne al sole, in inverno invece le pigne vengono riscaldate artificialmente.

 

Stagionalità dei pinoli

Il prodotto essiccato è disponibile sul mercato per tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione dei pinoli

I pinoli possono essere trovati sia già sgusciati che con il guscio.

 

All’interno del guscio riescono ad essere conservati per molto tempo prima di andare a male. Cosa diversa, invece, nel caso si acquistino già sgusciati. In questo caso il tempo di conservazione non va oltre i due mesi.

Per conservarli al meglio occorre tenerli in un recipiente di plastica o vetro e messi in frigorifero. Meglio ancora se il contenitore sia sotto vuoto.

 

I pinoli sono un frutto molto utilizzato in cucina in vari paesi del mondo: ricette con la presenza di pinoli si trovano in Europa ma anche in Nord America, Asia e Africa.

Consumati anche tostati, sono impiegati davvero in un’infinità di ricette: tanto per citarne quelle note più vicine a noi, i pinoli sono presenti nel pesto alla genovese e nel castagnaccio.

 

La proposta di ricetta di FBO con i pinoli



Arachidi

Arachidi

 

arachidi benefici

Famiglia: Papilionaceae

Genere: Arachis

Specie: Arachis hypogaea L.

 

Storia delle arachidi

L’arachide è conosciuta anche come nocciola o pistacchio di terra o nocciolina americana ed è una pianta oleaginosa originaria del Brasile.

 

Le arachidi sono i semi appartenenti all’ordine delle Leguminosae (o Fabaceae), quindi dal punto di vista botanico sono legumi.

Dal punto di vista nutrizionale invece rientra nella famiglia della frutta a guscio.

 

Il genere Arachis comprende una quarantina di specie diverse; infatti in funzione della zona di origine le specie presentano caratteri morfologici diversi.

L’unica ad essere coltivata è l’Arachis hypogaea L.

 

Le arachidi oggi sono fra i semi da olio più coltivati e i principali produttori sono Cina, India, alcune nazioni africane e gli Stati Uniti.

In Europa questa coltura si trova in alcune aree della Grecia, della Spagna e dell’Italia; in particolare nel nostro Paese le regioni più produttive sono il Veneto e la Campania.

 

Proprietà nutrizionali delle arachidi

tabella con i valori nutrizionali delle arachidi

Valori nutrizionali delle arachidi

Il seme è costituito per il 50% da grassi ed ha un elevato contenuto proteico, mentre la percentuale di carboidrati è minima.

 

Il suo contenuto calorico è alto, ma non sono da ritenersi calorie vuote, anche perché l’arachide è ricca di fibra, vitamine e minerali necessari alla salute.

Tra i minerali spiccano particolarmente il fosforo ed il magnesio.

 

Alimento che negli ultimi anni sta prendendo popolarità anche in Italia è il burro di arachidi, che a differenza di quanto si può pensare, non ha niente a che vedere con il burro.

Si tratta semplicemente delle arachidi frullate che grazie al contenuto di grassi formano una crema spalmabile. Perciò, senza esagerare con le quantità, via libera al burro di arachidi fatto in casa.

Occorre invece prestare attenzione all’etichetta del prodotto industriale, spesso addizionato di oli vegetali e sale.

 

Vi consigliamo inoltre di evitare le arachidi salate, il loro contenuto eccessivo in sale, riduce drasticamente gli effetti positivi per il sistema cardiovascolare.

 

Benefici delle arachidi

La composizione dei grassi è da riferirsi alle tipologie che hanno un impatto positivo sulla salute cardiovascolare, principalmente monoinsaturi, acido oleico, e polinsaturi, prevalentemente omega-6.

 

Il buon contenuto di fibra favorisce il transito intestinale, il controllo della glicemia e, insieme ai già citati acidi grassi monoinsaturi, ha effetto ipocolesterolemizzante.

 

La presenza di fosforo è fondamentale per ossa, denti e cellule mentre il magnesio è utile per la normale funzionalità del tessuto muscolare del cuore, dei muscoli e del sistema nervoso.

 

I benefici per il cuore derivano anche da un aminoacido abbondante nelle proteine di questo alimento, chiamato L-arginina. Nell’organismo viene trasformato in ossido nitrico in grado di fluidificare il sangue e abbassare la pressione arteriosa.

 

Il consumo di arachidi risulta utile in caso di anemia sideropenica, nuetropenia e pancitopenia causate dalle terapie oncologiche.

 

La porzione consigliata, come per tutta la frutta secca in guscio, è di 30 grammi che equivale a 3 cucchiai rasi di arachidi.

 

Produzione e Tecnologia delle arachidi

Caratteri botanici delle arachidi

L’arachide è una pianta cespitosa annuale, ovvero costituita da numerosi steli, foglie o fiori che derivano da un’unica radice o sono strettamente uniti, alta 40-60 cm.

 

I fusti sono lunghi 60-80 cm, a portamento eretto, procombente o strisciante, mentre le foglie sono alterne, paripennate, ovali.

I fiori possono essere maschili (visibili e caduchi) o ermafroditi (nascosti); il loro numero varia in funzione del tipo e dell’ambiente di coltivazione.

 

Il frutto dell’arachide può essere mono o polispermo ed è costituito da un legume indeiscente, ovvero che giunto a maturità non si apre spontaneamente. Ha una forma reticolata, tuberosa, oblunga e presenta alcune strozzature che determinano la formazione di logge in cui sono racchiusi i semi.

Quest’ultimi hanno una forma cilindrica-globosa, sono rivestiti da una sottile pellicola protettiva di colore rossastro e il numero di semi contenuti nel frutto corrisponde al numero delle logge esistenti.

Solitamente sono in numero variabile da uno a quattro, eccezionalmente cinque.

 

Coltivazione delle arachidi

L’arachide predilige un clima caldo e asciutto quindi, per poter crescere, necessita di una temperatura superiore a 16°C durante la germinazione, di 20°C al momento della fioritura e di 18°C durante la maturazione.

 

La richiesta idrica è elevata durante le fasi di germinazione, fioritura, interramento e accrescimento dei frutti, mentre è carente durante la fase di maturazione; l’irrigazione può essere per aspersione o infiltrazione.

 

Predilige terreni sciolti e sabbiosi ed è una specie miglioratrice del terreno: apporta infatti in modo naturale azoto atmosferico al terreno e lo rende disponibile per le colture successive.

Essendo una coltura da rinnovo è necessaria un’aratura profonda e successive lavorazioni del terreno. Inoltre è una coltura sensibile nei confronti delle infestanti, per cui dovranno essere controllate con diserbo chimico o sarchiature.

 

La semina avviene in aprile-maggio, impiegando seme sgusciato ma con il tegumento arancione, a file distanti 60 cm e a 15 cm lungo la fila e il seme si sviluppa e arriva a maturazione sotto terra.

 

Produzione delle arachidi

La raccolta in Italia viene effettuata tra settembre e ottobre, ovvero quando le foglie della pianta di arachidi cominciano a ingiallire, mediante l’utilizzo di macchine che estirpano le piante e le dispongono in andane per la successiva essiccazione.

La resa si aggira intorno ai 20-30 quintali ad ettaro.

 

In commercio le arachidi sono presenti tutto l’anno e in diversi modi: si trovano arachidi con il guscio, arachidi sgusciate spellate e salate o arachidi tostate, largamente utilizzate nell’industria dolciaria.

Dall’arachide inoltre vengono ottenuti diversi derivati molto impiegati come la farina, il burro, l’olio e la granella di arachidi.

 

Stagionalità delle arachidi

Le arachidi si trovano sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione delle arachidi

Vi consigliamo di scegliere arachidi croccanti, con baccelli legnosi integri.

 

Le arachidi fresche devono essere conservate a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto, mentre quelle tostate devono essere conservate in un contenitore a chiusura ermetica.

 

La durata di conservazione delle arachidi è di circa un anno. Se conservi il prodotto senza gusci, in una stanza fresca e buia, rimarranno fresche per sei mesi.



Pistacchio

Pistacchio

 

pistacchio

Famiglia: Anacardiaceae

Genere: Pistacia

Specie: Pistacia vera

 

Storia del pistacchio

Il pistacchio è una pianta originaria dell’Asia Minore, della Siria e del Turkestan.

La sua coltivazione è diffusa soprattutto in Iran, Turchia, Grecia e Siria e solo recentemente si è diffusa anche negli Stati Uniti e in Italia, dove viene coltivata quasi esclusivamente in Sicilia.

 

L’Iran è al primo posto nella produzione mondiale di pistacchio, seguito da Stati Uniti, Turchia, Siria e Cina.

 

In commercio si trova il pistacchio fresco, essiccato e tostato e salato.

 

Il Pistacchio di Bronte DOP

In Italia il “Pistacchio Verde di Bronte” con il Regolamento CE 510/06 e il Regolamento UE 21/10 ha ottenuto la DOP (Denominazione di Origine Protetta). Tale denominazione è riservata al prodotto in guscio, sgusciato o pelato della cultivar “Napoletana”, chiamata anche “Bianca” o “Nostrale”.

La zona di produzione deve ricadere nella Provincia di Catania, nel territorio dei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla.

Il “Pistacchio Verde di Bronte” all’atto dell’immissione in commercio deve possedere cotiledoni di un colore verde intenso, un forte aroma, un contenuto di umidità compreso tra il 4 e il 6% ed un alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi (predominante l’acido oleico con il 72%, seguito dal linoleico con il 15% e dal palmitico con il 10%).

 

Proprietà nutrizionali del pistacchio

tabella con i valori nutrizionali del pistacchio fresco, del pistacchio secco, del pistacchio tostato e salato e del pistacchio di Bronte
Tabella con i valori nutrizionali del pistacchio fresco, del pistacchio secco, del pistacchio tostato e salato e del pistacchio di Bronte.

Valori nutrizionali del pistacchio 

Il pistacchio, come tutta la frutta secca, è un alimento altamente energetico.

 

Il pistacchio di Bronte è quello che presenta il maggior contenuto in proteine e fibra, rispetto alle altre tipologie.

 

La frazione lipidica è costituita prevalentemente da acidi grassi monoinsaturi, principalmente da acido oleico; tra gli acidi grassi polinsaturi invece risulta maggiormente presente l’acido linoleico, un acido grasso essenziale.

 

Il pistacchio è anche un’ottima fonte di potassio, fosforo e magnesio; nel pistacchio tostato e salato, la presenza del sale fa innalzare notevolmente il contenuto di sodio e di cloro.

 

Le vitamine presenti in questa frutta a guscio sono quelle del gruppo B e le vitamine E e K; queste ultime sono maggiormente contenute nel pistacchio fresco e secco.

Sono inoltre presenti buoni livelli di clorofilla e feofitina; inoltre sono presenti luteina e β-carotene, carotenoidi che conferiscono la tipica colorazione al frutto e dotati di attività antiossidante.

 

Benefici del pistacchio

I pistacchi hanno proprietà anti-infiammatorie, controllano i livelli di colesterolo nel sangue e in generale hanno effetti positivi sulla salute cardiovascolare.

Questi frutti sono inoltre ideali come spuntini dopo un allenamento in quanto riforniscono l’organismo di nutrienti.

 

La porzione consigliata è 30 grammi di pistacchi secchi che corrispondono circa a tre cucchiai, ovvero a 15/20 pistacchi.

 

Il consumo di questo alimento potrebbe essere utile in caso di perdita di appetito , di anemia sideropenica e per contrastare il gonfiore sottocutaneo o edema.

 

Produzione e Tecnologia dei pistacchi

Caratteri botanici della pianta di pistacchio

La pianta di pistacchio è alta mediamente 5-6 metri e può raggiungere i 300 anni di vita.

Il frutto, è una drupa ovale riunita in grappolo; il seme (ovvero il pistacchio destinato al consumo), contenuto in due valve, è unico e allungato, di color verde chiaro. Il guscio (endocarpo) è liscio e lignificato.

 

Coltivazione dei pistacchi

La pianta del pistacchio è molto resistente alla siccità, con una buona resistenza al freddo, anche se non sopporta bene le gelate primaverili.

 

La maturazione dei frutti è scalare ed avviene verso la fine dell’estate o agli inizi dell’autunno.

A maturazione completa il mallo (l’involucro del frutto) si presenta di color rossigno ed il guscio, che subisce la pressione esercitata dal seme, si apre spontaneamente lungo le proprie suture.

 

La raccolta dei frutti avviene in due-tre riprese a partire dalla metà di agosto fino a tutto il mese di settembre.

 

Tecniche di produzione dei pistacchi

L’operazione di raccolta può essere effettuata manualmente (tramite bacchiatura sulle reti o per brucatura) o tramite “scuotitori” (che battono i rami facendo cadere i frutti su reti per evitare che tocchino il suolo).

Trasferiti in contenitori, i frutti vengono portati nello stabilimento di lavorazione rapidamente.

 

L’operazione di rimozione del mallo richiede dai 3 ai 5 minuti e deve essere effettuata in breve tempo per ridurre al minimo lo sviluppo di muffe. I semi vengono successivamente lavati in acqua, in modo da rimuovere i residui di mallo.

 

Segue la fase di essiccazione che viene effettuata in correnti forzate di aria calda a 70-90°C per una durata di 5-10 ore, per ridurre l’umidità del prodotto fino a circa il 5%.

Queste operazioni devono essere eseguite entro 24 ore dalla raccolta, in modo tale da preservare il delicato aroma del frutto e impedire un eccessivo imbrunimento del guscio.

Il prodotto in guscio viene così posto in contenitori in locali ventilati ed asciutti; lo stoccaggio può durare fino a 24 mesi dopo la raccolta.

 

La sgusciatura, ovvero la rimozione del guscio legnoso che racchiude il seme di pistacchio, viene effettuata mediante lavorazione meccanica, mentre per la pelatura, ovvero la rimozione dell’endocarpo (sottile pellicola viola-rossastra), si utilizza uno “scottatore”, impianto in cui il seme sosta per alcuni minuti a circa 90°C per poi passare attraverso cilindri gommati che, ruotando, distaccano la pellicola.

Infine ciascuna tipologia di semilavorato può subire ulteriori processi di lavorazione quali: essiccazione o tostature e salatura.

 

Il prodotto nelle diverse tipologie (con guscio, sgusciato o pelato) deve essere conservato ad una temperatura compresa tra 13 e 17°C, in confezioni sigillate sottovuoto o in atmosfera modificata, in modo tale da conservare il prodotto dopo la trasformazione.

 

Le caratteristiche del Pistacchio di Bronte

Il “Pistacchio Verde di Bronte” DOP in Italia viene coltivato quasi esclusivamente in Sicilia, alle pendici dell’Etna.

In questa area i terreni sono di origine vulcanica e il clima è mediterraneo subtropicale, con estati lunghe e siccitose, una piovosità concentrata nel periodo autunnale ed invernale, e notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte.

I fattori pedoclimatici, abbinati all’innesto di Pistacia terebinthus, conferiscono al frutto particolari caratteristiche di qualità quali un colore verde intenso, una forma allungata, un sapore aromatico ed un alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi, difficilmente riscontrabili in altre aree di produzione.

 

Stagionalità del pistacchio

La stagionalità dei pistacchi è da agosto a settembre, ma grazie alle tecniche a cui possono essere sottoposti si trovano sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione dei pistacchi

I pistacchi possono essere acquistati con il guscio o sgusciati, crudi o tostati e salati.

 

Quando è presente il guscio, conviene scegliere i pistacchi parzialmente aperti, in quanto il guscio chiuso è indice di immaturità del seme.

 

I pistacchi con il guscio vengono conservati in frigorifero in un contenitore a chiusura ermetica, dove si mantengono per 3 mesi; se collocati in freezer in sacchetti sigillati si conservano per 6 mesi. I pistacchi sgusciati si conservano in frigorifero in un contenitore a chiusura ermetica per 6 settimane, se in freezer per diversi mesi.

 

Bisogna prestare attenzione al consumo dei pistacchi tostati in quanto, oltre a subire il processo tecnologico, presentano l’aggiunta di sale che, se in eccesso, provoca l’innalzamento della pressione sanguigna.

 

Questa frutta a guscio viene utilizzata soprattutto in pasticceria per la preparazione di gelati e creme, per insaporire torte, biscotti o budini e, se triturati, per guarnire primi e secondi piatti.

 

Le proposte di ricette di FBO con il pistacchio



Noce Pecan

Noce Pecan

noce Pecan

 

Famiglia: Juglandaceae

Genere: Carya

Specie: Carya illinoensis

 

Storia della noce Pecan

Il Pecan è una pianta originaria dell’America Settentrionale, nella zona al confine tra Messico e Stati Uniti.

 

Ne esistono numerose varietà (circa 500) che vengono distinte in orientali, adatte a climi caldo-umidi, e occidentali, che resistono meglio alla siccità.

In Italia è coltivata in piccoli appezzamenti specializzati in Sicilia e in alcune aree della Puglia.

 

Proprietà nutrizionali della noce Pecan

tabella con i valori nutrizionali della noce Pecan

Valori nutrizionali delle noci Pecan

Il gheriglio di noce Pecan rappresenta la parte edibile del frutto, racchiusa all’interno di un guscio legnoso e, contenendo più del 70% di lipidi, risulta un alimento molto energetico.

 

La frazione lipidica è costituita prevalentemente da acidi grassi monoinsaturi, in particolar modo acido oleico, ed in secondo luogo da acidi grassi polinsaturi, acido linoleico e linolenico, ovvero acidi essenziali che devono essere assunti con la dieta.

 

La noce Pecan presenta anche un buon contenuto di fibra, proteine e arginina, un amminoacido essenziale.

Offre anche un buon apporto di potassio, fosforo e magnesio, di vitamine del gruppo B e di vitamina E.

 

Benefici delle noci Pecan

Le noci Pecan svolgono funzioni positive a livello cardiovascolare, aumentano la quantità di HDL a discapito delle LDL e sono fonte di vitamine e minerali coinvolti in numerose reazioni metaboliche.

Inoltre questi frutti svolgono funzioni antiossidanti, grazie a molecole come la vitamina E che le noci Pecan contengono, proteggendo il corpo da fenomeni di stress ossidativo.

 

Per la frutta secca la porzione di consumo consigliata è di 30 grammi, che corrisponde circa a 8 noci Pecan.

 

Questo alimento, così ricco di nutrienti, può essere utile in caso di perdita di appetito o per contrastare il gonfiore sottocutaneo (o edema).

 

Produzione e Tecnologia della noce Pecan

Caratteri botanici della pianta Pecan

Il Pecan è una pianta che si adatta bene a climi caldi, a causa del lungo periodo vegetativo, è a foglia caduca e resiste alle basse temperature invernali (fino a -10°C).

 

I frutti sono drupe dalla forma cilindrica allungata con guscio liscio e sottile, di dimensioni variabili a seconda della varietà, e con un gheriglio di sapore gradevole.

Sono costituiti da un epicarpo, meno spesso rispetto alla noce tradizionale, inizialmente di colore verde ed in seguito marrone, un mesocarpo ed un endocarpo, di consistenza dura e legnosa e di colore bruno o rosso a seconda della varietà, che avvolgono il seme (la parte edibile del frutto).

Il seme si presenta meno tubercolato e di colore più rossiccio rispetto a quello della noce comune ed in commercio si trova spesso all’interno del guscio, attorniato da una pellicola di colore rosso chiaro.

Il sapore è simile a quello della noce.

 

Coltivazione delle noci Pecan

Questa frutta a guscio è coltivata soprattutto nel sud degli Stati Uniti, in Brasile, in Australia e in Israele.

In Italia si trova in Sicilia, in Puglia e in altre aree meridionali.

Il maggior produttore mondiale è rappresentato dagli Stati Uniti (tra l’80 e il 95% della produzione totale), con significative produzioni in: Texas, Georgia, Alabama, Louisiana e Oklahoma.

 

Le noci Pecan giungono a piena maturazione in autunno, nel mese di ottobre, e la raccolta è effettuata nei mesi di ottobre-novembre (subito dopo quella delle noci “classiche”).

 

Produzione delle noci Pecan

Dopo la raccolta le noci Pecan sono sottoposte alla smallatura, procedimento che permette l’allontanamento dell’involucro di rivestimento. Successivamente vengono lavate ed essiccate in modo da ridurre il contenuto di umidità al 4-5%.

Tutte queste operazioni hanno come obiettivo l’aumento della shelf-life del prodotto ed una migliore conservazione.

 

Queste noci possono essere conservate fresche oppure essiccate.

L’essiccazione viene condotta su un pavimento al chiuso oppure su pannelli sollevati dal suolo, in luoghi protetti dalle precipitazioni e dall’umidità; per ottenere un’essiccazione completa sono necessarie circa 2 settimane.

 

In commercio si possono trovare noci Pecan fresche o essiccate, confezionate o sfuse.

 

Stagionalità della noce Pecan

Grazie alle tecniche di conservazione a cui sono sottoposti, questi frutti sono sempre reperibili.

 

Preparazione e Conservazione della noce Pecan

Le noci Pecan possono essere conservate a temperatura ambiente, in luogo fresco ed asciutto all’interno di contenitori chiusi ermeticamente; in frigorifero si possono conservare per circa 2 mesi, se in freezer invece per 4-6 mesi.

 

Trovano numerosi impieghi in cucina: possono essere utilizzate nell’impasto di biscotti, muffin, torte morbide o crostate; possono arricchire primi e secondi piatti o essere aggiunte a verdure ed insalate.



Mandorla

Mandorla

 

mandorla dolce

Famiglia: Rosaceae

Genere: Prunus

Specie: Prunus dulcis

 

Storia della mandorla

La mandorla è il seme commestibile del mandorlo, pianta di grandi dimensioni, appartenente alla famiglia delle Rosaceae.

 

Il mandorlo è una pianta originaria dell’Asia centro occidentale e, marginalmente, della Cina.

Venne introdotto in Sicilia dai Fenici, proveniente dalla Grecia, tanto che i Romani lo chiamavano “noce greca“. In seguito si diffuse anche in Francia e Spagna e in tutti i Paesi del Mediterraneo.

Ad oggi i principali produttori sono Stati Uniti, Spagna, Italia, Cile e Grecia.

 

Nel nostro paese crescono le varietà di mandorle più pregiate al mondo, come Pizzuta, Fascionello e Romana che vengono coltivate in Sicilia.

 

Varietà di mandorle

A questa specie appartengono tre principali sottospecie di interesse frutticolo:

 

  • sativa (con seme dolce ed endocarpo duro; comprende la maggior parte delle specie coltivate),
  • amara (ha seme amaro per la presenza di amigdalina),
  • fragilis (con seme dolce ed endocarpo fragile).

 

La mandorla dolce è la più utilizzata in ambito alimentare in quanto non contiene amigdalina. Tale molecola infatti è in grado di rilasciare acido cianidrico che può avere un effetto antinutrizionale per l’uomo se assunto in una percentuale del 2-4%.

La legge italiana prevede infatti limiti massimi di acido cianidrico negli alimenti, pari a 1 mg/kg nelle bevande e a 50 mg/Kg in prodotti come torroni e altri dolci.

 

Proprietà nutrizionali della mandorla

tabella con i valori nutrizionali della mandorla dolce (fresca e secca)
Tabella con i valori nutrizionali della mandorla dolce (fresca e secca).

Valori nutrizionali della mandorla dolce

La mandorla è un’ottima fonte di acidi grassi insaturi, come l’acido oleico (C18:1) e il linoleico (C18:2).

 

Le mandorle sono ricche anche di sali minerali come potassio, fosforo, magnesio e calcio e presentano un ottimo contenuto di vitamina E.

Nelle mandorle sono presenti buone percentuali di proteine e fibra alimentare.

 

Benefici della mandorla dolce

Le mandorle sono fonte di vitamina E e minerali.

La vitamina E è una molecola antiossidante e quindi protegge il nostro organismo dall’effetto dei radicali liberi, ovvero composti reattivi dell’ossigeno, prodotti normalmente durante il metabolismo cellulare che se in eccesso possono provocare stati patologici.

Tra i minerali invece spiccano il potassio che regola la pressione, mentre il fosforo, il magnesio e il calcio favoriscono la salute di ossa e denti.

 

Alcuni studi suggeriscono che i soggetti che consumano una quantità di mandorle compresa tra 28 e 50 grammi al giorno abbia, nel tempo, un miglioramento del profilo lipidico. Però solamente altri studi clinici di lunga data potranno confermare queste affermazioni.

 

La porzione di consumo delle frutta secca, tra cui rientrano le mandorle, suggerita dalle linee guida è 30 grammi. Questi corrispondono a circa 15-20 mandorle.

 

Una porzione di mandorle contiene 7,8 mg di vitamina E, soddisfando così più della metà del fabbisogno giornaliero di questa vitamina per la popolazione adulta (13 mg per gli uomini e 12 mg per le donne).

 

Il consumo di questa frutta secca a guscio può essere utile per contrastare alcuni effetti collaterali causati dal trattamento oncologico:

– come spuntino in caso di perdita di appetito, in quanto è un alimento ricco di nutrienti;

– come bevanda vegetale senza zuccheri aggiunti in caso di stomatite;

in caso di anemia sideropenica perché è un alimento appartenente al mondo vegetale che presenta un buon quantitativo di ferro.

 

Interazioni della mandorla

E’ sconsigliato mangiare mandorle insieme a una dose massiccia di vitamina C perché questa unione potrebbe causare intossicazione da cianuro.

 

Produzione e Tecnologia della mandorla dolce

Caratteri botanici del mandorlo e coltivazione

Il mandorlo una pianta a medio sviluppo, alta 8-10 m e molto longeva.

L’epoca di fioritura, pur variando fra i diversi ambienti (da gennaio a marzo) è alquanto precoce.

 

Le migliori condizioni pedoclimatiche per la coltivazione del mandorlo sono aree temperate dove sono meno frequenti le brinate tardive.

La raccolta si attua tra la fine di agosto e la fine di settembre, in relazione alla cultivar.

 

Produzione della mandorla dolce

Dopo la raccolta, i frutti vengono fatti asciugare all’aria e successivamente viene effettuata meccanicamente la smallatura, fase in cui viene allontanato l’involucro che li riveste.

 

Le mandorle smallate vengono nuovamente essiccate per diversi giorni in modo da prevenire lo sviluppo di muffe e sono pronte per essere conservate.

Se le mandorle non sono completamente secche spesso si irrancidiscono, assumendo un sapore amaro che non ne permette il consumo, e il più delle volte all’interno si sviluppano delle muffe.

 

La maggior parte delle mandorle viene utilizzata dall’industria dolciaria per la preparazione di confetti, torroni e dolci di vario genere; una parte minore viene invece immessa in commercio come frutta secca.

 

In commercio si trovano soprattutto mandorle tostate, quelle al naturale si possono trovare anche senza cuticola (mandorle pelate). Infine, si può trovare la farina di mandorla, utilizzata principalmente per la realizzazione di dolci e biscotti.

 

Stagionalità delle mandorle

Le mandorle sono reperibili sul mercato tutto l’anno, ma la raccolta dei frutti avviene tra agosto e settembre.

 

Preparazione e Conservazione della mandorla dolce

Le mandorle con il guscio si conservano a temperatura ambiente per circa cinque mesi.

 

Per quelle sgusciate, è preferibile l’acquisto in confezioni sigillate, poiché gli acidi grassi irrancidiscono facilmente se esposti all’aria, alla luce o al calore. Pertanto le mandorle sgusciate vanno conservate in un barattolo a chiusura ermetica, riposte in un luogo fresco e asciutto, lontano da fonti di luce e consumate entro 1-2 mesi.

 

Le mandorle possono essere utilizzate come spuntino, ingrediente per insalate o per l’impanatura dopo averle macinate.

 

Le proposte di ricette di FBO con la mandorla